Le migliori regioni per la Sanità e quelle bocciate secondo i Lea

Le migliori regioni per la Sanità e quelle bocciate secondo il report del Ministero della Salute: il rapporto annuale tiene in considerazione i Lea, i Livelli essenziali di assistenza

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Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

Il Ministero della Salute ha diffuso il rapporto annuale sullo stato del Servizio sanitario nazionale per quanto riguarda i Lea, ovvero i Livelli essenziali di assistenza, quelle prestazioni fondamentali che devono essere garantite in tutte le strutture d’Italia. Il rapporto ministeriale traccia il quadro di un’Italia tagliata in due, con un Nord che brilla per la Sanità e un Mezzogiorno che arranca, ma con alcune significative eccezioni.

Le “pagelle” ministeriali che riguardano l’anno 2022 bocciano, o quantomeno rimandano, 8 regioni, quasi tutte del Sud, che non raggiungono i Livelli essenziali di assistenza in almeno una delle tre aree fra “ospedale”, “sanità territoriale” e “sistemi di prevenzione”. Sono 8 regioni nelle quali vivono 16 milioni di persone, un numero pari al 27% dell’intera popolazione.

Promosse invece 13 fra regioni e province autonome, tra le quali spiccano Veneto, Emilia, Toscana e Provincia di Trento.

Gli indicatori

Il Sistema di garanzia del ministero monitora le prestazioni offerte dalle Regioni in base a 88 indicatori. 22 di essi sono considerati core, sono cioè quelli di importanza fondamentale.

Si tratta, ad esempio, della copertura vaccinale tra i bambini, della diffusione degli screening oncologici, dalla capacità degli ospedali di operare entro 2 giorni chi ha un femore fratturato, della capacità di risposta degli operatori del 118 in caso di emergenza, e così via.

Le regioni promosse

La capacità di risposta delle varie strutture sanitarie si traduce in un punteggio. Ogni realtà territoriale deve superare la soglia minima di 60 punti. Hanno ottenuto almeno 60 punti le seguenti regioni:

  • Piemonte;
  • Lombardia;
  • Provincia autonoma di Trento;
  • Veneto;
  • Friuli-Venezia Giulia;
  • Liguria;
  • Emilia-Romagna;
  • Toscana;
  • Umbria;
  • Marche;
  • Lazio;
  • Puglia;
  • Basilicata.

Le regioni bocciate e quelle rimandate

Il fanalino di coda per quanto riguarda i Lea è la Valle d’Aosta, che “presenta un punteggio inferiore alla soglia in tutte e tre le macro-aree”, ovvero ospedale, sanità territoriale e prevenzione.

Rimandate Calabria, Sicilia e Sardegna, che presentano un punteggio sotto la soglia minima nell’area della prevenzione e in quella della sanità sul territorio più vicina al cittadino.

La Provincia autonoma di Bolzano, l’Abruzzo e il Molise non raggiungono la sufficienza per quanto riguarda la prevenzione.

La Campania lascia a desiderare sotto il profilo della sanità territoriale.

Tre le regioni che sono sotto la soglia per quanto riguarda l’assistenza domiciliare: Calabria, Friuli-Venezia Giulia e Valle d’Aosta.

Le regioni sotto soglia per quanto riguarda l’intervento rapido in caso di frattura al femore degli over 65 sono 9. Le performance peggiori sono quelle di Molise, Calabria e Sardegna.

Il divario Nord-Sud costringe ogni anno decine di migliaia di malati al cosiddetto “turismo sanitario”. Per quanto riguarda i grandi ospedali in Italia, il Meridione conta 2 soli centri di rilievo.

Stili di vita a rischio al Sud

L’Italia è tagliata in due per quanto riguarda quegli stili di vita pericolosi per la salute: l’indicatore sintetico sugli stili di vita “evidenzia situazioni di criticità in tutta l’area meridionale del Paese e decresce per quasi tutte le Regioni”. Ciò denota “un lieve aumento dei comportamenti a rischio per la salute”.

Non va meglio per gli indicatori di copertura degli screening oncologici che risultano stabili rispetto all’anno precedente. Tali indicatori “confermano una situazione complessivamente inferiore al 50% del target, in tutte e tre le campagne (carcinoma della mammella, della cervice uterina e del colon-retto) e molto diversificata tra le varie regioni: si registra infatti un’ampia variabilità regionale, con maggiori criticità per lo screening per il tumore del colon-retto, soprattutto nel Centro-Sud del Paese”.

Ma le performance del Ssn sono messe a dura prova anche dalla cronica mancanza dei medici di base e dalla carenza di infermieri.