Quota 103: a chi conviene andare in pensione nel 2023

Con l'approvazione della nuova Legge di Bilancio gli aventi diritto potranno lasciare il lavoro con Quota 103, ma nona tutti conviene

L’anticipo pensionistico in vigore quest’anno è Quota 103 che consente l’accesso a 62 anni e 41 anni di contributi. Ma conviene davvero a tutti? Prima di rispondere a questa domanda è bene capire come funziona Quota 103 nel dettaglio.

Quota 103, i beneficiari 

Destinatari della misura di anticipo pensionistico sono tutti i lavoratori del settore privato e pubblico, compresi i lavoratori autonomi e gli iscritti alla Gestione Separata Inps. Quota 103 non trova, invece, applicazione nei confronti del personale militare delle Forze Armate, delle Forze di Polizia e di polizia penitenziaria, del personale operativo del Corpo dei Vigili del Fuoco e della Guardia di Finanza, nonché dei Liberi professionisti iscritti alle rispettive Casse di riferimento.  

In pensione con Quota 103, a chi conviene

Come noto, Quota 103 consente a chi durante il 2023 raggiunge i 62 anni di età e matura almeno 41 anni di contributi. Così possono usarla coloro che sono nati entro il 1961 e che hanno cominciato a lavorare entro il 1982. Ma fissate le condizioni basilari, non è detto che chi si trovi in quelle condizioni abbia sempre da guadagnare dal ricorrere al nuovo meccanismo. 

In base alle simulazioni di calcolo, non tutte le classi di età hanno interesse ad anticipare l’uscita dal lavoro rispetto al pensionamento di vecchiaia a 67 anni. Sostanzialmente, solo i nati nel 1961 e con 41 anni di contributi ne traggono vantaggio. La cosa che infatti bisogna sempre tener presente per sapere quanto si prenderà di pensione è che più è alta l’età anagrafica, maggiore è l’importo liquidato. In base ai coefficienti di trasformazione, quindi, andare in pensione a 62 con Quota 103, benché con 41 anni di contributi alle spalle, equivale a una perdita potenziale di almeno il 17,1% di rendita rispetto alla pensione di vecchiaia a 67 anni di età.

Quota 103, gli aspetti da valutare

Bisogna inoltre valutare che Quota 103 non è cumulabile con i redditi da lavoro autonomo e dipendente tranne con il reddito da lavoro autonomo occasionale fino a 5 mila euro lordi all’anno. Se si supera tale limite, la pensione quota 103 dovrebbe essere sospesa per l’anno in cui si è sforato e le mensilità già erogate dovrebbero essere recuperate dall’Inps. La legge di Bilancio prevede che coloro che utilizzeranno Quota 103 avranno l’assegno intero se questo arriva a 5 volte il trattamento minimo Inps: dunque, fino a circa 2.600 euro lordi. Se, invece, dovessero avere diritto a un importo maggiore, dovranno rinunciare a ottenere la fetta eccedente fino al raggiungimento dei 67 anni di età. È una delle “penalizzazioni” prevista dalla manovra. 

Ma vale la pena perdere questi emolumenti per uscire prima dal lavoro? Dipende dai casi, però in linea di massima chi può avere una pensione sopra i 2.600 euro vuol dire che ha anche uno stipendio medio-alto: non è detto che allora convenga lasciare il lavoro in anticipo pagando un pegno tanto elevato. 

Da valutare anche l’accesso alla pensione anticipata con la riforma Fornero che si ottiene per le donne a 41 anni e dieci mesi e per gli uomini a 42 anni e dieci mesi, a prescindere dall’età anagrafica senza decurtazione. 

Attenzione, allora, a Quota 103. Può essere un vantaggio, in definitiva, ma solo per coloro che hanno 62 anni di età e 41 anni di contributi e che potranno avere al massimo una pensione fino a 2.600 euro lordi circa mensili. Per tutti gli altri, la valutazione va fatta caso per caso, in base alla specifica condizione retributiva e alla condizione di vita nella quale ci si trova.