Il mutuo è lo strumento più utilizzato da chi, volendo acquistare un immobile, non ha a disposizione le risorse per coprire per intero il prezzo di vendita. La domanda che sorge a questo punto è una sola: quale mutuo conviene, tasso fisso o variabile? La risposta a questa è correlata a diversi fattori.
Differenza tra tasso fisso e variabile
Un mutuo a tasso fisso consente di sapere quale sarà l’esatta rata mensile per tutta la durata del mutuo perché l’importo da pagare non cambierà nel corso del tempo. Al tale vantaggio fa però da contraltare un costo leggermente più elevato rispetto ai mutui a tasso variabile.
Un mutuo a tasso variabile offre un tasso di interesse che può fluttuare in base alle condizioni del mercato finanziario e, di conseguenza, può far aumentare o diminuire il pagamento mensile. Questo tipo di mutuo può essere più conveniente se, ad esempio, si prevede una diminuzione dei tassi di interesse nel breve termine. Ma attenzione: qualsiasi tipo di previsione ha valore solo sul breve periodo, mentre, ad esempio, previsioni sull’andamento dei tassi a 10 anni non hanno alcun grado di affidabilità. Se i tassi di interesse dovessero aumentare, il pagamento mensile del mutuo a tasso variabile potrebbe crescere anche considerevolmente.
Le banche basano i valori dei mutui a tasso fisso sul valore dell’Eurirs. I valori di riferimento per i mutui a tasso variabile sono l’Euribor e il tasso Bce.
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Tasso variabile: conviene o no?
In generale, il tasso variabile può essere una scelta conveniente per coloro che siano disposti ad assumersi un certo livello di rischio finanziario qualora ricorra l’incrocio di determinate condizioni:
- una previsione al ribasso dei tassi d’interesse;
- una solidità economica di base che permetta di far fronte a situazioni di incertezza finanziaria;
- una famiglia plurireddito con potenzialità di incremento;
- una buona o almeno discreta propensione al risparmio.
Andando sul concreto, invece, allo stato dei fatti attualmente un mutuo a tasso variabile è una scelta poco conveniente. L’Istat ha certifica a febbraio un aumento dell’inflazione dello 0,3% su base mensile e del 9,2% su base annua. L’alta inflazione terrà alti anche i tassi. Come certifica l’Osservatorio MutuiOnline, dicembre 2021 era contrassegnato da un tasso Euribor 3 mesi a valori negativi (-0,58%) mentre a gennaio 2023 si è registrato un rialzo al 2,45%. Questo, tirate le somme, costringe chi ha aperto da poco un mutuo a tasso variabile a 25 anni a dover pagare un aumento della rata di circa 100 euro. Più contenuti i rialzi per mutui a tasso fisso IRS a 20 anni: a gennaio hanno subito aumenti inferiori al 2,7%
E la situazione potrebbe aggravarsi: dopo la riunione del 16 marzo 2023 la Banca centrale europea ha alzato i tassi d’interesse di mezzo punto percentuale. Il trend dunque prosegue dal momento che a febbraio la Bce aveva già alzato i tassi di 50 punti facendo schizzare le rate dei mutui e in particolare di quelli a tasso variabile.
I tassi sui rifinanziamenti principali attualmente si assestano al 3,50%, quelli sui depositi al 3% e quelli sui prestiti marginali al 3,75%.
E vista la progressiva crescita del tasso Euribor a subire il maggiore contraccolpo sono i mutui a tasso variabile. Questo potrebbe portare a breve ad abbassare la forbice fra il prezzo di un mutuo a tasso variabile e un mutuo a tasso fisso.
Passare da mutuo variabile a fisso
Ed entra dunque in gioco la politica: per contrastare l’aumento dei mutui, un emendamento inserito in Finanziaria permette di passare dal tasso fisso al tasso variabile a patto che si rispettino tre condizioni:
- un Isee che non superi i 35.000 euro;
- avere acceso un mutuo non superiore ai 200.000 euro;
- essere in regola con tutte le rate del mutuo.
Per richiedere il passaggio da mutuo variabile a fisso tutte e tre le condizioni devono essere rispettate. L’istanza va presentata presso la propria a banca. Se le condizioni previste dalla Finanziaria sono rispettate, l’istituto è obbligato ad accettare il passaggio. La norma è valida fino a 31 dicembre 2023, salvo proroga.