La peste suina africana avanza in Italia: al momento si contano 24 focolai negli allevamenti domestici e la regione più colpita, con 18 focolai, è la Lombardia. Per il resto si contano 5 focolai in Piemonte e 1 in Emilia Romagna. I numeri sono stati forniti direttamente dal commissario straordinario alla peste suina, Giovanni Filippini. Oltre 50.000 maiali sono già stati abbattuti nel tentativo di contenere la diffusione della malattia. La scoperta di nuovi focolai è quasi settimanale. Confagricoltura parla di un danno alla filiera quantificabile in oltre mezzo miliardo di euro. E l’export di salumi perde fra i 20 e i 30 milioni di euro al mese.
Il ruolo del commissario straordinario
Il commissario ammette la complessità del momento, ma raccomanda prudenza: “Definirla drammatica è esagerato. È una situazione legata a un’ondata epidemica”, dichiara all’Ansa. Quella attuale è la fase delle valutazioni, al fine di raccogliere i dati in seguito all’ultimo provvedimento restrittivo. “È ovvio che al momento non emanerò un’ulteriore ordinanza”, spiega Filippini in risposta alle crescenti preoccupazioni di allevatori e associazioni di categoria. “Al momento siamo in una fase di valutazione dei risultati legati all’applicazione dell’ordinanza”, spiega.
Cos’è la peste suina africana
La peste suina africana è una malattia virale che infetta e conduce alla morte maiali e cinghiali nel 90% dei casi, ma che è del tutto inoffensiva per l’uomo. Al momento non esistono cure e l’unica strategia è quella dell’abbattimento di tutti i capi dell’allevamento in presenza di un focolaio. La preste suina è comparsa in Sardegna nel 1978 e nel 2022 è stata segnalata al confine tra Liguria e Piemonte. Poi ha preso piede in Lombardia, Lazio, Calabria, Campania, Emilia-Romagna, Toscana.
Export bloccato
“Siamo proprio sull’orlo di un disastro, siamo sul limite di un baratro“, lamenta Rudy Milani, presidente nazionale dei suinicoltori di Confagricoltura, a 24 Mattino su Radio 24. “La peste suina – aggiunge – è un problema squisitamente commerciale, è un problema di relazioni commerciali tra l’Italia e il resto del mondo. La presenza del virus della peste sul territorio italiano non mette a rischio il consumo perché è un problema per la salute, perché non lo è in nessun modo. Il problema è che questo virus trasportato attraverso la carne in Paesi esteri dove il virus della peste non c’è. Quindi da quando noi abbiamo avuto il virus in Italia l’esportazione di carne suina verso la Cina, verso il Giappone, verso l’Asia in generale e verso alcuni paesi dell’America è stata pochi giorni dopo bloccata creando un danno all’export” dei salumi.
Il nodo degli indennizzi e la speculazione
Agli allevamenti colpiti da peste suina vengono garantiti degli indennizzi: gli emolumenti sono destinati a chi ha dovuto far abbattere il bestiame e a chi ha dovuto bloccare la propria attività per via delle regole anti-contagio. Ma gli allevatori invocano una maggior celerità nell’elargizione dei soldi.
E non è tutto: in alcune zone del Paese si sarebbero innescati dei meccanismi speculativi nei confronti dei suini provenienti dalle aree a rischio. I macellatori pagherebbero meno la carne sebbene provenga da allevamenti non infetti. “La carne a Pavia viene sottopagata”, ha denunciato Silvia Garavaglia, presidente di Coldiretti Pavia.