McDonald’s compra tutti i suoi franchise in Israele per evitare il boicottaggio

Il boicottaggio è nato dopo che Paesi a maggioranza musulmana hanno preso le distanze dall'azienda, accusata di sostenere Israele

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Giorgio Pirani

Giornalista economico-culturale

Giornalista professionista esperto di tematiche di attualità, cultura ed economia. Collabora con diverse testate giornalistiche a livello nazionale.

Dopo essere stato oggetto di boicottaggio a causa del conflitto in corso tra Israele e Hamas, McDonald’s ha annunciato che riacquisterà tutti i suoi ristoranti in franchising in Israele. A riferirlo è Omri Padan, Ceo di Alonyal Limited, l’azienda che per oltre 30 anni ha gestito i franchise della catena di fast food, espandendo l’operazione a 225 ristoranti e impiegando oltre 5mila dipendenti.

Nonostante ciò, McDonald’s ha precisato tramite un comunicato che non prevede la chiusura di alcun ristorante né tagli al personale. Al momento, i dettagli finanziari dell’accordo non sono stati resi pubblici. La multinazionale è stata soggetta a campagne di boicottaggio, soprattutto dopo che Alonyal ha iniziato a distribuire pasti gratuiti ai soldati israeliani.

Il boicottaggio di McDonald’s

Diversi paesi a maggioranza musulmana, come Kuwait, Malesia e Pakistan, hanno preso le distanze dall’azienda a causa delle sue presunte simpatie filo-israeliane. Nel corso degli ultimi mesi, il boicottaggio si è diffuso anche al di fuori del Medio Oriente, con manifestazioni di protesta che hanno coinvolto diversi paesi nel mondo, compresa l’Italia. Per la prima volta in quasi quattro anni, l’azienda non ha raggiunto i suoi obiettivi di vendita per via del conflitto e del suo impatto registratosi anche in altri Paesi al di fuori di Israele, come in Francia o in Indonesia. I vertici di McDonald’s hanno definito l’attacco “infondato e scoraggiante”.

Assumendo il controllo diretto delle operazioni in Israele, l’azienda mira a ripristinare la sua reputazione nel Medio Oriente e raggiungere i suoi obiettivi di vendita, che sono diminuiti negli ultimi anni, aggravati soprattutto dall’inizio della guerra lo scorso ottobre. Attualmente, l’azienda si basa principalmente su migliaia di operatori franchising indipendenti che gestiscono la maggior parte dei suoi oltre 40.000 ristoranti in tutto il mondo, con circa il 5% di essi situato nel Medio Oriente.

Vendite in calo dall’inizio della guerra

La campagna di boicottaggio contro le aziende e multinazionali che sostengono Israele, guidata principalmente dalla rete palestinese BDS – boicottaggio, disinvestimento e sanzioni, sembra stia iniziando a dare i suoi primi risultati tangibili. Nelle scorse settimane Ian Border, il direttore finanziario di McDonald’s, ha affermato che le vendite del gruppo diminuiranno nel trimestre attuale a causa del conflitto in corso nel Medio Oriente.

Dichiarazioni che hanno provocato un crollo del 3,9% delle azioni della compagnia, con una perdita di quasi 7 miliardi di dollari in un solo giorno, il mercoledì 13 marzo. La crescita delle vendite per la divisione della catena di fast food per il Medio Oriente, Cina e India nel periodo ottobre-dicembre è stata solo dello 0,7%, molto al di sotto delle aspettative del mercato del 5,5%.

La ragione principale di questo declino è attribuita al fatto che McDonald’s è stato preso di mira nella campagna di boicottaggio in solidarietà alla popolazione palestinese, a causa del suo supporto a Israele. “Finché questo conflitto continuerà, non ci aspettiamo alcun miglioramento significativo”, ha dichiarato l’amministratore delegato dell’azienda Chris Kempczinski.

Il caso di McDonald’s rappresenta un esempio tangibile del potere del boicottaggio e suggerisce che per le imprese potrebbe essere più costoso mantenere relazioni commerciali con Israele. La famosa azienda di fast-food è solo una tra i numerosi marchi che sono stati colpiti dai boicottaggi. Tra gli altri si annoverano Burger King, Starbucks, Puma, Danone, Carrefour, Coca-Cola, Nestlé, Intel, L’Oreal e Estée Lauder.