Birra contaminata da fluoruri: cosa c’è di vero e che rischi ci sono

Allarme per la Birra Ichnusa, finita sulle prime pagine di tutti i giornali a causa di una presunta contaminazione da fluoruri: vediamo cosa c'è di vero

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Mirko Ledda

Editor e fact checker

Scrive sul web da 15 anni, come ghost writer e debunker di fake news. Si occupa di pop economy, tecnologia e mondo digitale, alimentazione e salute.

La notizia ha già fatto il giro della rete: la Birra Ichnusa, tra le più bevute bionde della Penisola, avrebbe concentrazioni troppo elevate di fluoruri. L’inchiesta è partita dal periodico indipendente Indip, che ha supportato le tesi contenute nel documentario Chemical Bros, del regista Massimiliano Mazzotta, sulle falde acquifere della zona di Macchiareddu ad Assemini, non lontano da Cagliari.

Dell’inquinamento delle acque della zona si è parlato a lungo, anche a causa di un complicato procedimento giudiziario sugli stati industriali della lavorazione della fluorite. Come spesso capita in questi casi, è però necessario fare un passo indietro per capire meglio cosa sta succedendo e quali sono i rischi per chi beve l’Ichnusa.

Livelli di fluoruro sopra i limiti nella Birra Ichnusa

Diversi laboratori di analisi hanno ritrovato all’intero di alcuni lotti di lattine di birra una concentrazione di sali di fluoro oltre quella consentita dalla legge, 1,5 milligrammi per litro. In diversi casi anche 10 o 20 volte superiore, fino a 27,7 milligrammi per litro.

L’azienda sarda, controllata da Heineken, ha smentito questi numeri, spiegando di analizzare regolarmente l’acqua utilizzata per la produzione della Birra Ichnusa. Negli ultimi 5 anni i parametri relativi alla presenza di fluoruri sarebbe stati sempre 8 volte inferiori ai limiti di sicurezza e 5 volte inferiori ai valori medi di fluoro nelle acque potabili italiane.

Perché i dati di Heineken e Ichnusa non corrispondono

Com’è possibile allora che ci sia questa discrepanza nei dati raccolti autonomamente dal regista salentino, che da anni lavora in Sardegna a stretto contatto con le realtà del territorio?

Una spiegazione starebbe nella scarsa affidabilità del metodo di raccolta dei dati e delle analisi stesse. Nei laboratori interpellati dall’artista, infatti, sarebbero stati analizzati campioni di birra con la stessa metodologia che viene utilizzata per l’acqua dolce. La birra però contiene altri componenti che possono falsificare gli esiti dei test.

Non esistono a oggi analisi certificate per la ricerca di fluoruri nella birra, e la legge prevede dei limiti di sicurezza esclusivamente per l’acqua. Una contaminazione da sali di fluoro può avvenire infatti solo attraverso l’acqua utilizzata per la produzione, e le analisi vengono condotte regolarmente proprio su di questa, e non sul prodotto finale.

L’aqua di Cagliari è contaminata dai sali di fluoro?

Spetterà alle autorità competenti, eventualmente, condurre ulteriori indagini sulla presenza di fluoruri nelle falde acquifere di Assemini e del Cagliaritano. Altroconsumo, nei campioni prelevati a gennaio 2021 nell’ambito di un’inchiesta sulle fontanelle e sull’acquedotto del capoluogo sardo, non ha riscontrato la presenza di fluoruri nell’acqua.

Abbanoa, gestore del ciclo idrico della maggior parte dell’isola, ha registrato la presenza di fluoruri nelle acque distribuite dall’acquedotto, ma con concentrazioni ben inferiori ai limiti di legge, e sempre sotto i 0,48 milligrammi per litro nella zona di Cagliari.

Che cos’è il fluoro e quali sono i rischi legati a una sovraesposizione

Ma se i dati riportati da Indip e ripresi dalla stampa nazionale dovessero rivelarsi veri, quale sarebbe il rischio effettivo per i bevitori di birra?

Diciamo innanzitutto che la presenza di fluoruri nell’acqua e nelle bevande in generale non deve mettere in allarme. Come sempre sottolineiamo, non esistono sostanze assolutamente dannose per la salute, ma sono le loro quantità a essere più o meno pericolose per l’organismo.

Il fluoro è in fatti un elemento presente in piccole quantità in tutti i tessuti del nostro organismo, ma è localizzato principalmente nello scheletro e nei denti. Fortifica le ossa favorendo il deposito del calcio al loro interno e riduce il rischio di danni allo smalto dentale, contrastando l’acidità del cavo orale.

Assumiamo quotidianamente il fluoro attraverso il pesce, i frutti di mare, la carne, il latte e i latticini. Ma anche attraverso il tè e ovviamente l’acqua potabile. Una carenza di fluoro può favorire la carie, mentre assumerne in eccesso può compromettere il metabolismo e il funzionamento del sistema nervoso, dei reni, del fegato, del cuore e degli organi riproduttivi.

Può inoltre calcificare le articolazioni e i tendini, portare all’osteosclerosi e alla fluorosi dentale, con l’insorgenza di macchie bianco gesso nei denti, che possono ingiallire nel tempo, e addirittura alterazioni della forme dei denti stessi, ipersensibilità e aumento del rischio di fratture.

Dosi particolarmente elevate possono anche causare la marmorizzazione dei denti, la pirosi, dolori alle articolazioni e ai piedi. Nei casi peggiori anche alla fluorosi scheletrica, un indurimento anomalo delle ossa che può portare alla paralisi e a danni irreparabili al sistema nervoso.

Quali sono i quantitativi limite e quali rischi ci sono

Per avere questi effetti occorre comunque un’esposizione cronica ad alti dosaggi di fluoro, ben superiori alla concentrazione di 1,5 milligrammi per litro imposta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come valore limite per le acque destinate al consumo umano, e quindi per quelle utilizzate per la produzione di bevande alcoliche e non. Sopra questa soglia potrebbe svilupparsi la fluorosi dentale, e solo sopra i 10 milligrammi al litro la fluorosi scheletrica.

L’Efsa, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, ha stimato che per produrre una lieve fluorosi dentale nelle persone dai 12 anni in su è necessario assumere almeno 7 milligrammi di fluoro al giorno e per lunghi periodi. Concentrazioni inferiori potrebbero causare danni dentali ai bambini, ma va da sé che non dovrebbero essere consumatori di birra.

Se anche i valori di fluoruri nell’acqua utilizzata per la produzione di Ichnusa dovessero essere allineati a quelli riscontrati nel documentario Chemical Bros, dunque, non dovrebbero esserci particolari rischi nel bere un bicchiere di birra ogni tanto. Il fluoro si deposita solo temporaneamente nell’organismo, ed è necessaria, come già detto, l’esposizione cronica per creare danni allo smalto dentale e addirittura alle ossa.

Niente allarmismi, dunque. Considerando anche che proprio l’azienda isolana sta investendo ingenti quantità di denaro per rendere i suoi stabilimenti più efficienti.