Medici di famiglia da autonomi a dipendenti, la riforma che potrebbe rivoluzionare il Ssn

La riforma della medicina generale allo studio del Governo prevedererebbe il passaggio dei medici di famiglia da lavoratori autonomi a dipendenti del Ssn

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Claudio Carollo

Giornalista politico-economico

Classe ’88, è giornalista professionista dal 2017. Scrive di attualità economico-politica, cronaca e sport.

Pubblicato: 3 Febbraio 2025 17:55

Da autonomi a dipendenti, per una svolta che rivoluzionerebbe il ruolo dei medici di base. Già al centro del dibattito durante la gestione dell’emergenza Covid-19, il rapporto tra i medici di famiglia e il Sistema sanitario nazionale potrebbe cambiare con la riforma sul tavolo del ministro della Salute Orazio Schillaci, pronto a trasformare i camici della medicina generale in statali a tutti gli effetti, con conseguente regolarizzazione di orari e modalità di lavoro organizzati oggi in maniera autonoma.

Le novità sono state svelate dalla Dataroom di Milena Gabanelli, che sul Corriere della Sera ha riassunto i contenuti della bozza da 22 pagine del progetto di legge, su cui il Governo Meloni sarebbe al lavoro.

La riforma della medicina generale

Oltre a una partecipazione maggiore dei medici di famiglia nel Sistema sanitario nazionale evocata da più parti negli anni dalla pandemia, la riforma della medicina generale sarebbe favorita dal ricambio generazionale imminente nella categoria.

Come sottolineato a fine 2024 dal presidente dell’Istat Francesco Maria Chelli, il 77% dei medici di base ha più di 55 anni ed entro cinque anni si stimano 9.960 pensionati sui circa 37mila camici attualmente in servizio sul territorio. Un turnover che dovrebbe prevedere 8.814 nuovi ingressi, tra giovani medici favorevoli ad essere assunti come dipendenti del Ssn, piuttosto che lavorare come autonomi.

Il ministro della Salute Orazio Schillaci sarebbe intenzionato dunque a cogliere la palla al balzo e a cambiare pagina rispetto al passato, sviluppando il tentativo del predecessore Roberto Speranza di obbligare i medici di base a garantire 38 ore settimanali di servizio.

Una svolta resa oggi necessaria anche per fare funzionare le Case della Comunità, finanziate con 2 miliardi di euro del Pnrr.

Il ruolo dei medici di base

Secondo le informazioni che Dataroom è riuscita a visionare in anteprima, la bozza della riforma della medicina generale si baserebbe su tre punti centrali:

  • l’assunzione come dipendenti del Ssn dei nuovi medici di base, con la possibilità concessa ai camici in servizio di rimanere liberi professionisti;
  • la garanzia di una copertura dalle 8 alle 20 di servizi diagnostici avanzati e lo svolgimento dell’attività sia nei propri studi che nei nuovi presidi territoriali;
  • un impegno di 38 ore a settimana, suddiviso tra assistenza diretta ai pazienti e programmazione territoriale.

Il medico di famiglia dovrà quindi attenersi alle indicazioni del distretto, occupandosi sia dei propri assistiti sia della collettività, per visite, vaccinazioni e altre attività da svolgere nelle Case della Comunità e in altri ambulatori pubblici predisposti dalle Regioni.

Dal minimo tra le 5 e le 15 ore garantito oggi, a seconda del numero di pazienti, i medici di base dovrebbero assicurare un impegno così articolato, come riportato nella bozza della riforma:

  • fino a 400 assistiti – 38 ore da rendere nel distretto o sue articolazioni, delle quali 6 ore da dedicare agli assistiti e le restanti per le esigenze della programmazione territoriale;
  • da 401 a 1.000 assistiti – 12 ore da dedicare agli assistiti e le restanti per le esigenze della programmazione territoriale; 3) da 1001 a 1.200 assistiti: 18 ore da dedicare agli assistiti e le restanti per le esigenze della programmazione territoriale;
  • da 1.201 a 1.500 assistiti – 21 ore da dedicare agli assistiti e le restanti per le esigenze della programmazione territoriale;
  • oltre a 1.500 assistiti – 24 ore da dedicare agli assistiti e le restanti per le esigenze della programmazione territoriale.