L’Ucraina sta perdendo la guerra contro la Russia?

Il conflitto in Medio Oriente "ha distratto" il mondo dalla guerra in Ucraina, che però prosegue senza esclusione di colpi. Chi sta vincendo? Ecco cosa sta succedendo, con alcuni retroscena

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Maurizio Perriello

Giornalista politico-economico

Giornalista e divulgatore esperto di geopolitica, guerra e tematiche ambientali. Collabora con testate nazionali e realtà accademiche.

Di questi tempi è sempre più difficile vedere attraverso la nebbia della guerra. Il conflitto in Medio Oriente tra Israele e Hamas ha “distratto” il mondo dai combattimenti in Ucraina, come ha sottolineato Volodymyr Zelensky, temendo una perdita di interesse e supporto da parte dell’Occidente a guida Usa per la causa di Kiev contro gli occupanti russi. In realtà gli aiuti militari e umanitari verso il Paese invaso hanno continuato il loro corso, con nuovi pacchetti inviati e altri annunciati.

La situazione sul terreno rivela però una nuova fase della guerra d’Ucraina, in cui la Russia ha tentato di approfittare della “distrazione Israele” (ne avevamo parlato anche qui). Mosca ha concentrato forze e mezzi ad Avdiivka, finendo col pagare “un prezzo altissimo” secondo Kiev. Eppure ora anche l’Ue teme che l’Ucraina possa perdere. Ecco perché.

Cosa sta succedendo in Ucraina

Gli ultimi report dalle zone di guerra riferiscono che le forze ucraine continuano ad attaccare il sud della Russia con i droni, con le difese aeree russe che sono scattate nelle regioni di Tambov, Oryol e Smolensk. Nei giorni scorsi anche l’oblast di Mosca ha registrato qualche attacco: uno dei droni ha colpito l’edificio di un’impresa industriale a Kolomna. Attacchi come questi sono dovuti alla mancanza di difese aeree per proteggere tutte le strutture critiche nella parte centrale del Paese, che tende sempre a difendersi lontano dal cuore della nazione, preferendo combattere nel cosiddetto estero vicino. Ecco perché, lo ribadiamo ancora una volta, l’Ucraina rappresenta un cuscinetto strategico fondamentale per il Cremlino.

Le truppe russe continuano a mantenere caldi diversi fronti regionali. Vicino a Bakhmut, tragico simbolo del conflitto, i paracadutisti di Mosca hanno tentato disperatamente di dare man forte all’avanzata russa verso il bacino idrico di Berkhovsky e la relativa ferrovia. L’offensiva punta forte anche nelle aree boschive nei pressi del villaggio di Klishchiivka, nel Donetsk, lungo il fronte caldissimo del Donbass che dal 2014 infiamma il conflitto. Questo fronte si è livellato e ha raccolto la maggior parte degli sforzi di entrambi gli schieramenti. Ma l’operazione bellica più grande e importante di questa fase è senza dubbio quella per l’accerchiamento russo di Avdiivka. Una battaglia e una località che, come Bakhmut fino a qualche mese fa, assumono rilevanze più simboliche e politiche che di vantaggio squisitamente militare.

Secondo Zelensky, i russi attaccano Avdiivka perché “Putin ha un obiettivo cinico e specifico: è pronto a uccidere quanto potrà per mostrare almeno un risultato tattico e inizio dicembre, quando ha pianificato di annunciare la sua candidatura alle elezioni presidenziali russe del 2024“. Sempre secondo il presidente ucraino, le maggiori perdite inflitte alle forze russe ad Avdiivka “peggioreranno la posizione complessiva della Russia nella condotta della guerra”. Per valutare la realtà del terreno, bisogna come sempre il campo dalla propaganda. Ed effettivamente sembra proprio che, intorno ad Avdiivka, le forze russe stiano perdendo uomini e mezzi a un ritmo decisamente più veloce rispetto alla lunga battaglia per Bakhmut.

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Chi sta vincendo: Russia o Ucraina?

Lo scacchiere ucraino mostra però anche altre contese tattiche. Da un paio di mesi, in direzione di Zaporizhzhia, l’esercito russo ha eretto un vero e proprio muro di fuoco che impedisce alla controffensiva nemica di sfondare. Nella direzione da Rabotino a Verbnoye la situazione delle truppe ucraine sfiora contorni tragici. L’esercito di Mosca ha infatti accerchiato su tre lati gli avamposti avversari, infliggendo loro perdite molto pesanti. Dall’altra parte, Kiev per la prima volta ha confermato le indiscrezioni sulla presenza di truppe ucraine sulla sponda orientale del fiume Dnipro, dove le forze russe di erano attestate un anno fa dopo aver abbandonato la riva opposta. Una svolta che potrebbe rivelarsi decisiva, visto che la sponda orientale del Dnipro assume un ruolo strategico cruciale nell’aprire nuove linee di attacco verso la Crimea ancora occupata dai soldati di Putin.

Secondo il Cremlino, Rabotino “sarà incluso nell’elenco dei più grandi disastri militari delle forze armate ucraine”. Un elenco che “include già Illovaisk, Debaltsevo, Saur-Mogila, Mariupol e Bakhmut“. Propaganda, certo, ma qualcosa di vero c’è: diverse fonti riferiscono di una tensione crescente tra Stato maggiore ucraino e leadership di Zelensky. Le forze armate sono stanche di sacrificarsi nel “sacco di fuoco” russo di Rabotino. Come Putin, però, anche Zelensky ha bisogno di una vittoria su questo fronte per imporsi non tanto sul versante interno, quanto con gli Stati Uniti. Lo scopo è convincere l’Occidente che la guerra di liberazione ucraina può essere vinta e, dunque, deve continuare con il sostegno degli alleati.

Aiuti occidentali, timori dell’Ue e negoziati: cosa succederà

“Non c’è senso di urgenza in Europa, la situazione in Ucraina è molto grave e il fronte potrebbe rompersi. C’è la seria possibilità che la guerra venga persa“. Le parole di un diplomatico europeo, coperto dall’anonimato, rivelano tutta la preoccupazione dell’Ue. Nel frattempo Stati europei, che tentano di ritagliarsi un margine di manovra nella sfera d’influenza statunitense, come Francia e Germania annunciano l’invio di 120mila munizioni per l’Ucraina nel 2023 e 2024 “attraverso ordini specifici”. “C’è la possibilità tecnica di consegnare all’Ucraina un milione di munizioni entro il 2024“, ha sottolineato l’Alto rappresentante Ue Josep Borrell.

E veniamo alla questione dei negoziati per una tregua. “Possono iniziare in qualsiasi momento”, affermano fonti diplomatiche russe. “Ma solo se l’esercito russo lancia un’offensiva vincente“, aggiungono. Il Cremlino rifiuta tuttavia impostazioni simili a quelle costruite negli Accordi di Minsk e di Istanbul, ritenuti “un inganno da parte dell’Occidente”. La prospettiva russa della guerra è allargata: blocco occidentale contro il Sud globale. Il funzionario russo ha lasciato la porta più che socchiusa: “La Russia risponderà ‘no’ all’Occidente collettivo, ma sarà difficile dire ‘no’ all’Occidente, al Sud del mondo, alla Cina e all’India”. Tradotto: quando tutti, compresi i partner di Mosca, vorranno che la guerra finisca, allora finirà. Chiaramente questo impianto rivela una giustificazione retorica e propagandistica: il mondo intero dovrebbe volere un’offensiva vincente da parte della Russia, perché “solo così si potrà arrivare alla pace”.

Aggiungiamo un’ulteriore riflessione geopolitica. L’Ucraina territoriale riveste un valore inestimabile per la profondità strategica e difensiva russa e, in modo uguale e contrario, assume un’importanza centrale per l’espansione del blocco occidentale Usa-Ue-Nato a Est. Una volta finita la guerra, l’Ucraina perderà grandissima parte di questa sua importanza. Se la Russia cade, l’Ucraina non servirà più da estero vicino in cui difendere il cuore della nazione. E dunque l’Occidente non si svenerà più come adesso per sostenere il suo avamposto nell’Europa orientale.

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La Russia ha pronto un piano di tregua?

Altre fonti russe hanno poi fatto una rivelazione importante: la Russia avrebbe concordato in anticipo una tregua. Il piano includerebbe tutti i dossier centrali del conflitto, dal Donbass alla Crimea. Il punto fermo del Cremlino è, però, sempre lo stesso: operare un’offensiva vincente che obblighi l’Occidente a negoziare davvero la pace.

Gli analisti della Difesa russa affermano che gli Stati Uniti “saranno costretti a offrire una tregua nell’estate 2024“. Il fatto è che, stando a una statistica, l’83% degli americani ritiene che esista il rischio che il conflitto ucraino tra Stati Uniti e Russia si trasformi in una guerra nucleare. Un rischio collegato principalmente alla gestione del conflitto da parte della presidenza Biden. Le presidenziali americane potrebbero, insomma, cambiare del tutto la prospettiva e l’esito di questa guerra.