Coronavirus, un nuovo strano sintomo in aumento: si chiama parosmia

Un nuovo strano sintomo Covid è registrato come in aumento in questi giorni tra le persone positive al Coronavirus

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Luca Incoronato

Giornalista

Giornalista pubblicista e copywriter, ha accumulato esperienze in TV, redazioni giornalistiche fisiche e online, così come in TV, come autore, giornalista e copywriter. È esperto in materie economiche.

Mentre da Oxford arriva la notizia di una possibile “sovrastima” degli effettivi positivi al Coronavirus, un nuovo strano sintomo Covid è registrato come in aumento in questi giorni tra le persone risultate contagiate.

Si parla con sempre maggior insistema della parosmia, cioè di una particolare disfunzione dell’olfatto che non è più in grado di identificare profumi e odori. Occorre effettuare una netta distinzione di concetto, al fine di evitare fraintendimenti potenzialmente dannosi. Quando si parla di parosmia non si fa riferimento alla perdita dell’olfatto in sé. La capacità è insita nei soggetti che sviluppano tale sintomo in seguito all’infezione da Covid. Ciò che cambia è la capacità del cervello di identificare correttamente l’odore “naturale” di quanto si sta annusando. L’odore naturale viene descritto come qualcosa di sgradevole, tipicamente un odore bruciato, marcio, fecale o chimico.

Come si manifesta la parosmia

La notizia della parosmia non rappresenta di per sé una novità in senso assoluto. Nonostante i numerosi casi di falsi positivi scoperti, questo sintomo era già stato rilevato alcuni mesi ma in pochi casi, tanto da essere definito un sintomo Covid raro. La Bbc aveva documentato questa distorsione dell’olfatto, comune soprattutto tra chi lo aveva perso proprio a causa del Covid. Carne che ricorda il petrolio, il prosecco come le mele marce, l’acqua potabile con un odore insopportabile, il dentifricio che diventa nauseabondo. E poi caffè, sigarette, cipolle e profumi letteralmente nauseanti.

Oltre al Covid, ora, ci sono numerose malattie a cui è associata la parosmia. L’esposizione a solventi nocivi ad esempio è stata collegata alla parosmia e più specificamente al danneggiamento dei neuroni ORN. Il danno a questi neuroni potrebbe sfociare nell’incapacità di codificare correttamente un segnale rappresentativo di un particolare odore, che invierebbe un segnale errato al centro di elaborazione degli odori, il bulbo olfattivo. Questo, a sua volta, porta al segnale che attiva un trigger diverso, cioè un odore diverso, rispetto all’odore stimolante, e quindi il paziente non può sincronizzare gli odori in ingresso e in uscita.

Il danno agli ORN descrive un difetto periferico nel percorso, ma ci sono anche casi in cui il danno al centro di elaborazione nel cervello può portare a odori distorti. Diversi tipi di trauma cranico, l’epilessia del lobo temporale, il morbo di Parkinson e la mancanza di dopamina ad esempio sono associati alla parosmia.

Dopo quanto scompare la parosmia

Il recupero dell’olfatto, che nei pazienti Covid è stato verificato possa avvenire nell’arco di una o due settimane o anche più, è piuttosto lento poiché i neuroni olfattivi hanno bisogno di molto tempo per rigenerarsi. Claire Hopkins, presidente della British Rhinological Society, ha detto che è sbagliato pensare che la “perdita o l’alterazione degli odori causa Coronavirus sia di breve durata”.

C’è una buona possibilità di recupero, ma ci sono tantissime persone che perderanno l’olfatto per un lungo periodo di tempo, con serie ripercussioni sulla loro vita. L’olfatto infatti gioca un ruolo importante anche nella memoria, nell’umore, nell’emotività e chi soffre di disfunzioni descrive una sensazione di isolamento e frustrazione.