Amazon ha deciso di accettare la proposta dell’Agenzia delle Entrate e versare 500 milioni di euro per chiudere il capitolo fiscale legato all’evasione dell’Iva dei venditori extraeuropei attivi sul marketplace italiano tra il 2019 e il 2021. Una scelta arrivata nell’ultimo giorno utile, dopo mesi di confronto con la Procura di Milano e con il Fisco, e che consente al gruppo di evitare un contenzioso dall’esito incerto e dalle dimensioni potenzialmente molto più rilevanti.
Perché Amazon ha scelto l’accordo
La decisione di versare il mezzo miliardo giunge dopo una lunga interlocuzione che aveva visto emergere due diverse letture del caso. Da un lato, la Procura di Milano e la Guardia di Finanza ritenevano che il colosso dell’e-commerce avesse concorso all’evasione dell’Iva da parte dei venditori non comunitari che utilizzavano la piattaforma. La quantificazione complessiva, tra imposte, interessi e sanzioni, aveva portato a una stima di circa 3 miliardi di euro.
Dall’altro lato, l’Agenzia delle Entrate, in un incontro svoltosi il 10 settembre anche alla presenza del viceministro dell’Economia Maurizio Leo, aveva espresso perplessità su questa impostazione, riconoscendo invece una responsabilità di natura diversa e più circoscritta. In questa prospettiva, l’accordo appariva come una soluzione meno onerosa e più prevedibile per Amazon.
La tesi della Procura, dichiarazione fraudolenta
L’impianto accusatorio della Procura di Milano si basava sull’ipotesi di dichiarazione fraudolenta, supportata da un’analisi approfondita dei flussi e delle logiche dell’algoritmo predittivo di Amazon, elaborata anche grazie al supporto informatico della Sogei. Secondo il pm Elio Ramondini, il sistema della piattaforma non garantiva la corretta trasmissione dei dati all’Agenzia delle Entrate, permettendo ai venditori extraeuropei di evitare il pagamento dell’Iva del 22%.
L’accusa si fondava inoltre sulla mancata ottemperanza agli obblighi di reportistica rafforzata previsti dalla normativa italiana per quel periodo. È su questa base che la Procura calcolava un’evasione di circa 1,2 miliardi di Iva, poi salita a 3 miliardi considerando sanzioni e interessi.
La posizione dell’Agenzia delle Entrate, responsabilità solidale
La lettura dell’Agenzia delle Entrate è stata più limitata. Secondo il Fisco, Amazon poteva essere considerata responsabile in solido dell’evasione dei venditori terzi, e non concorrente nella condotta evasiva. Questa qualificazione ha inciso in modo significativo sulla quantificazione del dovuto. La responsabilità solidale, infatti:
- esclude la possibilità di applicare sanzioni multiple e di natura penale;
- riduce l’importo contestato, che viene calcolato sulla base della giacenza dei prodotti nei magazzini italiani (stimata in nove giorni medi), parametro emerso dalle trattative tra Fisco, consulenti tributari e difesa.
Questa impostazione ha portato alla cifra finale di 500 milioni di euro, ritenuta congrua per definire il contenzioso fiscale.
Cosa accadrà sul piano penale
Il pagamento non chiude il fronte penale. La Procura potrebbe proseguire l’indagine e chiedere il rinvio a giudizio per dichiarazione fraudolenta, coinvolgendo anche tre manager del gruppo, tra cui il vicepresidente globale del settore fiscale.
L’accordo con il Fisco rappresenta per Amazon un punto a favore nella futura fase giudiziaria. L’Agenzia delle Entrate, infatti, non sostiene l’impostazione accusatoria della Procura, elemento che potrebbe pesare nelle valutazioni dei giudici qualora il procedimento dovesse proseguire.