Pensioni: Quota 100 resta nel 2021, Quota 41 nel 2022?

Con l'esaurimento di Quota 100 nel 2021, la riforma previdenziale torna a contemplare i 41 anni di contributi.

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Paolo Viganò

Giornalista di attualità politico-economica

Classe 1974, giornalista professionista dal 2003, si occupa prevalentemente di politica, geopolitica e attualità economica, con diverse divagazioni in ambito sportivo e musicale.

Pubblicato: 7 Luglio 2020 08:57

Con l’esaurimento della parentesi triennale di Quota 100 – per cui va evitato che si crei il cosiddetto scalone -, nel 2021 torna in agenda la riforma previdenziale e la ricerca di formule che permettano di accedere alla pensione anticipata per chi non riesce a soddisfare i requisiti richiesta dalla misura anticipata prevista dalla riforma Fornero (42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini, 41 anni e 10 mesi per le donne).

Quota 100 sarà comunque confermata per tutto il 2021, come ha confermato il sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta del Pd: “Verrà fatta finire al 2021, in questo contesto di crisi profonda può considerarsi un ammortizzatore sociale”.

Cavallo di battaglia della Lega, torna in campo fra le altre l’ipotesi Quota 41 per tutti, indipendentemente dall’età e senza paletti (come avviene attualmente essendo la misura dedicata solo ad un platea molto ristretta di possibili beneficiari).

Al di là degli orientamenti parlamentari, l’ostacolo maggiore – specie in questo momento di emergenza – è di carattere economico. La misura se messa in pratica dovrebbe costare, alle casse dell Stato, circa 12 miliardi di euro solo per il primo anno.

Come funziona quota 41

Vediamo come funziona al momento quota 41.
I requisiti per accedervi:

  • almeno 12 mesi di contributi versati, non per forza continuativi, prima del compimento dei 19 anni di età;
  • 41 anni di contributi maturati (da qui il termine ‘quota 41’);
  • appartenenza ad una delle 5 categorie tutelate (disoccupati, invalidi, caregiver, lavori usuranti, lavori gravosi).

Quota 41 è riservata solamente alle seguenti categorie:

  • dipendenti e autonomi con invalidità accertata pari o superiore al 74%;
  • dipendenti disoccupati a seguito di licenziamento o dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale, e che abbiano concluso integralmente la prestazione per la disoccupazione loro spettante da almeno tre mesi;
  • caregiver: ossia coloro che assistono, al momento della richiesta e da almeno sei mesi, il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap in situazione di gravità. I cosiddetti caregiver;
  • lavoratori che svolgono da almeno sei anni all’interno degli ultimi sette attività lavorative usuranti e gravose;