Rimborsi Irpef: cosa succede in caso di dichiarazione integrativa tardiva

La Corte di Cassazione sancisce il diritto al rimborso Irpef in caso di dichiarazione integrativa oltre i termini

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Pierpaolo Molinengo

Giornalista economico-finanziario

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

Cosa succede ai fini del rimborso Irpef se il contribuente presenta la dichiarazione integrativa oltre il termine di scadenza? Il diretto interessato, fortunatamente, non perde il diritto a ricevere il rimborso della maggior Irpef che ha pagato. Anche quando, per un qualsiasi motivo, dovesse aver presentato la dichiarazione integrativa in ritardo rispetto ai termini previsti dalla legge.

prendere questa importante decisione, che tutela un diritto del contribuente, è la Corte di Cassazione, che ha sottolineato che in sede di contenzioso il giudice di merito ha sempre l’obbligo di esaminare l’istanza di rimborso e valutarne la tempestività e la fondatezza. Questo indipendentemente dal termine entro il quale è stata presentata la dichiarazione. Ricordiamo che questo principio è stato più volte trattato dalla giurisprudenza tributario ed è tornato in auge proprio a seguito della decisione della suprema corte.

Dichiarazione integrativa tardiva: non si perde il diritto al rimborso

La Corte di Cassazione, con sentenza del 4 luglio 2019 n. 17956, ha fatto chiarezza sul diritto al rimborso Irpef per il contribuente che presenta la dichiarazione integrativa con il modello 730 oltre i termini, stabilendo che il rimborso è dovuto. La sentenza ha accolto il ricorso di un contribuente che nella dichiarazione dei redditi non aveva inserito alcuni oneri previdenziali deducibili, presentando successivamente una dichiarazione integrativa tardiva.

I giudici della Quinta Sezione Civile della Corte di Cassazione hanno stabilito che, nonostante la dichiarazione integrativa presentata oltre i termini, in generale non può escludersi che il contribuente abbia diritto di contestare il provvedimento impositivo con la possibilità, in sede di contenzioso, di opporsi alla pretesa tributaria fatta valere dal Fisco, allegando errori o omissioni commessi nella redazione della dichiarazione dei redditi e incidenti sull’obbligazione tributaria, indipendentemente dal termine per la presentazione e la rettifica della dichiarazione fiscale.

Quindi, il contribuente che per errore abbia dichiarato redditi superiori a quelli dovuti può opporsi in sede giudiziale alla pretesa dell’Agenzia delle Entrate, facendo valere l’estraneità, in fatto o in diritto, della dichiarazione stessa, poiché emendabile. Questo è possibile quando il contribuente non abbia pagato la maggiore imposta.

Se invece ha già pagato non può fare valere in giudizio il suo credito contro l’atto impositivo, per via del carattere impugnatorio del processo tributario, ma può solo far ricorso alle procedure di rimborso previste dalla legge nelle modalità e nei termini di decadenza previsti. In questo caso, il contribuente avrà diritto a una compensazione del credito spettante con la successiva dichiarazione dei redditi.

Rimborso Irpef: l’importanza dei termini di decadenza

Nell’accogliere il ricorso del contribuente, la Cassazione ha citato la sentenza n. 13378/2016 delle Sezioni Unite della stessa Corte, ricordando che “il rimborso dei versamenti diretti di cui all’art. 38 del D.P.R. n. 602 del 1973 è esercitabile entro il termine di decadenza di quarantotto mesi dalla data del versamento, indipendentemente da termini e modalità della dichiarazione integrativa di cui al D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8 bis”.

Attenzione, dunque, a quando si compila la dichiarazione dei redditi: verificare sempre che i dati siano corretti, anche quelli del Modello 730 precompilato, presente sul sito web dell’Agenzia delle Entrate.