Le Olimpiadi di Atene del 2004 furono l’inizio del default per la Grecia? Cosa rimane a vent’anni di distanza

Impianti abbandonati e un buco di oltre 10 miliardi di euro: dopo la stagione dell’austerity, Atene deve ancora riprendersi dallo shock del 2004

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Federico Casanova

Giornalista politico-economico

Giornalista professionista specializzato in tematiche politiche, economiche e di cronaca giudiziaria. Organizza eventi, presentazioni e rassegne di incontri in tutta Italia.

Pubblicato: 6 Agosto 2024 15:00

Chi, tra di noi, inizia ad avere qualche anno in più, tornare con la mente all’estate del 2004 significa riportare a galla ricordi ed emozioni di un periodo che gli storici contemporanei – tanto quelli esperti di sport, quanto quelli che si occupano di economia e finanza – non esiteranno a definire irripetibile. Non è facile spiegare ai più giovani il mix di elementi che hanno caratterizzato quei torridi mesi estivi. Di certo, la considerazione da cui partire riguarda il grande evento internazionale che tutto il mondo attendeva, ossia le Olimpiadi di Atene.

Mentre le cancellerie mondiali vivevano giornate di ansia e tensione per il conflitto sempre più cruento nelle città dell’Iraq, mentre gli informatici e gli esperti digitali iniziavano a prendere confidenza con questa nuova piattaforma chiamata Facebook, le attenzioni dei media internazionali erano puntate sulla Grecia, culla della civiltà occidentale e patria dei Giochi moderni, dove la fiamma olimpica faceva il proprio ritorno ben 108 anni dopo la volta precedente. Uno spartiacque che, come abbiamo avuto modo di constatare negli anni successivi, ha cambiato per sempre la Storia di quel Paese e di tutta l’Europa.

La ricchezza di Atene nel 2004 e la fiducia degli investitori

Per comprendere appieno l’impatto che quell’estate e quell’Olimpiade ebbero sulla società contemporanea bisogna fare un passo indietro e analizzare la congiuntura economica globale che si era andata a creare nei primi anni del nuovo millennio.

Era un periodo in cui non c’era analista o esperto di economia internazionale che mostrasse segni di preoccupazione: tutti ostentavano fiducia per la crescita dei Paesi leader, a cominciare da quelli del Vecchio Continente, trascinati dall’entusiasmo per l’entrata in vigore dell’euro, con la globalizzazione ormai endemica che metteva in collegamento diretto i centri di produzione e consumo di ogni angolo del mondo.

Tra coloro che reclamavano un posto in prima fila c’era proprio la Grecia, considerata uno dei Paesi più floridi del panorama globale. Atene vantava un’economia pimpante, il suo Prodotto interno lordo segnava dati di crescita entusiasmanti, con picchi del +6% (come nel 2003) e una prospettiva generale ancora più lanciata a seguito dei Giochi olimpici in programma per l’estate del 2004. A tal punto che i grandi istituti di rating non esitavano ad assegnare all’economia greca la valutazione “A”, quella riservata agli Stati che mostravano grande solidità e capacità di adattamento alle sfide internazionali.

Le vittorie sportive prima delle Olimpiadi del 2004

Anche sul versante sportivo, per la Grecia tutto stava girando per il verso giusto. Non solo per le enormi speranze di medaglia che il popolo ellenico nutriva nei confronti dei propri beniamini, ma anche per un clamoroso risultato che si era verificato all’inizio di quell’estate così surreale: la vittoria della Nazionale greca agli Europei di calcio disputati in Portogallo tra il 12 giugno e il 4 luglio 2004.

Un avvenimento impossibile da pronosticare quanto difficile da spiegare, vista la contemporanea presenza nella manifestazione di corazzate ben più attrezzate tra cui la Francia, l’Italia e la Germania. Eppure, in quel momento d’oro, i ragazzi provenienti dalle sponde del mar Egeo riuscirono ad aggiudicarsi la vittoria finale dopo una cavalcata che rimarrà negli annali delle imprese sportive di ogni epoca.

L’inizio positivo delle Olimpiadi di Atene 2004

E così, con i conti pubblici in positivo e il vento in poppa, la Grecia dava il via alla 28esima edizione dei Giochi olimpici moderni con la cerimonia d’apertura del 13 agosto 2004 allo Stadio olimpico Spyros Louis. Per i greci la rassegna si concluderà con un totale di 16 medaglie conquistate (tra cui 6 d’oro, 6 d’argento e 4 di bronzo), il 15esimo posto finale nel medagliere e la sensazione di essere entrati a pieno titolo nel pantheon dei potenti del mondo.

C’era addirittura chi, con un atteggiamento a metà tra il sogno e la provocazione, pronosticava l’ingresso della Grecia nel G8 (la Russia non era ancora stata bandita). Un disegno quantomai surreale, formulato da persone che non avevano presente – o non volevano vedere – la fragilità di questo sistema perverso che, nel giro di pochissimo tempo, avrebbe mostrato tutta la propria inconsistenza, portando al collasso di un’intera Nazione.

Crollo dei conti pubblici, esplosione del debito e austerity

Il vecchio saggio dice che puoi nascondere la verità il più a lungo possibile, ma prima o poi lei verrà a galla. E così è successo alla Grecia del post Olimpiade, un Paese che di colpo si è ritrovato protagonista di un incubo. Passarono appena pochi mesi dal quadro che abbiamo delineato e Atene, già nel 2009, si ritrovò con il debito pubblico più alto d’Europa, una crescita ben sotto lo zero, un tessuto sociale in totale disfacimento e senza più alcuna stima da parte delle agenzie di rating e dei grandi investitori internazionali.

E questo soprattutto perché gli stati più fragili dell’Eurozona, fin dalla fine degli anni Novanta, avevano consapevolmente truccato i propri conti per adempiere alle regole molto stringenti imposte dal Trattato di Maastricht, uno dei regolamenti fondanti dell’Unione europea. In particolare, sin dal 1999, la Grecia non aveva mai avuto un rapporto deficit/Pil inferiore al 3%, requisito cardine per adottare la moneta unica.

In parallelo Atene aveva pagato profumatamente Goldman Sachs e altri grandi istituti di investimento affinché mascherassero le immense quantità di denaro che richiedeva in prestito dai mercati, mettendo a rischio la stabilità dell’intero continente. Un sistema di frode insostenibile che in quel 2009 diventò palese a tutti.

Il resto è storia nota, con i due maxi-prestiti erogati alla Grecia nel 2010 e nel 2011 da parte del Fondo Monetario Internazionale, rispettivamente di 110 e 130 miliardi di euro, e le politiche di austerity imposte ad Atene da Bruxelles su pressione di Berlino e Parigi, le più esposte nei confronti del debito ellenico.

Cosa resta oggi di Atene 2004: l’enorme buco nel bilancio

E così, nelle stesse ore in cui alziamo le mani al cielo per una medaglia dei nostri atleti presenti a Parigi, possiamo affermare con relativa certezza che i Giochi olimpici del 2004 non furono il fattore scatenante di una crisi in cui la Grecia, purtroppo, si era infilata già da diverso tempo. Più che altro, la rassegna fu un formidabile acceleratore della corsa verso il baratro.

Mentre problemi sistemici come la corruzione, l’evasione fiscale e la mole di spesa pubblica venivano accantonati per non scalfire il sogno collettivo di una Nazione, voci importanti per Atene come il turismo e le infrastrutture venivano drogate grazie alle presenze registrate per l’Olimpiade e alle spese per la realizzazione degli impianti. Ma non c’era un progetto a lunga scadenza, una visione d’insieme: tutto serviva per coprire il grande tumore che da tempo lavorava al cuore del Paese.

Come segnalato dalle guide turistiche più autorevoli del settore, negli ultimi 15 anni l’accoglienza greca è diventata una delle più scadenti del Mediterraneo, con i viaggiatori che preferiscono di gran lunga le coste della Spagna e dell’Italia, ma anche quelle della Tunisia e del Marocco. Al contempo, il Wall Street Journal ha evidenziato come l’80% delle costruzioni erette per i Giochi del 2004 siano state trasformate in grandi scheletri fatiscenti: opere abbandonate, stadi e palazzetti inutilizzati, lasciati all’incuria e al degrado.

Il tutto con una spesa complessiva per la Grecia che ha sforato quota 10 miliardi di euro nel periodo compreso tra il 1997, anno di assegnazione dei Giochi, e la fine delle gare. L’esito inglorioso di un film a cui il celebre Apollo – divinità ellenica protettrice delle arti e della cultura, ma anche dello sport – non avrebbe dato il proprio benestare.