Il tessuto adiposo non è tutto “cattivo” per il metabolismo, così il grasso bruno ci protegge

Se il grasso “bianco” quando si accumula si può associare a maggior rischio d’infiammazione e problemi metabolici, oltre che all’aumento di peso, il grasso bruno potrebbe nascondere attività protettive.

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Federico Mereta

Giornalista scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica. Raccontare la scienza e la salute è la sua passione, perché crede che la conoscenza sia alla base di ogni nostra scelta. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Pubblicato: 15 Gennaio 2025 12:17

Si fa presto a dire adipe. Ma non dobbiamo mai dimenticare che il tessuto adiposo dell’organismo umano presenta caratteristiche metaboliche e funzionali diverse, anche in base al proprio colore. Se il grasso “bianco” quando si accumula si può associare a maggior rischio d’infiammazione e problemi metabolici, oltre che all’aumento di peso, il grasso bruno potrebbe nascondere attività protettive.
A ribadirlo una volta di più, focalizzando l’attenzione sull’attività fisica regolare come elemento che ne favorisce l’attivazione in un circolo vizioso positivo che porta anche ad aumentare le performance, è una ricerca apparsa su Aging, condotta dagli esperti del Dipartimento di Biologia Cellulare e Medicina Molecolare della Rutgers New Jersey Medical School. Gli scienziati segnalano tra l’altro come la presenza del grasso bruno potrebbe diventare protettiva non solo nei confronti dell’obesità e della difficoltà a svolgere regolare attività fisica, ma anche in termini di prevenzione di diabete, malattie cardiovascolari ed altre patologie degenerative. Ce n’è abbastanza, insomma, per cercare di capire quali sono le differenze nelle cellule adipose nel nostro organismo e di sfruttarne al meglio gli aspetti positivi, riducendo invece i rischi legati all’accumulo di grasso bianco, soprattutto in alcune aree come l’addome.

Bianco e bruno, quali differenze?

Le cellule adipose sono di due tipi: quelle bianche, che rappresentano la stragrande maggioranza dell’adipe presente nel corpo, e appunto quelle brune. Queste ultime conservano al loro interno le molecole di grasso sotto forma di piccole goccioline indipendenti tra loro, e quindi più facilmente eliminabili rispetto alla “grande” ed unica goccia di lipidi che si forma nelle cellule bianche. Non solo. Il tessuto adiposo bruno avrebbe una maggior capacità di controllare il peso corporeo perché hanno come compito primario la produzione di calore. La carenza di cellule brune e la loro sostituzione con tessuto adiposo bianco potrebbe essere implicata nella genesi dell’obesità. Infatti le cellule brune assicurano un elevato consumo di energia, specie dopo che si sono assunti alimenti molto ricchi di lipidi, e quindi molto calorici, quasi come se fossero una sorta di “regolatore” interno del peso. Nel senso che più si mangia, più energia viene prodotta al fine di mantenere nella normalità l’equilibrio metabolico del corpo. Le cellule bianche, che sostituiscono progressivamente e in maniera autonoma quelle brune con il passare degli anni perché le prime non hanno da svolgere alcuna funzione di “produzione” di calore nelle nostre condizioni ambientali, sono invece veri e propri “serbatoi” di grasso. Grasso che si accumula e viene “somministrato” all’organismo in continuazione, indipendentemente dal fatto che si mangi o meno. Per questo si pensa che queste cellule fossero utili come “magazzini” di energia nelle fasi in cui non è disponibile cibo. Le cellule brune tendono comunque a consumare l’energia in eccesso, quando ovviamente non si esagera eccessivamente con l’alimentazione, mentre le cellule bianche conservano la maggior parte dei lipidi che arrivano dai cibi, se non si fanno sforzi fisici che giustifichino la necessità per il corpo di “attingere” a queste riserve.

Dove si distribuiscono le cellule bianche e brune

Oltre ad essere metabolicamente diverse, le due tipologie cellulari hanno anche una distribuzione diversa nell’organismo. Normalmente infatti il grasso sottocutaneo è rappresentato quasi esclusivamente da cellule bianche, mentre quello che si trova all’interno del corpo contiene numerose cellule brune. Questo almeno accade in partenza, normalmente. Ma se si esagera con l’alimentazione, in particolare con i lipidi, senza che ci sia bisogno di un’elevata produzione di calore perché le condizioni climatiche non lo richiedono e comunque non si pratica una regolare attività fisica il corpo mette in atto un negativo meccanismo di trasformazione. Le cellule brune non “servono” per contenere grandi quantità di grassi mentre diventano “preferibili” le cellule bianche, che quindi vanno a sostituirsi a quelle brune. E le cellule bianche si “gonfiano” e si moltiplicano fino a formare grandi quantità di grasso interno. Questo processo, che si sviluppa normalmente in molti anni quando si introducono più calorie con la dieta di quante non se ne consumino con l’attività fisica porta al sovrappeso e all’obesità. Soprattutto può favorire la sindrome metabolica, cioè un insieme di condizioni che conducono ad una minor sensibilità all’azione dell’insulina (l’ormone che tampona l’eccesso di glucosio nel sangue) e quindi al diabete, all’aumento del colesterolo e dei trigliceridi nel sangue e all’innalzamento della pressione arteriosa.

Quando conta l’attività fisica

La gestione del corpo umano può essere paragonata ad un bilancio, sul fronte dell’energia. Entrate entrate ed uscite dovrebbero essere quasi pari. Purtroppo però in chi sceglie la strada della sedentarietà il bilancio si altera, con un minor consumo energetico e quindi con una maggior facilità all’accumulo di grasso nell’organismo. In realtà la mancanza di attività fisica non favorisce soprappeso e obesità solamente per un costo “entrate-uscite” del corpo, ma anche attraverso altri fattori, come una modificazione delle condizioni psicologiche dell’individuo. In genere, tra il 60 e l’80 per cento delle calorie che il corpo consuma quotidianamente si perdono nel cosiddetto metabolismo a riposo. In questa fase, però, il corpo utilizza per produrre energia alcune sostanze già disponibili, come il glucosio o gli acidi grassi. Quando invece si svolge un’attività fisica (che incide sul bilancio calorico globale per un 15-20 per cento) e un lavoro muscolare protratto l’organismo ha bisogno di un “supplemento” di energia, che trae dai depositi di grasso che si trovano nelle cellule lipidiche. Per questo motivo se si pratica poca attività fisica è estremamente difficile “consumare” il grasso in eccesso.

Così si ingrassa

Il tessuto adiposo è fondamentale per il corpo umano, perché permette di disporre di una scorta di energia accumulata nel corpo sotto forma di grasso. Ma perché non si crei un eccesso di peso occorre che i consumi energetici e le reazioni chimiche da essi assicurati siano pari all’introito di calorie. Quando si altera il bilancio tra “entrate” caloriche dell’organismo con gli alimenti e consumi, sotto forma soprattutto di sforzo fisico che necessita della produzione di energia, il corpo tende ad accumulare energia. E lo fa “mantenendola” a disposizione sotto forma di grasso. Il deposito porta infatti al “riempimento” delle cellule adipose con una “goccia” di grasso, che tende ad allargare il volume delle cellule stesse. Quando ciò si verifica si va incontro alla cosiddetta “ipertrofia” cellulare, cioè alla crescita del volume della cellula. Ma se questo “allargamento” non è sufficiente a contenere il grasso di deposito, le cellule tendono a moltiplicarsi, in un processo che si chiama “iperplasia”. Quando ciò si verifica il numero delle cellule adipose del corpo cresce, ed anche se con un programma di dimagrimento si ottengono i risultati voluti per cui la cellula si “svuota” del suo contenuto lipidico riducendo le proprie dimensioni, rimane comunque un eccesso numerico di cellule adipose. Questo dà ragione della facilità delle “ricadute” quando si riprende a mangiare normalmente, perché i “contenitori” del grasso sono maggiori di quanto dovrebbero. E, se non si provvede a mantenere elevati i consumi calorici, le cellule lipidiche tendono a “riempirsi” nuovamente.

Come l’ambiente e l’alimentazione favoriscono il sovrappeso

Gli studi antropologici sull’evoluzione della specie umana confermano che l’essere umano è quasi del tutto simile a quello che abitava la terra cinquantamila anni fa. Ed anche il metabolismo dell’uomo e della donna del terzo millennio sono pressoché sovrapponibili a quelli degli antenati che vivevano nelle caverne. Ma le differenze in termini di ambiente di vita e di condizioni economiche sono state molto profonde, con influssi sull’alimentazione e ovviamente sull’attività fisica. Le ricerche dicono che negli ultimi secoli c’è stato un incremento esponenziale delle disponibilità alimentari, almeno nei paesi industrializzati. Inoltre le condizioni climatiche si sono modificate con l’introduzione del riscaldamento e i mezzi di trasporto hanno reso sempre più sedentario l’essere umano, con conseguenze pesanti in termini di attività fisica. Il calo progressivo dell’esercizio fisico, unito ad una maggior disponibilità di alimenti, ha quindi posto le basi per il progressivo incremento del peso corporeo di molti individui. Per questo dobbiamo fare attenzione, sia con un’alimentazione equilibrata, sia grazie all’attività fisica regolare, che presenta diversi vantaggi metabolici.