Oggi e domani il sito di Repubblica non sarà aggiornato. L’assemblea delle giornaliste e dei giornalisti di Repubblica ha infatti indetto uno sciopero di due giorni, 25 e 26 settembre, per protestare contro “gravi ingerenze” nell’attività giornalistica.
Sciopero dei giornalisti di Repubblica il 25 e 26 settembre
Niente giornale, né oggi né domani. Repubblica non viene aggiornata né mercoledì 25 settembre né giovedì 26. Il sito resterà off fino alle 23.59 di domani. La mozione è stata decisa con 230 sì, 33 no e 15 astenuti. Anche l’assemblea dei giornalisti di Gedi Visual, che realizzano i video, le dirette, i podcast e i contenuti social del gruppo Gedi, esprime piena solidarietà ai colleghi di Repubblica.
Il comitato di redazione ha indetto uno sciopero contro quelle che vengono definite “gravi ingerenze” nell’attività giornalistica da parte dell’editore John Elkann, delle aziende a lui riconducibili e di altri soggetti privati, in particolare in riferimento all’Italian Tech Week organizzata da Exor, holding di Elkann, che si apre proprio oggi alle OGR-Officine Grandi Riparazioni di Torino.
Violate le regole di deontologia
Articoli, interviste e approfondimenti sarebbero stati infatti venduti alle aziende. E ogni pezzo, prima di essere impaginato, anziché passare come si dovrebbe dalla redazione, denunciano le firme di Repubblica, sarebbe finito sulla scrivania di Exor.
Exor organizzatore di Italian Tech Week, appunto, e media partner dell’evento – ça va sans dire – i giornali di famiglia, cioè Repubblica e La Stampa, che ormai in Gedi sono di fatto un tutt’uno. Per quanto riguarda il cartaceo, sia Repubblica che La Stampa sono uscite in edicola con uno speciale relativo alla Italian Tech Week, ma i contenuti non appaiono redazionali distinti dalle notizie, come la deontologia impone, ma come veri e propri articoli.
Da tempo i giornalisti di Repubblica denunciano i tentativi di “piegare” colleghe e colleghi a pratiche lontane proprio da una corretta deontologia e dall’osservanza del contratto nazionale. “La direzione – si legge nel comunicato – ha il dovere di apportare ogni correttivo e presidio possibile per rafforzare le strutture di protezione della confezione giornalistica di tutti i contenuti di Repubblica, tema sul quale nei mesi scorsi è già stata votata una sfiducia all’attuale direttore (Maurizio Molinari, ndr)”.
L’appello, forte, dei giornalisti di Repubblica giunge all’editore – “e non padrone”, come sottolineano – di Repubblica, John Elkann, affinché “abbia profondo rispetto della nostra dignità di professionisti e del valore del nostro giornale, testata con una propria storia e identità che non può essere calpestata. La democrazia che ogni giorno difendiamo sulle nostre pagine passa anche dal reciproco rispetto dei ruoli sul posto di lavoro”. Infine, il monito ai lettori: “Questa redazione non ha mai venduto l’anima. E non sarà mai disposta a farlo”.
La sfiducia al direttore Molinari: lo sciopero dell’8 aprile 2024
Una brutta e vecchia storia quella di Repubblica. Il direttore Maurizio Molinari era già stato sfiduciato dalla sua redazione lo scorso 8 aprile. Uno sciopero delle firme per 24 ore, con una mozione approvata a larga maggioranza. L’assemblea di redazione allora denunciava “la gravità della censura del servizio di apertura di Affari& Finanza nel numero dell’8 aprile 2024″.
“Il direttore – scrivevano nel loro comunicato ufficiali i giornalisti – ha la potestà di decidere che cosa pubblicare sul giornale che dirige, ma non di intervenire a conclusione di un lavoro di ricerca, di verifica dei fatti e di confronto con le fonti da parte di un collega. In questo modo viene lesa l’autonomia dei giornalisti e messo in discussione il valore del nostro lavoro”.
L’assemblea dei redattori considerava anche grave che l’intervento del direttore Molinari avesse bloccato la stampa del giornale dopo che la direzione aveva già dato il via libera alla pubblicazione. Indice, denunciavano, “di una mancata organizzazione che espone ad arbitrarietà incontrollata il lavoro di tutti, e condanna lo spreco di tempo e di risorse per la ristampa di una parte di Affari&Finanza, in un momento in cui la redazione con l’ennesimo piano di prepensionamenti viene chiamata a nuovi sacrifici”.
Questo era solo l’ultimo di una serie di “errori originati dalle scelte della direzione che hanno messo in cattiva luce il lavoro collettivo di Repubblica”.
Elkann e il sequestro di 75 milioni per l’eredità Agnelli
Elkan è finito nuovamente sotto i riflettori in questi giorni per via del provvedimento emesso dalla procura di Torino per il sequestro di circa 75 milioni di euro in merito alla presunta maxi evasione legata all’eredità degli Agnelli.
Un caso giudiziario che vede protagonisti John, Lapo e Ginevra schierati contro la madre Margherita Agnelli e che va avanti ormai da ben 17 anni: era infatti il 2007 quando la figlia di Marella Caracciolo e Gianni Agnelli decise per la prima volta di contestare le volontà che i genitori avevano inserito nel testamento a favore dei nipoti.
Gli Elkann sarebbero stati “beneficiari ultimi della ingente truffa perpetrata ai danni dello Stato-Agenzia dell’Entrate” secondo gli atti dell’inchiesta. Secondo i giudici, l’evasione ammonterebbe a 3 milioni di Irpef per il 2016, 2,5 milioni per il 2017, 3,5 milioni per il 2018 e 30 per il 2019.
Grazie a due trust “fittizi” alle Bahamas, “donazioni false” di opere d’arte e oggetti preziosi per un valore di 170 milioni e altri escamotage sul patrimonio di Marella Caracciolo, vedova dell’Avvocato, morta nel 2019, John, Lapo e Ginevra Elkann sarebbero riusciti, anche grazie all’aiuto del commercialista Gianluca Ferrero e del notaio Urs Von Grueningen, a dichiarare e pagare molte meno tasse del dovuto. I tre fratelli avrebbero anche trovato il modo di dimostrare la residenza svizzera della nonna, che però in realtà viveva a Torino.
Elkann alla ricerca del successore di Tavares?
Anche sul fronte Stellantis le cose non vanno meglio. Secondo quanto anticipato ieri da Bloomberg, Elkann, Presidente del colosso auto, avrebbe avviato la ricerca per il successore dell’amministratore delegato Carlos Tavares, il cui contratto scade nel 2026.
L’azienda automobilistica dal canto suo precisa che è “prassi” occuparsi con “necessario anticipo della scadenza di un contratto della durata di 5 anni firmato a gennaio 2021, senza che questo abbia necessariamente un impatto sul futuro, poiché c’è sempre la possibilità che Carlos Tavares rimanga più a lungo”. Ma secondo le fonti sentite dall’agenzia americana, Elkann sarebbe estremamente preoccupato della situazione della sua azienda e del settore auto in Nord America.