Paracetamolo in gravidanza e rischio autismo: le parole di Trump e la risposta degli esperti

Le affermazioni del presidente americano accendono il dibattito, ma la comunità scientifica e la FDA invitano a distinguere tra correlazione e associazione e a non diffondere allarmi infondati.

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Federico Mereta

Giornalista scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica. Raccontare la scienza e la salute è la sua passione, perché crede che la conoscenza sia alla base di ogni nostra scelta. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

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Associazione. E correlazione. Detto che in gravidanza è sempre meglio evitare l’impiego di farmaci qualora non siano assolutamente necessari e vengono assunti su indicazione medica, è proprio sulla differenza tra le due parole che occorre riflettere quando si parla di possibili rapporti tra terapie e rischi di patologie nei bambini.
Quando parliamo di associazione, in ogni caso, ci riferiamo ad una possibile relazione tra due o più eventi o fatti. Si tratta di un concetto più labile, che non richiede un chiaro rapporto causa-effetto. Questo è invece presente in caso di correlazione. In questa circostanza invece due variabili quantitative si muovono assieme. Se varia una, si modifica anche l’altra.
Chiarire questi punti è importante se si vuole comprendere al meglio quanto proposto dal presidente Usa Donald Trump, che ha segnalato come anche i farmaci, ed in particolare paracetamolo o acetaminofene, potrebbero risultare associati probabilmente ad un rischio “notevolmente aumentato di autismo”.

Cosa segnala la Food and Drug Administration (FDA)

Trump, oltre a sconsigliare l’assunzione di paracetamolo alle gestanti, ha indicato la prossima definizione di una posizione sul tema e sull’informazione ai medici per il possibile rischio da parte della Food and Drug Administration (FDA). Come riporta il documento dell’ente americano, è stato annunciato il semaforo verde per un processo per modificare il foglietto illustrativo dei farmaci contenenti acetaminofene per far riflettere sul fatto che l’impiego durante la dolce attesa potrebbe essere associato a un rischio maggiore di condizioni neurologiche come l’autismo e l’ADHD. Insomma, si va verso un principio di precauzione. Ma sostanzialmente quello che emerge è la tendenza ad evitare l’impiego di farmaci in gravidanza senza reale bisogno, paracetamolo compreso, anche perché in caso di febbre leggera non ci sarebbe da pensare al trattamento. Ma si segnala anche come sia “ragionevole che le donne in gravidanza utilizzino acetaminofene in determinate situazioni”.
Il comunicato della FDA, insomma, fa chiarezza.

“Sebbene numerosi studi abbiano descritto un’associazione tra acetaminofene e condizioni neurologiche, non è stata stabilita una relazione causale e la letteratura scientifica riporta anche risultati contrari. Va inoltre ricordato che l’acetaminofene è l’unico farmaco da banco approvato per il trattamento della febbre in gravidanza, mentre la febbre alta non trattata può rappresentare un rischio per il feto”.

Insomma, in logica di principio di precauzione, la morale dell’ente regolatore americano è di suggerire l’impiego del paracetamolo in gravidanza solo in caso di necessità e per un tempo più breve possibile.

Cosa ne sappiamo e cosa si può fare

Tornando al concetto di associazione (non ci sono studi che mostrino correlazione e soprattutto nelle ricerche possono intervenire fattori confondenti che potrebbero contribuire a spiegare un aumento del rischio e sono indipendenti dal farmaco), va ricordato che ci sono ricerche che invitano alla cautela come quella pubblicata come metanalisi su 46 diversi studi su Environmental Health. Ma al contempo una ricerca svedese ha interessato milioni di bambini ed in particolare si è concentrata sui fratelli, rilevando come l’assunzione di paracetamolo in una gravidanza e non nell’altro non ha portato a problemi specifici dello sviluppo neurologico.

Insomma: considerando anche che raccogliere i dati con certezza non è semplice (l’uso eventuale del farmaco è segnalato dalla madre ed occorre anche considerare in che fase della gravidanza il medicinale è stato assunto e per quanto), trovare una risposta definitiva non è semplice. C’è però un dato che emerge in questi dati contrastanti. Si parla sempre di associazione e non di rapporto causa-effetto. D’altro canto, dagli esperti giunge una raccomandazione: dolore e rialzi termici significativi in gravidanza vanno comunque affrontati e gestiti dal medico, per evitare (quelli sì che sono chiari) rischi per il feto legati a queste condizioni.

Insomma: siamo ancora in cerca di prove definitive. Ma questo non significa che non occorra essere prudenti. I farmaci vanno usati quando servono e per il tempo necessario, senza esagerare. Ed in gravidanza, affidatevi sempre al medico per sapere cosa fare, soprattutto nei primi mesi di gestazione.

SINPIA: “Dichiarazioni prive di reale fondamento scientifico”

La Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza, SINPIA manifesta profonda preoccupazione per le affermazioni del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ieri in conferenza stampa, riguardo l’uso del paracetamolo in gravidanza e i vaccini e un possibile aumento del rischio di autismo. E ancora: sempre Trump ha affermato che il vaccino contro l’epatite B, attualmente somministrato ai neonati, dovrebbe essere posticipato all’età di 12 anni. Mentre si raccomanda l’utilizzo di acido folinico, solitamente utilizzato nei pazienti oncologici durante la chemioterapia, per il trattamento dei bambini autistici.

“Tali dichiarazioni, ampiamente riprese dai media risultano prive di reale fondamento scientifico, creano disinformazione e contribuiscono ad alimentare insicurezze e confusione su quello che è un problema rilevante per milioni di bambini, adolescenti e famiglie coinvolte nei disturbi del neurosviluppo in tutto il mondo”

sottolinea Elisa Fazzi, Presidente SINPIA.

“L’autismo è un disturbo del neurosviluppo complesso e multifattoriale dovuto all’interfaccia tra fattori genetici e ambientali, riconosciuto e studiato da decenni dalla comunità scientifica internazionale. La ricerca ha evidenziato le basi neurobiologiche e genetiche dello spettro autistico e gli intrecci con elementi ambientali, ma non è stato individuato un singolo fattore causale. Non esistono evidenze credibili che colleghino con certezza l’insorgenza dell’autismo solo a cause esterne come i vaccini o farmaci o altri fattori comunemente invocati in narrazioni infondate”

prosegue la Presidente SINPIA.

“Diffondere affermazioni non supportate da dati scientifici e non esprimersi in sintonia con la comunità e i dati scientifici a disposizione non solo è irresponsabile, ma rischia di danneggiare seriamente gli sforzi quotidiani di medici, terapisti, educatori e famiglie, che lavorano con impegno per favorire la ricerca, lo sviluppo, l’inclusione e il benessere delle persone con autismo”

aggiunge Antonella Costantino, past president SINPIA.

Le indicazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a scopo informativo e divulgativo e non intendono in alcun modo sostituire la consulenza medica con figure professionali specializzate. Si raccomanda quindi di rivolgersi al proprio medico curante prima di mettere in pratica qualsiasi indicazione riportata e/o per la prescrizione di terapie personalizzate.