Assad è caduto e la Siria è in mano ai ribelli, le conseguenze politiche ed economiche

L'Italia ha già commesso un errore in Siria: che conseguenze avrà la caduta di Assad sul nostro Paese e sul Medio Oriente

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Matteo Runchi

Editor esperto di economia e attualità

Redattore esperto di tecnologia e esteri, scrive di attualità, cronaca ed economia

Pubblicato: 8 Dicembre 2024 15:44Aggiornato: 8 Dicembre 2024 21:00

Nella notte tra il 7 e l’8 dicembre i ribelli siriani hanno conquistato la capitale Damasco e posto fine alla dittatura di Bashar al-Assad, che durava da 24 anni. L’esercito regolare siriano si è dissolto sotto la pressione di quella che, almeno ufficialmente, doveva essere un’operazione per alleviare i bombardamenti di artiglieria sulla regione ribelle di Idlib, nel nord ovest della Siria. Prima è caduta Aleppo, poi Hama, Homs e, infine, Damasco. Assad sarebbe fuggito in aereo ma al momento non è chiaro dove si trovi. Alcuni report sostengono che il velivolo sia stato abbattuto.

La caduta di Assad cambia radicalmente gli equilibri in Medio Oriente. La Turchia, principale sostenitrice della fazione più importante dei ribelli, avrà un ruolo molto più importante che in precedenza. Russia, Iran e Hezbollah perdono invece la loro principale base operativa nell’area e risultano tra gli sconfitti. Anche l’Italia, però, esce da questa situazione con una ridotta credibilità internazionale, a causa di una mossa diplomatica del Governo Meloni, che aveva tentato negli scorsi mesi di legittimare nuovamente Assad.

Assad è caduto, cosa succederà ora in Siria

Bashar al-Assad non ha più alcun potere in Siria. Dopo quasi 25 anni, almeno 10 dei quali passati in guerra civile, il feroce dittatore siriano, succeduto nel 2000 al padre, è fuggito. Assad aveva trasformato la Siria in un narco-Stato, utilizzato armi chimiche contro la sua stessa popolazione e causato una delle peggiori crisi di rifugiati in Medio Oriente dalla Nakba palestinese.

È difficile però dire chi prenderà ora il potere in Siria e in quali regioni. I cosiddetti ribelli sono composti da numerosissime formazioni di matrice radicalmente diversa, alle quali si affiancano altre forze politiche e militari. Al momento, le fazioni che si contendono il potere sono:

  • Hayat Tahrir al-Sham (Hts). Ex braccio dell’Isis in Siria, staccatasi dallo Stato Islamico e passata al suo acerrimo nemico al-Qaida, diventata infine forza islamista nazionalista slegata da qualsiasi gruppo terrorista, è la più potente. Ha condotto l’attacco su Aleppo, controlla Hama e Homs. Ha un forte ascendente anche sulle truppe che hanno preso Damasco partendo da sud. Il suo organo di governo si chiama Governo per la Salvezza della Siria.
  • Esercito Nazionale Siriano (Sna). Stretti alleati di Hts, sono gli uomini del Governo Siriano ad Interim, sostenuto dalla Turchia. Questa istituzione è l’unico organo riconosciuto a livello internazionale sia dagli Usa che dall’Ue. Controlla alcune regioni al confine a nord ma ha spesso attaccato, oltre che l’esercito di Assad, anche le Forze Democratiche Siriane.
  • Forze Democratiche Siriane (Sdf). Coalizione a guida curda che controlla un vasto territorio a est del fiume Eufrate anche detto Rojava o Amministrazione autonoma della Siria settentrionale e orientale. Ha mantenuto un ruolo neutrale nei recenti avvenimenti, ma ha subito, dopo la caduta di Assad, un duro attacco da parte dell’Sna e ha perso il controllo della città di Manbij, che si trova a ovest del fiume. È l’unica forza presente in Siria che governa in modo democratico e con principi di laicità.
  • Esercito per la Siria Libera (Fsa). Una parte dissidente dell’esercito siriano che ha rappresentato, durante la guerra civile, la principale resistenza armata ad Assad. Negli anni ha perso rilevanza, ritirandosi in una zona desertica al confine con Giordania e Iraq, protetta dalla presenza della base americana di Al-Tanf.
  • Isis. Alcuni militanti dello Stato Islamico hanno resistito in aree desertiche della Siria centrale. Durante le ultime settimane hanno tentato di espandere la propria influenza ma sono spesso stati respinti dall’Sdf o dalla Fsa.

Queste sono solo le fazioni più rilevanti. Si tratta spesso di coalizioni a loro volta divise al loro interno su linee etniche, religiose o di semplici interessi locali. Hts sta cercando di proporsi come un attore internazionale garante di stabilità, presentandosi ad Ue e Usa come moderato, seppur islamista, con l’obiettivo di avere un rapporto con l’occidente simile a quello che ha l’Arabia Saudita. Rimane però il fatto che quasi un terzo del territorio siriano è sotto il controllo dell’Sdf. Difficilmente i curdi rinunceranno all’autonomia ottenuta combattendo l’Isis prima e Assad poi.

La Turchia, la grande vincitrice

Se c’è un vincitore, a livello internazionale, che beneficia maggiormente dalla caduta del regime di Assad, è la Turchia. Sostenitrice di una delle fazioni ribelli più potenti e sede del governo siriano riconosciuto dall’Occidente, Ankara potrebbe fare da garante al nuovo ordine costituito in Siria.

Il guadagno a livello politico è significativo. Il presidente turco Erdogan otterrebbe un’influenza sulle vicende mediorientali che la Turchia non ha più avuto dalla fine dell’Impero Ottomano. Potrebbe inoltre risolvere la disastrosa crisi migratoria che ha colpito il Paese, che oggi ospita più di 3,6 milioni di profughi siriani. Per dare un termine di paragone, sono tanti quanti gli stranieri non cittadini dell’Ue che vivono in tutta Italia.

Infine, la presenza in Siria potrebbe rappresentare anche una nuova possibilità per il dialogo con i curdi. Di recente Erdogan ha iniziato un faticoso processo di pacificazione con i curdi in Turchia, affermando che “La Repubblica di Turchia è anche dei curdi“. Nonostante le forze sostenute da Ankara abbiano già attaccato i curdi in Siria, il dialogo tra Damasco e il Rojava potrebbe affiancarsi a quello tra Erdogan e il Pkk.

Russia e Iran sconfitti, i nuovi equilibri in Medio Oriente

Se è difficile individuare chi esca vincitore da oltre 10 anni di conflitto in Siria, è semplice invece indicare chi è stato maggiormente danneggiato. Gli sponsor internazionali di Bashar al-Assad erano Russia e Iran. Putin aveva sostenuto l’alleato fin dal primo momento, impegnando truppe russe in Siria per garantire la sicurezza di Damasco e delle città costiere. La vittoria nella guerra civile nata dalla primavera araba era in parte merito dell’esercito russo.

La guerra in Ucraina ha però drenato le risorse belliche di Mosca, che dopo il fallimento nel Caucaso con l’invasione del Nagorno-Karabakh da parte dell’Azerbaijan ai danni dell’Armenia, si dimostra nuovamente incapace di difendere i propri alleati internazionali. Con la Siria, la Russia perde ogni influenza residua in Medio Oriente.

L’Iran aveva contribuito, soprattutto armando il gruppo libanese Hezbollah, a reprimere le rivolte in Siria. Pur non essendo una forza araba, Teheran si era imposta come riferimento nella zona per tutti i gruppi avversi a Israele. Damasco era una perfetta base di appoggio per un attacco a Tel Aviv e garantiva agli Ajatollah una continua potenziale minaccia al confine nord orientale di Israele. Con la caduta di Assad, questa minaccia cessa di esistere.

Da annoverare tra i perdenti anche Hezbollah. Il gruppo libanese, decapitato dalle operazioni israeliane degli ultimi mesi, perde con Assad un potente alleato. I miliziani erano stati cruciali per affermare il potere militare del dittatore siriano sulle aree del Paese che controllava e la loro assenza, dovuta agli attacchi di Israele, potrebbe essere stata tra i fattori che hanno facilitato la dissoluzione dell’esercito regolare siriano.

L’errore dell’Italia con Assad

L’Italia è da annoverare tra i Paesi danneggiati dagli ultimi eventi in Siria. Anche se il danno non è paragonabile a quello subito da Russia o Iran, negli ultimi mesi il Governo di Giorgia Meloni aveva attuato alcune mosse diplomatiche in favore di una legittimazione di Bashar al-Assad anche in occidente.

Meloni aveva deciso di far uscire l’Italia dal Syria Core Group, un gruppo diplomatico di pressione di cui facevano parte molti Paesi occidentali, sotto la coordinazione dell’Onu, che aveva lo scopo di delegittimare Assad. La sottosegretaria agli esteri Maria Tripodi aveva anche dichiarato di voler “promuovere nel gruppo un approccio non basato esclusivamente sulla contrapposizione”.

Storicamente, l’Italia ha sempre avuto un approccio più morbido e collaborativo con le dittature mediorientali e con le forze ribelli della zona rispetto agli altri Paesi europei. Durante la cosiddetta Prima Repubblica, spesso i vari governi avevano canali informali non accessibili ad altri Stati europei con il padre di Assad o con le organizzazioni palestinesi. Una politica che aveva portato anche a scontri con gli alleati americani, come nel caso dell’incidente di Sigonella nel 1985. Non sembra però che la mossa del Governo sia legata a questa tradizione.

Piuttosto, sembra che l’esecutivo sperasse di ottenere successi in ambito migratorio. I siriani sono ancora il gruppo che richiede più spesso asilo in Europa, 13.340 domande nel 2024 secondo Eurostat. Se il Governo avesse trovato un accordo con Assad, simile a quello che l’Ue ha con Erdogan o che la stessa Italia ha con le milizie libiche della cosiddetta “guardia costiera”, avrebbe potuto arrestare questo flusso dando al dittatore i mezzi per trattenere in Siria i propri connazionali. Al contempo, avrebbe facilitato i rimpatri, anche se la comunità siriana in Italia è molto piccola. Nel 2023, anno a cui risalgono i dati più aggiornati, contava solamente 6.500 persone.

Il potenziale economico della Siria per l’Italia

La caduta di Assad ha quindi fatto fallire completamente questo approccio del Governo italiano, che si trova ora a dover costruire un rapporto con le nuove autorità siriane con la fama di essere l’unico Paese occidentale ad aver tentato di dialogare con il dittatore da poco deposto. Un problema che potrebbe danneggiare il nostro Paese anche a livello economico.

Da quando è scoppiata la guerra civile, l’economia siriana è praticamente collassata. Nonostante avesse un grande potenziale, soprattutto per quanto riguarda le materie prime energetiche come il petrolio, la perdita quasi totale del controllo del territorio da parte del governo centrale aveva reso impossibili gli scambi commerciali.

Oggi la quasi totalità della ricchezza della Siria dipende dal captagon. Versione clandestina di un farmaco psicostimolante creato in Germania negli anni ’60, questa droga è molto popolare in Medio Oriente, specialmente tra i miliziani dei gruppi jihadisti. Durante la guerra civile, molti uomini vicini ad Assad si sono arricchiti grazie alla sua produzione e allo spaccio in diversi territori instabili della regione. La Siria si è trasformata in un narco-Stato.

Da un picco di esportazioni italiane di 1 miliardo di euro nel 2008, la guerra civile ha fatto crollare questo dato a 18 milioni di euro. Il potenziale per aprire un nuovo mercato ai prodotti Made in Italy esiste, in caso la Siria dovesse trovare una nuova stabilità e ricostruire la propria economia. Bisognerà però capire come le nuove forze che prenderanno il potere nel Paese si rapporteranno all’Italia.