L’iter per il taglio alle cosiddette pensioni d’oro procede, la proposta di legge è stata depositata in commissione Lavoro alla Camera. Si alza l’asticella di reddito, che passa da 80mila a 90mila euro annui, al di sopra di questa soglia scatta il ricalcolo dell’assegno previdenziale con sistema contributivo. I relativi risparmi, nell’idea della maggioranza, confluiranno in un fondo presso il Ministero del Lavoro per finanziare l’aumento delle pensioni minime e sociali, portandole ai 780 euro che corrispondono al reddito e alla pensione di cittadinanza. Il sito delle piccole-medie imprese pmi.it ha simulato calcoli e applicazioni pratiche.
CHI RIGUARDA IL TAGLIO – La rimodulazione riguarda i soli trattamenti INPS, dunque dipendenti, autonomi, forme sostitutive ed esonerative. Ha valore retroattivo, dunque riguarda anche le pensioni in essere. Il taglio si applica anche nel caso in cui il pensionato riceva più trattamenti previdenziali, per le quote che eccedono la soglia dei 4.500 euro netti al mese (90mila annui). La decurtazione, però, non può in ogni caso portare la pensione sotto i 4500 euro netti al mese. Il ricalcolo non si applica invece ai trattamenti di invalidità, alle pensioni di reversibilità e alle vittime del dovere o del terrorismo.
IL RICALCOLO CONTRIBUTIVO – Il ricalcolo dell’assegno oltre quota 4.500 euro mensili dipenderò dall’età in cui il pensionato si è ritirato dal lavoro, maggiormente colpito sarà chi è andato in pensione con forte anticipo rispetto al requisito di vecchiaia. Il taglio è dunque modulato in modo tale da applicarsi alle sole quote retributive della pensione.
Sul piano meramente tecnico, il calcolo viene effettuato nel seguente modo: la quota retributiva della pensione viene ridotta in base al rapporto fra il coefficiente di trasformazione applicato al momento del pensionamento e quello relativo alla pensione di vecchiaia (in base a una tabella contenuta nel progetto di legge che di fatto depura il calcolo dagli aumenti delle aspettative di vita, che non devono penalizzare i pensionati che si sono ritirati prima dei relativi scatti). Il coefficiente di trasformazione non può mai essere inferiore a 57 anni. In pratica, applicando questo calcolo, si ottengono decurtazioni che possono arrivare fino al 20% della pensione.
IL TETTO – Alle pensioni in essere si applica il nuovo calcolo a partire dall’entrata in vigore della norma, senza che si debbano restituire somme arretrate. In caso di approvazione, dal 2019 le pensioni potranno superare i 90mila euro lordi annui solo se calcolate interamente con il contributivo, ossia se sono i contributi effettivamente versati a determinare l’intera pensione. Se invece ci sono quote retributive, l’assegno complessivo non potrà superare i 4500 euro netti al mese ma il ricalcolo non potrà nemmeno portare l’assegno al di sotto di questa cifra.
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