Torniamo indietro nel tempo di oltre 200 anni. Siamo nel 1817. James Parkinson descrive per la prima volta nel suo libro “Essay on the Shaking Palsy” quella che per qualcuno è diventata la malattia dei “grandi uomini”. Di Parkinson ne hanno sofferto, tra gli altri, Cassius Clay, Arafat, Mao e Brezniev, fino ad arrivare modernamente all’attore Michael J. Fox. Sono solo alcuni dei nomi che accompagnano questa condizione, che oggi in Italia interessa almeno 300.000 persone.
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Speranza dalle staminali
Sul fronte della ricerca, va detto che per la prima volta al mondo neuroni ottenuti da cellule staminali embrionali umane sono stati impiantati nel cervello di persone con la malattia di Parkinson in Europa e negli Stati Uniti, con risultati che i coordinatori delle sperimentazioni definiscono “eccellenti”.
Come riporta Ansa, la sperimentazione clinica, partita nel febbraio 2023 in Europa (in Svezia e in Gran Bretagna), è stata possibile grazie agli studi condotti da tre consorzi europei coordinati negli ultimi 16 anni dall’Università di Milano attraverso il laboratorio diretto da Elena Cattaneo.
“Il trattamento della malattie di Parkinson con le cellule staminali fa da apripista nel considerare la possibilità che simili strategie possano essere applicate anche per altre patologie neurodegenerative, come la corea di Huntington”, ha segnalato la stessa Cattaneo.
Se questo potrebbe essere il futuro, il presente si basa soprattutto sulla conoscenza e sulle cure personalizzate per una condizione sempre più diffusa. In occasione della Giornata nazionale dedicata alla malattia, una campagna della Confederazione Parkinson Italia ricorda come si tratti di una condizione che assume caratteristiche diverse in ogni paziente. Accanto al tremore, che è di gran lunga il sintomo più conosciuto, ne esistono altri – oltre 402 – che si combinano tra di loro in modo e con intensità differente in ogni persona.
Quali sono segni, sintomi ed evoluzione della malattia
Prima di tutto, sfatiamo qualche luogo comune. Non è vero che la patologia riguardi solo gli anziani, né che il sintomo unico sia il tremore e che non dia dolori. La realtà è ben diversa. Ci sono casi anche fra le persone giovani.
Uno dei segni principali è la lentezza dei movimenti (non sempre c’è tremore) e il dolore può anche essere il primo sintomo della malattia. Insomma: il quadro clinico della malattia è classicamente identificato dalla lentezza nei movimenti (bradicinesia), dalla rigidità e dal tremore, anche se quest’ultimo non è sempre presente.
I sintomi sono causati dalla degenerazione e morte di cellule di una piccola zona del cervello detta “sostanza nera” che è la zona in grado di produrre un neurotrasmettitore, la dopamina, coinvolto nel “controllo” del movimento. Non si presentano sempre una eguale intensità determinando, in relazione al prevalere dell’uno sull’altro, il manifestarsi di diverse forme cliniche.
La disabilità indotta dalla malattia di Parkinson non correla solo con il “disturbo del movimento” ma può coinvolgere anche altri sistemi quale il cardiovascolare, gastrointestinale, urinario. L’evoluzione del quadro è variabile, anche se si parla di un decorso che tende ad essere cronico e a progredire. Grazie alle cure possono esserci di stabilizzazione del quadro.
Come va gestita la patologia
“Ancora oggi c’è molta confusione sul Parkinson e si pensa che le sue uniche conseguenze siano i tremori, i problemi di movimento e di equilibrio – commenta Giangi Milesi, Presidente Confederazione Parkinson Italia. False convinzioni con cui io stesso mi sono scontrato quando – dopo la diagnosi – ho sperimentato le tante e diverse manifestazioni della malattia. Eppure, in questa molteplicità di situazioni c’è un minimo comune denominatore: la voglia di reagire e di perseguire i proprio obiettivi di vita e le proprie passioni. Da qui la scelta di dar vita a una campagna istituzionale che grazie al racconto di storie vere di reazione possa rivelare i tanti, diversi volti del Parkinson e sfatare così i luoghi comuni che lo caratterizzano”.
Il Parkinson è la malattia neurodegenerativa a più rapida crescita, con una prevalenza che è raddoppiata negli ultimi 25 anni e caratterizzata da una molteplicità di sintomi che rendono difficile la sua gestione. Ad oggi la comunità medica identifica molteplici sintomi del Parkinson, che spaziano dalla rigidità muscolare, alla lentezza e al tremore a riposo fino agli effetti sull’umore, sul sonno, sulla digestione, sulla pelle e sull’olfatto.
“Una complessità di manifestazioni che rende difficile la diagnosi e la gestione quotidiana della malattia: come medici – fa sapere Paolo Calabresi, Ordinario di Neurologia, Università Cattolica e direttore della UOC Neurologia al Policlinico Universitario A. Gemelli Irccs – siamo dunque chiamati ad aiutare le persone con Parkinson a trovare la chiave giusta per poter affrontare al meglio la propria situazione. In questo senso è molto importante che i pazienti continuino a coltivare le proprie passioni e le proprie relazioni: ciò, infatti, può contribuire ad andare oltre gli ostacoli della malattia e a mantenere un atteggiamento attivo e positivo verso il futuro”.
L’importanza di reagire
Anche umore, sonno e digestione possono essere influenzati in chi soffre di malattia di Parkinson. Ma, come ricorda la campagna, a dominare deve essere la voglia di reagire. Non per nulla tra i protagonisti ci sono Carla che si dedica all’arrampicata sportiva e Paolo che ha imparato a volare ovunque con il suo simulatore, mentre Valentina è diventata mamma e Massimiliano diffonde musica e idee nuove alla radio. Sono alcune delle storie vere di reazione di pazienti che testimoniano come il Parkinson sia “Una malattia che è cento malattie” e che ispirano la campagna, i soggetti pubblicitari e lo spot sociale che andrà in onda nel 2025 con le voci di Claudio Bisio e Lella Costa.