Fumo, le sigarette aumentano il grasso (pericoloso) sulla pancia: i rischi

Uno studio danese dimostra che chi fuma corre il rischio di accumulare grasso viscerale, molto pericoloso sul fronte metabolico anche se magari si appare in forma.

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Federico Mereta

Giornalista scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica. Raccontare la scienza e la salute è la sua passione, perché crede che la conoscenza sia alla base di ogni nostra scelta. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Pubblicato: 13 Aprile 2024 10:00

“Non smetto di fumare perché temo di prendere peso”. Se questo è l’alibi di molte persone, la scienza provvede a smontarlo. O meglio. Seppur può essere vero che tra le preoccupazioni per chi ha fumato ci sia anche quella del controllo dei chili di troppo e che a volte può accadere che si salga di peso dopo aver abbandonato le sigarette, è sul fronte della “qualità” del grasso che si accumula per i fumatori che la situazione è particolarmente pericolosa. Anche se magari si appare in forma.

Una ricerca pubblicata su Addiction dimostra infatti che chi inizia a fumare, come chi continua con le sigarette, potrebbe avere un rischio più elevato di accumulare grasso viscerale. Si tratta di tessuto adiposo pericoloso sul fronte metabolico: l’eccesso di adipe nell’addome si associa ad un più elevato pericolo di sviluppare diabete, patologie vascolari e altri problemi di salute. E purtroppo il grasso all’interno dell’addome può esserci anche con la pancia piatta.

La situazione appare particolarmente importante anche sulla scorta dei numeri, che in periodo di pandemia hanno visto un trend preoccupante per il numero dei fumatori. In Italia, secondo i dati del “Rapporto sul fumo in Italia” dell’Istituto Superiore di Sanità resi noti nel 2022, si fuma ancora molto. Sarebbero 12,4 milioni i fumatori in Italia (24,2% della popolazione) e 7,7 milioni gli ex fumatori (14,9%). Quest’ultima quota deve salire, oltre ovviamente ad affiancarsi ad una diminuzione nell’inizio del vizio del fumo.

Cosa dimostra la ricerca

Lo studio è stato condotto dagli scienziati del Centro per la ricerca metabolica dell’Università di Copenaghen coordinati da Germán D. Carrasquilla. Ed è stato realizzato combinando con una particolare analisi statistica (si chiama randomizzazione mendeliana) i risultati di diversi studi genetici per cercare relazioni causali tra un’esposizione (in questo caso, il fumo) e l’esito (aumento del grasso addominale). Dall’indagine, tenendo conto ovviamente di fattori che possono influire sulla formazione di tessuto adiposo, emerge chiaramente che iniziare a fumare e continuare a farlo potrebbe causare un aumento del grasso all’interno dell’addome. Lo dimostra in particolare la misurazione del vita-fianchi. Ma non basta. Anche la qualità del grasso appare quello che più probabilmente aumenta, mentre non sembrano esserci effetti particolari sul tessuto adiposo potenzialmente meno pericoloso, quello sottocutaneo. L’influenza del fumo sul tessuto adiposo addominale, quindi, sembra esplicarsi senza che ci siano influssi di fattori come lo stato socioeconomico, il consumo di alcol o altri elementi.
Insomma: i ricercatori hanno determinato che il grasso addominale in eccesso nei fumatori è prevalentemente di origine viscerale.

Perché è pericoloso il grasso nell’addome

L’adipocita, ovvero la cellula adiposa, se in eccesso all’interno dell’addome può favorire una serie di processi negativi sul sistema endocrino e sul metabolismo.
In primo luogo diventa più difficile controllare il peso. In presenza di elevate quantità di adipe intraddominale si altera il normale meccanismo di controllo di assunzione di alimenti, mediato soprattutto dalla leptina. Questa sostanza non inibisce l’appetito come dovrebbe e quindi viene favorita l’assunzione ulteriore di alimenti, con costante peggioramento della situazione metabolica. Inoltre può aumentare la produzione di acidi grassi liberi, che vengono prodotti dalle cellule adipose in eccesso. L’incremento di questi componenti lipidici nel sangue contribuisce ad aumentare i valori dei trigliceridi e di colesterolo LDL nel sangue con progressivo incremento sul rischio cardiovascolare totale.
Non solo. Gli acidi grassi liberi in eccesso si mettono in “concorrenza” con il glucosio e vengono utilizzati al suo posto dai muscoli, per cui si verifica un aumento della glicemia, cioè del glucosio nel sangue. L’aumento del glucosio nel sangue porta alla risposta da parte del pancreas, che aumenta la produzione di insulina. Non solo: in queste circostanze anche l’eliminazione dell’insulina in eccesso da parte del fegato non è efficace, per cui si verifica un aumento dell’insulina nel sangue in presenza di iperglicemia.
Infine, l’eccesso di grasso favorisce l’ipertensione per aumento dell’effetto dell’adrenalina sui piccoli vasi, che quindi risultano più “stretti” (vasocostrizione), sia per l’aumento dell’attività del cortisolo mediata dalle cellule. Questo ormone dello stress incrementa infatti la sintesi di adrenalina.

Cellule adipose bianche, perché sono più pericolose

Le cellule adipose sono di due tipi: quelle bianche, che rappresentano la stragrande maggioranza dell’adipe presente nel corpo, e quelle brune. Queste ultime conservano al loro interno le molecole di grasso sotto forma di piccole goccioline indipendenti tra loro, e quindi più facilmente eliminabili rispetto alla “grande” ed unica goccia di lipidi che si forma nelle cellule bianche. Non solo. Il tessuto adiposo bruno avrebbe una maggior capacità di controllare il peso corporeo perché ha come compito primario la produzione di calore. Gli adipociti bruni sono presenti in elevata quantità nel neonato, mentre sono quasi assenti nell’adulto. La carenza di cellule brune e la loro progressiva sostituzione con tessuto adiposo bianco potrebbe essere implicata nella genesi dei tanti problemi legati all’obesità viscerale. Infatti le cellule brune assicurano un elevato consumo di energia, specie dopo che si sono assunti alimenti molto ricchi di lipidi, e quindi molto calorici, quasi come se fossero una sorta di “regolatore” interno del peso. Più si mangia, quindi, più energia viene prodotta al fine di mantenere nella normalità l’equilibrio metabolico del corpo.
Le cellule bianche, che sostituiscono progressivamente e in maniera autonoma quelle brune con il passare degli anni perché le prime non hanno da svolgere alcuna funzione di “produzione” di calore nelle nostre condizioni ambientali, sono invece veri e propri “serbatoi” di grasso.
Insomma: le cellule brune tendono comunque a consumare l’energia in eccesso, quando ovviamente non si esagera eccessivamente con l’alimentazione, mentre le cellule bianche conservano la maggior parte dei lipidi che arrivano dai cibi, se non si fanno sforzi fisici che giustifichino la necessità per il corpo di “attingere” a queste riserve.