La modifica introdotta dal Governo nella bozza della legge di bilancio che legava Opzione donna, cioè la possibilità di pensionamento anticipato per le lavoratrici, al numero dei figli, potrebbe saltare. Il dietrofront dovrebbe arrivare a causa dei rischi di incostituzionalità sollevati da alcuni giuristi. Si tornerebbe così alla misura originaria, con una proroga di almeno un anno. Il passo indietro però solleva nuove perplessità sulla coperture utilizzate per finanziare i capitoli della manovra che riguardano le pensioni, con una mini riforma previdenziale che rischia di scontentare milioni di italiani.
La nuova Opzione donna in base al numero di figli delle lavoratrici
Il lavoro sul testo approvato dal Consiglio dei Ministri non è ancora concluso. L’iter prevede il suo arrivo in Parlamento, dove potrebbe subire importanti modifiche. Nel comunicato di Palazzo Chigi che annunciava la manovra, venivano spiegate le seguenti regole che riguardavano Opzione donna per il 2023.
- Pensionamento a 58 anni con 35 anni o più di contributi per le lavoratrici con due figli o più.
- Pensionamento a 59 anni con 35 anni o più di contributi per le lavoratrici con un figlio.
- Pensionamento a 60 anni con 35 anni o più di contributi per le lavoratrici senza figli.
Nel documento tuttavia il capitolo in questione risulta ancora vuoto. Il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali starebbe infatti valutando di confermare fino al 31 dicembre 2023 la norma attuale, che prevede invece il pensionamento anticipato per le lavoratrici con 35 anni o più di contributo a 58 anni di età per le dipendenti e 59 anni per le autonome.
Perché il Governo sta facendo dietrofront su “Opzione mamma”
La modifica in base allo status di madre, con la discriminante sul numero di figli, sarebbe stata aggiunta per abbassare la spesa, restringendo la platea di beneficiarie. Fonti del Ministero dell’Economia e delle Finanze avrebbero giustificato l’assenza della norma nel testo adducendo a problemi di coperture. Tuttavia anche nella versione attuale Opzione donna vale circa 100 milioni di euro, costi non esorbitanti considerando i volumi complessivi della futura legge di bilancio.
La vera motivazione dietro il dietrofront del Governo presieduto da Giorgia Meloni sarebbe piuttosto l’aspetto della norma che rischia di penalizzare le lavoratrici senza figli o con meno figli. La norma è “discriminatoria” secondo diversi esponenti del PD, mentre il Movimento 5 Stelle parla addirittura di un “deciso sapore di Ventennio fascista che si infrange di fronte alla Costituzione”.
“Opzione mamma”, come è stata ribattezzata da qualcuno, sarebbe risultata addirittura incostituzionale per gli esperti della materia. E dopo le pressioni del Ministero del Lavoro delle Politiche sociali, ora la palla è passata al Ministero dell’Economia e delle Finanze, che dovrà verificare l’esistenza delle coperture necessarie senza la stretta pensata in base al numero dei figli. Oltre alla proroga di un anno della misura nella forma attuale, si pensa anche al posticipo del trattamento di fine servizio per le lavoratrici del settore pubblico.
Il capitolo pensioni, comunque, è destinato a continuare a far discutere l’opinione pubblica e i sindacati, considerando che, a fronte degli aumenti delle minime annunciati in pompa magna, in realtà, milioni di pensionati avranno un assegno mensile più basso del previsto, come spiegato qua. Anche sul tema lavoro ci sono delle perplessità, come quelle sollevate dal ritorno dei voucher per il lavoro occasionale.