La bambina di 11 anni morta in Cambogia a causa del virus H5N1 non sarebbe stata contagiata dal padre né l’avrebbe infettato. La notizia di due casi di aviaria registrati nello stesso nucleo familiare aveva fatto temere inizialmente la possibile trasmissione da persona a persona del virus, e quindi di un’eventuale mutazione che avrebbe potuto permettere il salto di specie dell’agente patogeno dai volatili all’uomo. Ma in seguito alle analisi sui campioni prelevati dalla piccola vittima, il portavoce del ministero della Salute cambogiano ha dichiarato ufficialmente che si è trattato di “trasmissione del virus H5N1 dal pollame e questo evento non è una trasmissione da uomo a uomo”.
Aviaria, l’allerta dell’Oms
La notizia era stata diffusa nei giorni scorsi in conferenza stampa dalla direttrice della Preparazione e prevenzione di epidemie e pandemie dell’Oms, Sylvie Briand: “Siamo in stretto contatto con le autorità del Paese per capire di più sull’epidemia. Le indagini sul campo sono in corso. La situazione globale dell’H5N1 è preoccupante data l’ampia diffusione del virus negli uccelli in tutto il mondo e le crescenti segnalazioni di casi nei mammiferi, compreso l’uomo” aveva dichiarato l’esperta dell’Organizzazione mondiale della Sanità.
Nell’incontro con i giornalisti, Briand ha ricordato che il tasso di mortalità dell’H5N1 è superiore al 50% negli esseri umani, nonostante la trasmissione si verifichi nella maggior parte dei casi negli animali e il contagio alle persone rimanga difficile.
L’agenzia sanitaria delle Nazioni unite ha sottolineato che ad oggi una pandemia di H5N1 non è all’orizzonte e che “il rischio per la popolazione rimane basso”, ma si prevedono altri casi di aviaria nell’uomo, soprattutto nei contesti associati al contatto ravvicinato con uccelli infetti vivi o morti o con ambienti contaminati. I casi umani di H5N1 segnalati in tutto il mondo dal 2003 al 25 febbraio 2023, sono stati 873 con 458 decessi in 21 Paesi (qui avevamo parlato dell’allarme dell’Oms sul rischio di una nuova pandemia).
Il professor Francesco Vaia, direttore generale dell’Istituto nazionale per le malattie infettive “Spallanzani” di Roma, ha però raccomandato di mantenere la calma: “Nessun allarmismo dopo i casi di aviaria in Cina e in Cambogia, dietro l’angolo non abbiamo una nuova pandemia. Certo mai sottovalutare nulla e quindi è bene che la comunità scientifica si interroghi e cerchi di adattare gli strumenti che tra l’altro sono già in nostro possesso” ha dichiarato l’esperto, sottolineando come “il problema non sono gli animali, ma semmai, come li teniamo, in che ambiente li facciamo crescere e li alleviamo. Insomma, la salute degli animali è la nostra salute”.
Aviaria, il timore del salto di specie
Negli ultimi mesi la morte in massa di uccelli selvatici e l’abbattimento di milioni di capi di pollame, a causa di una delle peggiori epidemie globali di aviaria dalla fine del 2021, ha destato preoccupazione tra gli esperti: secondo un recente studio pubblicato sulla rivista Eurosurveillance il sottotipo dell’H5N1 alla base della diffusione sarebbe anche responsabile di un focolaio segnalato in Spagna in un allevamento di visoni, con la probabile trasmissione da mammifero a mammifero.
Per questo il caso dei due contagi in famiglia in Cambogia aveva fatto drizzare le orecchie: il timore era che l’11enne potesse essere morta proprio per il sottotipo 2.3.4.4b, che sta circolando in tutto il mondo (qui abbiamo spiegato dove si sta diffondendo l’aviaria).
In seguito al sequenziamento del genoma del ceppo virale prelevato dalla bambina è emerso come sia stata infettata da un sottotipo del virus appartenente a un gruppo rilevato ciclicamente in polli e anatre nella regione da almeno un decennio, anche se per la prima volta è stato trovato su un essere umano.
Secondo quanto dichiarato dal portavoce della Sanità cambogiana, Or Vandine, dei 51 campioni prelevati da persone fra le quali anche 20 contatti stretti dei due contagiati e 31 soggetti che avevano sintomi simil-influenzali, nessuno è risultato positivo al virus dell’aviaria.