Il dibattito sulla rappresentanza palestinese alle Nazioni Unite ha raggiunto un punto cruciale, con l’attesa decisione del Consiglio di Sicurezza sull’assegnazione di un seggio permanente alla Palestina. L’ambasciatore dell’Autorità nazionale palestinese, Riyad Mansour, ha sollevato la questione, sottolineando l’importanza di una voce ufficiale per i Territori Palestinesi in seno all’organizzazione internazionale.
La Palestina all’Onu è ora solo osservatore
Attualmente, la Palestina gode solo di un seggio in qualità di osservatore permanente, una situazione che molti ritengono non adeguata alla sua posizione geopolitica e al suo status internazionale. La richiesta di un seggio permanente è stata presentata in passato, ma nel 2011 è stata rapidamente respinta. Tuttavia, date le recenti tensioni nella Striscia di Gaza e l’urgenza di trovare una soluzione al conflitto israelo-palestinese, il Consiglio di Sicurezza si trova ora di fronte alla necessità di riesaminare questa richiesta.
Il processo decisionale prevede una fase iniziale di consultazioni tra i 15 Stati membri del Consiglio di Sicurezza, seguita da una votazione. Per approvare la mozione, sono necessari almeno nove voti favorevoli e l’assenza di veto da parte dei cinque membri permanenti. Tuttavia, l’iniziativa potrebbe incontrare resistenza da parte degli Stati Uniti e del Regno Unito, storicamente vicini ad Israele. Nonostante ciò, entrambi i paesi hanno dichiarato di sostenere la “soluzione dei due Stati”, indicando una possibile apertura alla proposta palestinese.
La decisione del Consiglio di Sicurezza sul seggio permanente della Palestina sarà assolutamente fondamentale per il futuro della regione e per gli sforzi volti a promuovere la pace e la stabilità in Medio Oriente.
La situazione in Palestina oggi
Nel frattempo, la situazione sul campo rimane tesa, con l’esercito israeliano impegnato in un’offensiva su Rafah per contrastare Hamas. Il ritiro delle truppe di alcuni giorni fa era a quanto pare solo una probabile simulazione. Al contrario, le tensioni sono cresciute ulteriormente dopo gli attacchi dei commando di Hamas dello scorso ottobre, che hanno portato a una serie di raid e violenze. Il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, ha confermato l’intenzione di proseguire l’offensiva nonostante le proteste interne e internazionali.
Nella Striscia di Gaza, la violenza ha causato un tragico tributo umano, con oltre 33.000 persone uccise nei raid dell’esercito israeliano. Il ritiro parziale delle truppe dall’area ha rivelato fosse comuni contenenti quasi 90 corpi, sollevando nuove preoccupazioni per la situazione umanitaria nella regione.
Quando si parla di Gaza, la Palestina può solo osservare
Nel 2012, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha assistito a un momento significativo quando la maggioranza dei suoi 193 membri ha votato per concedere alla Palestina lo status di osservatore non membro. Questo passaggio storico è stato sostenuto da 138 Stati membri, mentre nove hanno espresso voto contrario e 46 si sono astenuti o non hanno partecipato al voto.
Tra i paesi che hanno votato contro questa decisione vi erano gli Stati Uniti, Israele, il Canada, oltre a diverse nazioni delle isole del Pacifico, tra cui Nauru e Palau. Sebbene lo status di osservatore non membro non sia ufficialmente riconosciuto dalla Carta delle Nazioni Unite, ha una lunga storia. Inizialmente detenuto dalla Svizzera, questo status è attualmente concesso solo alla Palestina e alla Santa Sede, conosciuta anche come Vaticano.