In Italia gli anziani sono sempre di più, vivono più a lungo, ma ricevono meno assistenza. È il paradosso che emerge analizzando i dati dell’ultimo Rapporto annuale Istat. Dal documento si notano, fra le altre cose, i dettagli in merito alla spesa pubblica per la popolazione over 65, in un Paese che nel 2025 vedrà gli ultrasessantacinquenni superare il 24,7% della popolazione totale. Si tratta di un aumento di quasi 1,7 milioni di persone in un solo decennio.
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Cala la spesa per gli anziani
La spesa previdenziale, vale a dire quella per le pensioni e rendite, rimane la voce principale del sistema di protezione sociale in Italia: nel 2024 ha raggiunto i 400,4 miliardi di euro, di cui ben 336 destinati a pensioni e rendite. Si tratta del 68,2% della spesa sociale complessiva.
Tuttavia, se si guarda ai servizi socio-assistenziali, cioè quelli che garantiscono concretamente cura, assistenza domiciliare, strutture residenziali, il quadro è molto diverso.
Dal 2012 al 2022 la spesa sociale specificamente rivolta alla popolazione anziana è diminuita del -14% in termini reali. A fronte di una popolazione over 65 in forte crescita, la spesa media per anziano è passata da 107 a 93 euro annui. Anche il numero di utenti presi in carico dai servizi sociali è sceso: da 4,8 ogni 100 anziani nel 2012 a 3,9 nel 2022.
Sud fanalino di coda
Ma ciò che colpisce di più è il divario territoriale della spesa media per anziano:
- nel Nord-Est è di 174 euro;
- nel Sud scende a 40 euro.
In Calabria si arriva a un minimo di 19 euro, contro i quasi 1.500 euro spesi nella Provincia autonoma di Bolzano.
Le diseguaglianze si riflettono anche nella copertura dei servizi. Nelle strutture residenziali vive:
- lo 0,1% degli anziani del Sud,
- il 2,2% del Nord-Est.
Il servizio sociale professionale, viene specificato, ha preso in carico un numero decrescente di persone anziane: da oltre 596.000 utenti nel 2012 (4,8 ogni 100 anziani residenti) a meno di 550.000 nel 2022 (3,9 utenti per 100 anziani residenti).
E l’assistenza domiciliare con colf e badanti segue lo stesso schema: 47 euro al Nord-Est, appena 21 al Sud.
Altri importanti strumenti di supporto alle persone con limitata autonomia sono i centri diurni e le strutture residenziali comunali o convenzionate con i Comuni.
Per la gestione delle strutture residenziali comunali e per l’integrazione delle rette pagate dalle famiglie per l’accoglienza in strutture private, i Comuni hanno speso 525 milioni di euro nel 2022. Gli utenti serviti, circa 106.000, sono diminuiti leggermente dal 2012, passando dallo 0,9% allo 0,8% dei potenziali beneficiari, quota che varia dal 2,2% al Nord-Est allo 0,1% al Sud.
Il risultato è un’Italia in cui l’accesso alla cura e all’assistenza dipende più dal codice di avviamento postale che dal bisogno effettivo.
I Comuni, cui spetta la competenza sui servizi sociali, hanno aumentato la spesa del +27% dal 2012 al 2022, ma le risorse dedicate agli anziani sono state erose dal peso crescente di altri interventi dedicati al Welfare. Le Regioni a statuto speciale, fatta eccezione per la Sicilia, offrono livelli di tutela più elevati, ma restano un’eccezione.
I grandi anziani
Nel frattempo, gli anziani di 80 anni e più (i cosiddetti “grandi anziani”) sono saliti a 4,6 milioni e superano ormai il numero dei bambini sotto i 10 anni. Sono proprio loro i più esposti all’insufficienza dei servizi pubblici: spesso non autosufficienti, fragili, bisognosi di cure continue.