Leva militare obbligatoria, quanto ci costerebbe: in Italia non è abolita

La leva militare obbligatoria può essere riattivata in Italia? Ecco cosa comporterebbe e la situazione in Europa

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Luca Incoronato

Giornalista

Giornalista pubblicista e copywriter, ha accumulato esperienze in TV, redazioni giornalistiche fisiche e online, così come in TV, come autore, giornalista e copywriter. È esperto in materie economiche.

Di tanto in tanto in Italia qualcuno nel mondo politico sottolinea come la leva obbligatoria farebbe miracoli per i giovani. Per alcuni è una sorta di panacea e, tenendo conto dell’attuale clima geopolitico internazionale, il “trend” è tornato a far sentire il proprio peso.

L’abolizione della leva obbligatoria

Uno dei principali fautori è Matteo Salvini, che nel corso della sua carriera politica vi ha fatto differenti riferimenti. In particolar modo nel 2018. L’attuale governo di Giorgia Meloni, invece, ha rilanciato l’ipotesi di una versione mini della leva, o naja, per un impegno totale di 40 giorni per i giovani civili. Tutt’altra cosa rispetto al fermo di 12 mesi rimasto in vigore in Italia per 143 anni, sino al 2004.

Se in precedenza c’era chi ne agognava il ritorno per una questione di rigore sociale, oggi si parla di necessità di rafforzamento dei sistemi di difesa nazionali. Lo sguardo è rivolto ovviamente ai possibili scenari futuri della guerra tra Ucraina e Russia.

Ad oggi, la leva obbligatoria permane in appena 8 Paesi europei: Danimarca, Estonia, Finlandia, Lituania, Svezia, Austria, Cipro e Grecia. Un’imposizione governativa che riguarda però soltanto gli uomini, a eccezione degli svedesi. Per il resto del vecchio continente, si è proceduti all’abolizione graduale, dal 1992 al 2011 (Lussemburgo capofila d’eccezione, con la cancellazione avvenuta nel 1967).

Guardando all’Italia, un’intera generazione di giovani ha ringraziato profondamente il ministro della Difesa Antonio Martino, che nel 2005 ha “abolito” la leva. Le virgolette sono necessarie, dal momento che si è proceduto in realtà alla sospensione. Sono due gli scenari per i quali il governo potrebbe procedere alla riattivazione: stato di guerra o una grave crisi internazionale che richieda un aumento numerico delle Forze Armate.

Quanto costa la leva

Il mondo è cambiato dal 2005 a oggi ma c’è un motivo ben preciso se nessuno ha mai riattivato la leva obbligatoria. Al di là degli annunci politici, rimasti in campo teorico, nessuna attuazione è stata considerata realmente a causa del costo che comporterebbe per le casse dello Stato.

Ciò perché un ritorno al passato, sotto quest’aspetto, richiederebbe un investimento da 15 miliardi di euro all’anno, per appena sei mesi di fermo. Una cifra non aggiornata al 2024, bensì risalente al 2018, anno in cui Salvini fece i suoi proclami da campagna elettorale. L’Italia non potrebbe però permettersi neanche le quote ormai datate. Ci ritroveremmo a dover scegliere, di fatto, tra il taglio al cuneo fiscale, gli sconti sull’Irpef e la leva militare che, con sei mesi di tempo garantiti, non consentirebbe comunque un’adeguata formazione per un eventuale scenario bellico.

Ecco di cosa avremmo bisogno e, dunque, cosa dovremo provvedere a pagare:

  • aumento del numero di ufficiali;
  • aumento del numero di sottufficiali;
  • vitto e alloggio;
  • divise;
  • equipaggiamento;
  • riattivazione delle caserme;
  • indennità;
  • pensione.

L’allarme Russia

Nessun governo può restare indifferente dinanzi ai sempre più fragili equilibri internazionali. L’attentato in Russia evidenzia ancora una volta quanto vicino il mondo sia a una catastrofe bellica devastante.

In Danimarca la premier Mette Frederiksen ha annunciato l’introduzione della coscrizione femminile dal 2026. Per ambo i sessi, inoltre, ci sarà un’estensione del servizio di leva, da 4 a 11 mesi: “Ci riarmiamo non per fare la guerra ma per evitarla”.

In Germania, invece, si valuta la reintroduzione della leva semiobbligatoria, sul modello svedese. Boris Pistorius, ministro della Difesa, dovrebbe preparare una proposta completa entro il primo aprile, al fine di esplicare come poter realizzare la chiamata alle armi in tempi strettissimi.

“Al tempo (nel 2011) c’erano ragioni per sospendere il servizio militare obbligatorio. In retrospettiva è stato un errore”.

La Francia, invece, pensa a un innalzamento del limite d’età per i riservisti dell’esercito. A seconda dei casi, è oggi fissata tra i 62 e i 65 anni. Una soglia che si sposterà tra i 70 e i 72 anni. Col tempo il Paese mira a poter contare su 300mila soldati, di cui 100mila riservisti.