Cos’è la malattia X che può causare una pandemia con 50 mln di morti

L'OMS lancia l'allarme per un nuovo virus sconosciuto con una letalità 20 volte più alta del Covid, che potrebbe innescare una pandemia molto più grave

Pubblicato: 25 Settembre 2023 12:16

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Miriam Carraretto

Giornalista politico-economica

Esperienza ventennale come caporedattrice e giornalista, sia carta che web. Specializzata in politica, economia, società, green e scenari internazionali.

Mentre il Covid è tornato a farci visita, trasformatosi ormai in un problema sanitario ricorrente cui ci dobbiamo abituare, gli operatori sanitari di tutto il mondo, e in particolare del Regno Unito, si stanno preparando ad una potenziale nuova pandemia nota come “malattia X, termine coniato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Questo nuovo virus potrebbe avere un impatto simile alla devastante influenza spagnola del 1918-1920 e innescare una nuova pandemia che avrebbe la capacità di provocare 20 volte più vittime del Covid. Se si considera che il Coronavirus ha provocato direttamente oltre 2,5 milioni di vittime in tutto il mondo, stiamo parlando di 50 milioni di morti potenziali.

Cos’è la malattia X e cosa ci attende

In un articolo scritto per il Daily Mail e tratto da un lavoro più approfondito, la ex presidente della task force sui vaccini del Regno Unito Kate Bingham prevede che la malattia X sarà notevolmente più pericolosa del Covid. “La pandemia influenzale del 1918-19 uccise almeno 50 milioni di persone in tutto il mondo, il doppio di quelle della Prima guerra mondiale. Oggi, potremmo aspettarci un bilancio di vittime simile da uno dei tanti virus che già esistono”, scrive.

Non sappiamo ancora con certezza quale forma assumerà la nuova pandemia, ma solo che il suo arrivo, secondo gli esperti sanitari globali, non è solo una possibilità ma una probabilità”. Il Covid non è stata la prima pandemia nel mondo, e non sarà certo l’ultima: questa, in sintesi, la previsione degli esperti.

L’Ebola ha un tasso di mortalità di circa il 67%, l’influenza aviaria del 60%, la MERS sfiora il 34%. E il prossimo virus letale? Ancora non si può sapere con esattezza, ma probabilmente ci sarà e il suo impatto sarà devastante. Ma facciamo un passo indietro.

I virus più pericolosi al mondo

Il 21 novembre 2022 l’OMS ha avviato un processo per aggiornare l’elenco dei patogeni prioritari, cioè quegli agenti che possono causare epidemie o pandemie, per guidare gli investimenti, la ricerca e lo sviluppo globali, in particolare vaccini, test e cure. L’elenco è stato pubblicato per la prima volta nel 2017 e oggi comprende Covid, febbre emorragica Crimea-Congo, virus Ebola e Marburg, febbre di Lassa, MERS, SARS, Nipah e henipavirus, febbre della Rift Valley, Zika e, appunto, Malattia X.

L’Organizzazione ha coinvolto oltre 300 scienziati che stanno studiando oltre 25 famiglie di virus e batteri e anche la malattia X, così chiamata per indicare un agente patogeno sconosciuto che potrebbe causare una grave pandemia internazionale.

Insomma, è stata definita malattia X proprio perché ancora non si sa cosa sarà esattamente, da cosa sarà causata, come si trasmetterà o con quali sintomi si manifesterà. Ma ci sarà, quasi senza dubbio. Al termine del loro studio gli esperti consiglieranno un elenco aggiornato di agenti patogeni prioritari che necessitano di ulteriori ricerche e investimenti.

Come sappiamo, lo scopo principale di un virus è replicarsi quante più volte possibile nel maggior numero di ospiti possibile, quindi muta continuamente e si attacca a diversi animali. Alcuni dei virus più pericolosi, come il vaiolo, il morbillo, l’influenza aviaria, l’Ebola e l’HIV, hanno avuto origine negli animali e in seguito sono diventati altamente trasmissibili tra gli esseri umani. Oggi ci sono più virus che si replicano e mutano attivamente di tutte le altre forme di vita sul nostro pianeta messe insieme. Naturalmente, non tutti rappresentano una minaccia per gli esseri umani, ma molti lo fanno.

Perché le pandemie sono e saranno sempre più probabili

Perché? Perché viviamo in un mondo globalizzato e iperconnesso, perché le città sono sempre più sovraffollate e – non da ultimo – perché ogni anno distruggiamo enormi porzioni di habitat naturale. Attraverso la deforestazione, i moderni metodi agricoli e la distruzione delle zone umide, di fatto l’uomo sta creando le condizioni ideali per il cosiddetto “salto di specie”. Non è certo un caso che circa tre quarti delle malattie infettive emergenti hanno origine negli animali e poi passano da una specie all’altra fino a poter, in determinate circostanze, infettare gli esseri umani.

Finora, gli scienziati sono a conoscenza di 25 famiglie di virus, ciascuna delle quali comprende centinaia o migliaia di virus diversi, ognuno dei quali potrebbe evolversi fino a causare una pandemia. Peggio ancora, stimano che potrebbero esserci più di 1 milione di virus non ancora scoperti che potrebbero essere in grado di passare da una specie all’altra, mutare drasticamente e uccidere milioni di esseri umani.

Per gli agenti patogeni identificati come prioritari, il Piano di ricerca e sviluppo dell’OMS per le epidemie elabora vere e proprie tabelle di marcia per la ricerca e lo sviluppo, che delineano anche eventuali lacune e priorità di ricerca. “Prendere di mira gli agenti patogeni e le famiglie di virus prioritari per la ricerca e lo sviluppo di contromisure è essenziale per una risposta rapida ed efficace alle epidemie e alle pandemie. Senza investimenti significativi in ​​ricerca e sviluppo prima della pandemia Covid non sarebbe stato possibile sviluppare vaccini sicuri ed efficaci in tempi record”, ha affermato il dottor Michael Ryan, direttore esecutivo del Programma per le emergenze sanitarie dell’OMS.

Il ruolo essenziale dei vaccini nella lotta alla pandemie

L’OMS è stata ampiamente criticata per aver reagito in modo insufficiente alle pandemie, come quella più eclatante di Ebola del 2014, ed essendo un’organizzazione con finanziamenti limitati e potere politico debole solitamente arranca quando si tratta di adottare misure tempestive e forti per contrastare la diffusione di malattie altamente trasmissibili. Anche per il Covid la gestione dell’Organizzazione mondiale della Sanità è finita sotto i riflettori.

Ciò che sappiamo, già oggi, spiegano gli scienziati, è che per combattere la malattia X “avremo ancora una volta bisogno che i vaccini vengano progettati e consegnati in tempi record. Ma, allo stato attuale delle cose, non c’è assolutamente alcuna garanzia che ciò accada”. Bingham ricorda la condizione in cui ci trovavamo nel maggio 2020: le prospettive erano decisamente negative: infezioni e decessi aumentavano continuamente e gli ospedali erano al collasso. La pandemia ha piegato l’economia più di qualsiasi recessione. “La vaccinazione di massa era l’unica soluzione credibile”.

Il motivo per cui c’è stata una risposta globale così rapida al Covid è dovuto al fatto che le strutture erano già state sviluppate circa dieci prima come parte del processo, piuttosto fallimentare, per sviluppare vaccini contro la SARS e la MERS. Quando siamo stati travolti dal Covid, gli scienziati avevano già un prototipo su cui lavorare. “Sviluppare vaccini adeguati in meno di un anno è stato una sorta di miracolo. Eppure anche questa velocità sarebbe insufficiente se la prossima pandemia si rivelasse molto più letale della precedente”.

Cosa serve fare subito

Allora cosa bisogna fare? Secondo Bingham e gli altri esperti è fondamentale muoversi ora, subito, per affrontare la prossima pandemia, e questo significa, in sintesi, trovare i soldi per fare ricerca. “Dobbiamo scoprire, prima della prossima pandemia, una raccolta di diversi prototipi di vaccini per ogni famiglia di virus pericolosi di cui siamo a conoscenza. Avremmo quindi un vantaggio, perché saremmo in grado di progettare quei vaccini per colpire le caratteristiche molto specifiche della malattia X”.

Tutti i Paesi dovrebbero accettare di firmare un Trattato sulla pandemia globale, il che consentirebbe la condivisione aperta di informazioni tra scienziati e medici e darebbe una chiara responsabilità per lo sviluppo e la produzione dei vaccini. Per fornire vaccini a basso costo, dovremmo poi sviluppare capacità di produzione di vaccini nei Paesi di ogni continente e organizzare una solida formazione.

Il passo successivo sarebbe quello di avere un unico organismo globale responsabile della risposta alla malattia X, finanziato tramite un bilancio globale con contributi diversi basati sulla ricchezza nazionale. Per questo ci sarebbe già anche un organismo, la Coalition for Epidemic Preparedness Innovations (CEPI), che lavora in stretta collaborazione con l’Oms.

Cos’è la CEPI e perché sarà fondamentale in caso di nuova pandemia

CEPI è stata lanciata a Davos nel 2017 per sviluppare vaccini contro le future epidemie; attualmente sta lavorando a un piano quinquennale per ridurre i tempi di sviluppo del vaccino a 100 giorni e creare una “biblioteca globale di vaccini”, la One World Vaccine Library, che avrebbe lo scopo di acquisire conoscenze sui potenziali virus che potrebbero diventare la malattia X, intraprendere un lavoro scientifico preparatorio e rendere disponibili tutte le informazioni utili.

CEPI, con sede a Oslo e cui aderiscono i Paesi del G7 e del G20, ha annunciato il 29 agosto un finanziamento di 63 milioni di sterline (72,4 milioni di euro) agli scienziati di Oxford per sviluppare prototipi di vaccini che potrebbero essere adattati rapidamente se emergesse una nuova minaccia virale.

Come spiega Andrew Pollard, direttore dell’Oxford Vaccine Group, “sulla base della nostra vasta esperienza nello sviluppo di vaccini negli ultimi 30 anni e della risposta leader a livello mondiale al Covid con il vaccino Oxford-AstraZeneca (che ricordiamo in Italia era stato somministrato per i primi mesi e poi sospeso, ndr), ci impegneremo con CEPI per garantire la sicurezza delle generazioni future contro le continue minacce provenienti dal mondo microbico”.

Affinché la missione dei 100 giorni abbia successo, secondo CEPI abbiamo bisogno di piattaforme tecnologiche per i vaccini a risposta rapida che possano essere utilizzate per progettare vaccini nel giro di pochi giorni. Il finanziamento andrà alla creazione di prototipi di vaccini basati sulla piattaforma tecnologica esistente di Oxford, ChAdOx, che ha costituito la base del suo vaccino Covid.

I vaccini non sono comunque l’unica risposta: dobbiamo investire urgentemente in sistemi all’avanguardia per la sorveglianza internazionale delle potenziali minacce virali. Nessuno di noi vorrebbe mai tornare al lockdown, per tutte le ragioni economiche, sociali, politiche e psicologiche che conosciamo, ma per evitarlo serve creare un meccanismo di contenimento efficace.

Allerta bioterrorismo

C’è poi un altro elemento che va considerato in questa analisi. Come si legge nello studio “Disease X: A hidden but inevitable creeping danger” (che in italiano potremmo tradurre come “Malattia X: un pericolo strisciante nascosto ma inevitabile”) pubblicato sulla Cambridge University Press, mentre i patogeni zoonotici emergenti rappresentano una minaccia che deve essere monitorata, non può essere ignorata anche la possibilità di un patogeno pandemico ingegnerizzato. Il rilascio di questo tipo di virus, attraverso incidenti di laboratorio o come atto di bioterrorismo, potrebbe portare a un disastroso.

“C’è un disperato bisogno di finanziare seriamente la sorveglianza, la ricerca e il trattamento di potenziali agenti pandemici emergenti che potrebbero causare la malattia X” scrivono i ricercatori. “Nonostante la triste situazione, è possibile adottare misure per fermare la malattia X e ridurne la diffusione e i danni. Dobbiamo sviluppare linee guida internazionali per controllare il bioterrorismo. Gli attacchi bioterroristici potrebbero anche provocare un’epidemia, ad esempio, se i virus Ebola o Lassa venissero utilizzati come agenti biologici”.