Dal Sud al Nord per curarsi, il trend torna a crescere dopo gli anni della pandemia. Il 2023 segna un aumento per le prestazioni sanitarie effettuate fuori Regione, in particolar modo per gli interventi più complessi, la cura di tumori e le protesi. Secondo i dati dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas) del ministero della Salute, la mobilità sanitaria nel solo 2023 ha coinvolto 670mila pazienti ed è costata 2,9miliardi di euro alla sanità pubblica. Tra i motivi: la qualità delle strutture e le lunghe file d’attesa.
Mobilità sanitaria tra costi e rimborsi
Sono 670mila le persone costrette o spinte a spostarsi per ottenere cure, operazioni e protesi. In Italia il saldo del 2023 è negativo, con un aumento del numero di chi non riesce a ottenere servizi sanitari nella propria Regione ed emigra. La direzione è, nella maggior parte dei casi, da Sud a Nord.
L’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas) ha presentato il resoconto del 2023, dal quale emerge un livello di mobilità che è tornato ai valori del 2018 e continua a crescere. Segnalati anche due casi positivi, dove le condizioni di accesso alla sanità migliorano, ovvero Lazio e Campania. Anche se quest’ultima è ancora prima per mobilità in uscita con 235 milioni di euro di rimborsi.
Scalzata invece la Lombardia come polo sanitario di maggiore attrazione per chi proviene dalle Regioni del Sud. Al suo posto l’Emilia-Romagna. Un esempio di mobilità in entrata e dei suoi costi è quello della Sicilia, che vede 142 milioni di euro di rimborsi destinati a Lombardia ed Emilia-Romagna (la metà del saldo negativo della Regione).
Agenas comunica inoltre un peggioramento delle condizioni in Umbria, meno attrattività e più mobilità in uscita. I dati, nel report, si traducono in una somma complessiva di rimborsi pari a 2,9 miliardi di euro (cifra che non tiene conto di chi si paga le cure nel privato).
Perché 670mila pazienti si spostano: le patologie più curate
La mobilità sanitaria non è una scelta, ma una vera e propria necessità. Infatti in alcune Regioni mancano le strutture o i posti per gli interventi di rimozione di tumori o altre operazioni complesse. Il dato maggiore è quello legato a patologie muscoloscheletriche: l’Emilia-Romagna ha un saldo di 228 milioni di euro, il doppio della Lombardia.
Ma non c’è solo questo. Anche se i dati relativi a operazioni complesse sono alti (il 16%), la maggior parte dei casi di mobilità sanitaria è legata a patologie di media complessità (53%).
Oltre a liste d’attesa troppo lunghe (una persona su 3 rinuncia alle prestazioni sanitarie) e qualità delle strutture, c’è anche il ritardo diagnostico. Dai dati emerge che nelle Regioni meridionali mancano posti letto e personale sanitario, ma soprattutto che i pazienti con malattie croniche ricevono le diagnosi con maggiore ritardo e non riescono a ottenere cure domiciliari.
C’è poi il dato laterale delle interruzioni volontarie di gravidanza (Ivg), che unisce diversi fattori. In questo caso infatti ci si sposta per motivi strutturali, ovvero la mancanza di medici che eseguono l’interruzione (dovuto all’alto numero di obiettori di coscienza che in alcune Regioni, come la Sicilia, supera l’80%) e le lunghe liste d’attesa per quei pochi nomi di medici che invece eseguono la pratica. Una donna è costretta anche a fare 300 chilometri per riuscire ad accedere al diritto di Ivg.