L’Inps ha pubblicato i dati relativi alle pensioni per il 2024. Lo scorso anno sono stati erogati 1,4 milioni di nuovi trattamenti, dal valore di 15 miliardi di euro, divisi circa a metà tra previdenziali e assistenziali. Le cifre mostrano però anche un grosso squilibrio tra gli importi degli assegni pensionistici di uomini e donne.
Almeno nel settore privato, il gender gap lavorativo si riflette pesantemente nella previdenza. Anche se l’analisi dei dati rivela una situazione meno drammatica di quanto appaia in superficie, il divario è comunque presente.
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Le pensioni delle donne valgono meno di quelle degli uomini
All’inizio del 2025, il 53% delle pensioni erogate dall’Inps a lavoratori del settore privato, siano esse assistenziali o previdenziali, non superava i 750 euro al mese. Questo dato è però il risultato di un forte squilibrio tra i generi.
Sotto i 750 euro:
- il 40,3% delle pensioni degli uomini;
- il 64,1% delle pensioni delle donne.
Il divario rimane anche per le pensioni tra i 750 e i 1.500 euro, che sono:
- il 19% di quelle degli uomini;
- il 24,8% di quelle delle donne.
Il dato si inverte, di molto, solo quando si superano i 1.500 euro. Dai 1.500 ai 3.000 euro di pensione, gli assegni rappresentano:
- il 33,3% del totale di quelle degli uomini;
- poco meno del 10% di quelle delle donne.
Divario ancora più ampio per gli assegni oltre i 3.000 euro, che sono:
- il 7,8% del totale se si guarda agli uomini;
- l’1,2% se si guarda alle donne.
Pensioni, non pensionati: la precisazione dell’Inps
Lo stesso documento riassuntivo dei dati dell’Osservatorio dell’Inps tiene a sottolineare che i dati parlano di pensioni, non di pensionati. Sono infatti molti i casi di persone che ricevono più di un trattamento pensionistico o che hanno altri redditi oltre alla previdenza sociale, pur avendo smesso di lavorare.
A dimostrazione di ciò, l’Inps evidenzia che di 9,6 milioni di pensioni sotto i 750 euro, solo il 43,1% beneficia delle prestazioni dedicate a chi ha un reddito particolarmente basso, come:
- l’integrazione al minimo;
- le maggiorazioni sociali;
- l’invalidità civile;
- gli assegni sociali.
Perché le pensioni delle donne sono così basse
A determinare l’importo di una pensione contribuisce soprattutto la carriera lavorativa di chi la percepisce. Di conseguenza, il gender gap (divario di genere) esistente all’interno del mercato del lavoro italiano finisce per riflettersi al momento del pensionamento. Il primo dato rilevante è quello dell’occupazione.
Il 72% degli uomini in età da lavoro era occupato a gennaio 2025. Per le donne, questo dato scende al 53,5%. E non è un problema di disoccupazione. Buona parte delle donne che non lavorano sono inattive, quindi non stanno cercando un impiego: sono 7,8 milioni.
Per chi non ha raggiunto almeno 20 anni di contributi, la pensione in Italia arriva a 67 anni di età ed è al massimo di 538,68 euro al mese per 13 mensilità. Buona parte del divario pensionistico deriva dalla combinazione di questi due dati. Le donne lavorano meno e, di conseguenza, prendono pensioni più basse.
A questo si aggiunge che, anche quando lavorano, nel nostro Paese le donne sono pagate circa il 10,4% in meno degli uomini secondo ODM Consulting. Il gender pay gap si manifesta come una remunerazione minore a pari responsabilità per una donna rispetto a un uomo, sia per la difficoltà di accesso delle donne ai ruoli più importanti e meglio pagati.