Dopo due anni e mezzo di pandemia da Covid-19, col virus che circola ancora in giro per il mondo in varie forme e mutazioni sempre più contagiose (vi abbiamo parlato qui del nuovo possibile picco ad agosto), la domanda che tutti si fanno è sulla durata dell’immunità dopo l’infezione. Diversi studi hanno provato a dare una risposta al quesito, con risultati diversi tra di loro che hanno mantenuto sempre vivo l’interrogativo.
Ma da un recente studio svedese arrivano importanti novità, con gli studiosi dell’Università di Goteborg che hanno fatto una particolare scoperta nel sangue dei guariti dal Covid-19 che potrebbe dare un quadro preciso sull’immunità post-infezione.
Immunità dopo il Covid, lo studio svedese
Gli scienziati dell’Università di Goteborg, guidati da Anna Martner e in collaborazione con l’ospedale universitario Sahlgrenska, hanno infatti scoperto la presenza di alcuni particolati linfociti T altamente specializzati, chiamati “helper,” che risultano presenti nel sangue dei guariti anche a distanza di 20 mesi dall’infezione. La scoperta è stata argomentata sulla rivista scientifica Proceedings of the National Academy of Sciences (Pnas), nella quale sono stati pubblicati i risultati della ricerca.
Nello specifico questi linfociti aiuterebbero a eliminare tutte quelle cellule infettate dal virus in un secondo momento, riconoscendo per tempo la malattia prima che questa possa nuovamente ripresentarsi in un paziente che già ha superato una precedente infezione (qui vi abbiamo parlato della possibile svolta Covid grazie a un farmaco).
La scoperta è emersa dall’analisi di 81 campioni di sangue di personale sanitario che ha contratto il Covid nel 2020, primo anno della pandemia. Dopo la malattia, diversi tipi di linfociti T specifici contro il Sars-CoV-2 sono stati rilevati nel sangue dei partecipanti, seguiti con un follow up prolungato, con la maggior parte delle cellule T sparite dal sangue dei guariti dopo 10-12 settimane. Ma al contrario delle cellule, i linfociti T “helper” (Th1) sono rimasti ben presenti nei campioni senza mutare nel tempo. Anche a 20 mesi di distanza, quasi due anni dopo l’infezione, i linfociti erano ancora presenti e con una forza costante.
Il lavoro dei linfociti T
Secondo gli autori dello studio svedese, la scoperta dei linfociti Th1 potrebbe spiegare perché nelle reinfezioni il rischio di malattia grave e mortalità sia ridotto rispetto al primo contagio. Misurando la reattività delle cellule T a una parte di Sars-CoV-2, il cosiddetto nucleocapside del virus, gli scienziati hanno osservato il lavoro perfetto di un sottogruppo di cellule T super specializzate che hanno portato avanti il compito di distruzione delle cellule infettate dal virus anche a 20 mesi di distanza dopo la guarigione.
Altri tipi di linfociti T, attivi contro il virus, sono scomparsi dal sangue circa 2 mesi dopo la fine della malattia, ma gli “helper” sono rimasti lì a “vegliare” e proteggere il sistema immunitario dei guariti. Secondo la professoressa Martner, associato di Immunologia all’Accademia Sahlgrenska, il lavoro delle cellule T specializzate suggerisce quindi un aspetto importante: “Mentre alcune sottopopolazioni di cellule T scompaiono entro poche settimane, le cellule T altamente specializzate rimangono stabilmente presenti nel sangue, suggerendo che un aspetto vitale dell’immunità protettiva è funzionale anche anni dopo il Covid“.