Pagamenti, così le grandi aziende penalizzano le Pmi

Il ritardo nel saldo delle fatture concordate aumenta a causa della situazione economica sfavorevole. E quasi una fattura su 10 non viene onorata

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Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

Non è solo la pubblica amministrazione a saldare le fatture ai fornitori con ritardi di mesi. Anche nel settore privato i pagamenti in ritardo sono una realtà consolidata. E a farne le maggiori spese sono le piccole e medie imprese committenti di realtà più grandi. Le Pmi vengono così costrette a sostenere costi immediati, nei quali riescono a rientrare solo dopo diverse settimane. La situazione è complicata dalla stretta che le banche hanno imposto al credito.

Ritardi nei pagamenti delle aziende

Nel 2023 i ritardi nel saldo delle fatture crescono, dopo un 2022 virtuoso. Lo certificano i dati elaborati da Cerved, società attiva nel campo della reportistica aziendale, del recupero crediti e degli studi di settore. I dati Cerved sono stati elaborati analizzando le abitudini di 3 milioni di imprese italiane. È di 66,8 giorni la media del ritardo nel saldo delle fatture concordate nel primo trimestre del 2023. Nello stesso periodo del 2022 la media era di 65,2 giorni.

È l’industria il macrosettore in cui i tempi dei pagamenti si sono allungati maggiormente: si parla di quattro giorni in più rispetto al 2022, da 65,9 a 69,9. E crescono anche i ritardi: da 6,9 a 7,3 giorni.
Nelle costruzioni i giorni di ritardo raggiungono i 10,6.
Nei servizi, settore che vede la maggiore concentrazione di micro imprese, le tempistiche nei pagamenti sono generalmente più basse e si assestano su un arco che va dai 10 ai 20 giorni in meno rispetto a costruzioni e industria. Nei servizi i ritardi sono in lieve ma costante calo.
I settori energivori, che hanno particolarmente risentito dell’aumento vertiginoso dei prezzi di energia e materie prime, registrano un grande allungamento delle scadenze: le aziende di raffinazione petrolifera pagano a quasi 80 giorni in più rispetto al 2022; le aziende che producono accumulatori e batterie pagano a oltre 61 giorni; le aziende cartarie a circa 50 così come quelle siderurgiche.

Aumentano poi i ritardi nei pagamenti nel settore dell’allevamento dei bovini, dove le scadenze vengono sforate di quasi 10 giorni.
Sono 9 i giorni di ritardo nei pagamenti nel settore trasporti aerei e nei servizi di vigilanza.
Si parla di 7,3 giorni nel settore radio e TV, e di 6,5 giorni nell’estrazione di idrocarburi e nella produzione di conserve ittiche.

Aziende insolventi in Italia

Ma c’è una problematica ancora maggiore, ovvero quella dei mancati pagamenti: in Italia quasi una fattura su 10 non viene saldata. Per la precisione si parla del 9,7% dei pagamenti (+0,3% sul 2022).

Nelle micro imprese il fenomeno è salito del +0,5%, mentre nelle Pmi è salito del +0,8%. Nelle grandi aziende la statistica, in linea con la media italiana, è ferma allo 0,3%.

Di seguito i settori con la più alta percentuale di insolvenze (il dato indicato è relativo al primo trimestre del 2023, fra parentesi è riportato l’andamento percentuale rispetto al primo trimestre 2022). Come si noterà, quasi tutti i settori riportano un aumento nei tempi medi dei pagamenti, ad eccezione dei trasporti ferroviari, della maglieria, degli autonoleggi e dell’industria cartiera:

  • allevamento dei bovini – 56,4% (+46,5%)
  • agenzie di pubblicità – 43,6% (+10,1%)
  • trasporti ferroviari – 43% (-12,5%)
  • editoria di quotidiani e periodici – 31,4% (+8,2%)
  • produzione di motori non elettrici – 28,2% (+12,6%)
  • industria discografica – 20% (+10,4%)
  • industria ferrotranviaria 18% – (-12,8%)
  • distribuzione locale di energia 15,2% – (+8,3%)
  • costruzioni 13% – (+1%)
  • produzione di maglieria e biancheria intima 11,8% – (-12,6%)
  • servizi 9,7% – (+0,2%)
  • industria 7,9% – (+0,5%)
  • autonoleggi 5,4% – (-8,6%)
  • carta per uso domestico 3,8% – (-7,1%)

“Le abitudini di pagamento sono un termometro importante da monitorare per cogliere tempestivamente possibili segnali d’allarme”, spiega Andrea Mignanelli, amministratore delegato di Cerved. “La congiuntura economica che stiamo attraversando, caratterizzata da alta inflazione e rialzo dei tassi di interesse, ha generato un deterioramento dei fondamentali finanziari delle imprese: il conseguente il calo della domanda, l’aumento dei costi, la frenata della redditività e la riacutizzazione del rischio hanno portato, da un lato, a rinegoziare i tempi di pagamento, dall’altro, dove questo non è stato possibile, ad aumentare i ritardi e le insolvenze”.

Ritardo nei pagamenti della pubblica amministrazione

Questa era la situazione sul fronte del lavoro privato relativamente ai rapporti fra le imprese. C’è poi il filone relativo ai pagamenti della pubblica amministrazione. Se da una parte una serie di soggetti pubblici hanno ridotto sensibilmente i tempi dei pagamenti, una miriade di Comuni si confermano campioni nel ritardo.