Aviaria, Covid e altre minacce: così scopriremo le varianti pericolose dei virus

I ricercatori stanno sperimentando un innovativo modello di studio e monitoraggio in grado di identificare le varianti potenzialmente più “pericolose” di virus e batteri

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Federico Mereta

Giornalista scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica. Raccontare la scienza e la salute è la sua passione, perché crede che la conoscenza sia alla base di ogni nostra scelta. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Pubblicato: 8 Gennaio 2025 19:41

Dagli Usa rimbalza sempre più di frequente l’innalzamento della soglia di attenzione per l’influenza aviaria, visto che si teme (e non mancano segnali preoccupanti) il possibile salto di specie.
Si è appena spenta l’ansia legata a quanto avvenuto in Congo, con quella che era stata definita malattia “X” ed è stata poi derubricata dalla stessa OMS ad una forma di malaria collegata ad altre situazioni contingenti legate alla comparsa di sintomi respiratori e a cattive condizioni nutrizionali. E non si smette di monitorare con attenzione l’evoluzione delle varianti di Covid, con il virus ormai profondamente mutato dal ceppo originale di Wuhan in un percorso di mutazioni continue.

Insomma, sempre più dovremo abituarci ad un mondo che va visto in logica di “One Health”, con la necessità di sistemi di controllo e monitoraggio di quanto avviene nel pianeta dell’invisibile sempre più efficienti e rapidi. Cosa fare? Una risposta viene da una ricerca appena pubblicata su Nature, che spiega come si stia mettendo a punto un innovativo modello di studio e monitoraggio in grado di identificare le varianti potenzialmente più “pericolose” di virus e batteri, tra cui appunto quelli che causano influenza e Covid per i primi, oltre che pertosse e tubercolosi per restare nell’ambito batterico.

La strategia dell’albero genealogico

Lo studio è stato condotto dagli esperti dell’Università di Cambridge (prima autrice Noémie Lefrancq, che ha svolto il lavoro presso il Dipartimento di genetica dell’Università di Cambridge ed ora lavora presso l’ETH di Zurigo, autore principale Henrik Salje del Dipartimento di genetica dell’Università di Cambridge).
Come spiega una nota dell’ateneo, si parte da campioni di esseri umani infetti per consentire il monitoraggio in tempo reale dei patogeni che circolano nelle popolazioni umane e consentire l’identificazione rapida e automatica di batteri che eludono i vaccini. Grazie a questa strategia, inoltre, si possono anche identificare varianti batteriche che sviluppano la resistenza agli antibiotici, consentendo anche cure mirate in questo senso.

L’approccio impiega dati di sequenziamento genetico per fornire informazioni sui cambiamenti genetici alla base dell’emergere di nuove varianti. In pratica questa strategia punta alla creazione di veri e propri alberi genealogici di batteri e virus per identificare nuove varianti in modo quasi automatico, riducendo il rischio che si perda tempo. si può arrivare infatti ad avere una sorta di identificazione automatica di eventuali varianti genetiche dei patogeni, capace di informare non solo sulle caratteristiche del ceppo ma anche sulle possibilità di diffusione nell’uomo. Addirittura, secondo quanto riportano gli esperti, il metodo potrebbe essere impiegato per la previsione delle varianti destinate a dominare il panorama microbiologico.

I primi risultati del test e perché ci sono le mutazioni

I ricercatori hanno utilizzato la loro nuova tecnica per analizzare campioni di Bordetella pertussis, il batterio che causa la pertosse, identificando tre nuove varianti in circolazione nella popolazione che non erano state rilevate in precedenza. In un ulteriore esame l’attenzione si è concentrata su campioni di Mycobacterium tuberculosis, il batterio che causa la tubercolosi. Ha dimostrato che si stanno diffondendo due varianti con resistenza agli antibiotici.

“L’approccio mostrerà rapidamente quali varianti di un patogeno sono più preoccupanti in termini di potenziale di far ammalare le persone. Ciò significa che un vaccino può essere specificamente mirato contro queste varianti, per renderlo il più efficace possibile – segnala nella nota dell’Università Salje. Se vediamo una rapida espansione di una variante resistente agli antibiotici, allora potremmo cambiare l’antibiotico che viene prescritto alle persone infette da essa, per cercare di limitare la diffusione di quella variante”.

Si tratta solo di esempi. Ma queste due osservazioni indicano come le componenti genetiche dei patogeni varino, per rendere i ceppi in esame più efficienti nella diffusione. A preoccupare sono le mutazioni che permettono di eludere le difese del sistema immunitario, anche se magari si è vaccinati. Conoscere rapidamente quanto avviene può consentire di rispondere altrettanto celermente, riducendo i rischi di sviluppo di resistenza agli antibiotici e di “fuga” dei virus dai sistemi di controllo.