I Lea (Livelli Essenziali di Assistenza) mostrano il risultato di un’Italia che, sulla Sanità, è divisa a metà: solo 13 Regioni sono state promosse, lo stesso numero del 2022.
Sono i risultati della Relazione 2023 pubblicata dal Ministero della Salute sul monitoraggio delle cure fondamentali che tutte le Regioni devono garantire gratuitamente o con ticket.
Indice
Sanità, Regioni promosse e bocciate
La Fondazione Gimbe ha analizzato la relazione ministeriale per farne una sintesi. I rapporti sui Lea sono, per così dire, pagelle della Sanità italiana che mostrano quali sono le Regioni adempienti e quelle inadempienti.
Dal 2020 lo strumento utilizzato si chiama Nsg (Nuovo Sistema di Garanzia), che prevede 88 indicatori suddivisi in tre aree:
- prevenzione collettiva e Sanità pubblica;
- assistenza distrettuale;
- assistenza ospedaliera.
Tuttavia, la “pagella” ufficiale usa solo 26 indicatori. Per essere promossa, una Regione deve ottenere almeno 60 punti in ciascuna area.
Nel 2023 risultano Regioni adempienti: Campania, Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Lombardia, Marche, Provincia Autonoma di Trento, Piemonte, Puglia, Sardegna, Toscana, Umbria e Veneto.
Campania e Sardegna rientrano tra le promosse, mentre Basilicata e Liguria retrocedono. Restano inadempienti per insufficienza in una sola area Calabria, Molise e Provincia di Bolzano, mentre Abruzzo, Sicilia e Valle d’Aosta non raggiungono la soglia in due aree. La Valle d’Aosta, in particolare, si piazza in fondo alla classifica.
La fotografia è chiara: su 13 Regioni promosse, solo tre appartengono al Sud. La Puglia ha performance simili a quelle del Nord, ma Campania e Sardegna si fermano poco sopra la sufficienza.

Sanità, adempimenti Lea anno 2023
Poiché la pagella ministeriale non fornisce un punteggio unico, la Fondazione Gimbe ha elaborato una classifica indipendente, sommando i punteggi delle tre aree.
Il risultato accentua il divario geografico: tra le prime dieci Regioni sei sono del Nord, tre del Centro e solo una del Sud. Le ultime sette posizioni, a parte la Valle d’Aosta, sono tutte occupate da Regioni meridionali.
Alcune Regioni (come Veneto, Emilia-Romagna e Toscana) si posizionano in modo uniforme nelle tre aree, segnalando una Sanità equilibrata. Altre (come Calabria, Liguria e Bolzano) mostrano squilibri interni gravi: funzionano bene in ospedale ma male sul territorio, o viceversa.

Sanità, chi sale e chi scende
Rispetto al 2022, otto Regioni peggiorano le proprie performance. Le cadute più rilevanti riguardano Basilicata (-19 punti), Lombardia (-14), Sicilia (-11) e Lazio (-10).
Questo il commento di Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione Gimbe:
La riduzione delle performance anche in Regioni storicamente solide – commenta Cartabellotta – dimostra che la tenuta del SSN non è più garantita nemmeno nei territori con maggiore disponibilità di risorse o reputazione sanitaria. È un campanello d’allarme che non può essere ignorato.
Sul fronte opposto spiccano due Regioni del Sud: Calabria (+41 punti) e Sardegna (+26). Il segnale è positivo, ma ancora insufficiente a colmare il gap nazionale.

Lea da riformare?
Il monitoraggio ministeriale, avverte Gimbe, rischia di appiattire le differenze reali. Gli indicatori sono pochi e le soglie di sufficienza troppo basse. Per questo Cartabellotta propone:
- un ampliamento del numero di indicatori utilizzati;
- una rotazione periodica dei criteri di valutazione;
- una revisione di piani di rientro e commissariamenti, che hanno migliorato i bilanci ma non la qualità dell’assistenza.