La scure del governo Meloni si è abbattuta, oltre che sulla Rai e sull’Inail, anche e soprattutto sull’Inps, dove il presidente Pasquale Tridico è stato sollevato dall’incarico prima della scadenza del mandato. Un segnale marcatamente politico, laddove Tridico era stato scelto dal Movimento 5 Stelle, che segna il cambio della guardia al vertice degli enti principali. Verrà azzerato il Consiglio di amministrazione, che nel caso dell’Inps sarebbe rimasto in carica per un altro anno. Il nuovo commissario nominato per ciascun ente avrà fino a 90 giorni per apportare tutte le modifiche previste dal decreto. Che potrebbe cambiare le carte in tavola riguardo alla riforma delle pensioni. Vediamo come e perché.
Il commissario
Nei prossimi giorni sarà nominato un commissario straordinario in attesa di un accordo politico nell’ambito della maggioranza sulla nomina del nuovo “volto” dell’INPS, secondo le indiscrezioni destinato ad un esponente dei Fratelli d’Italia. Situazione che potrebbe in qualche modo favorire una ripresa del dibattito su un tema politicamente forte come quello della riforma delle pensioni, caro tanto alla Lega quanto a FdI, laddove Tridico ha sempre frenato sulle questioni di sostenibilità.
Niente riforma nel 2023/24
Del resto sullo scoglio delle coperture economiche si è già incagliato anche il governo, che nel DEF ha dato la precedenza al taglio del cuneo fiscale e che non prevede interventi su pensioni e flat tax nella prossima legge di Bilancio, che al momento poggia su circa 4 miliardi del tutto insufficienti a riformare il sistema previdenziale. Che significa niente proroga di Quota 103 e obiettivo su Quota 41, anche se non per tutti, nell’arco della legislatura. Dunque nessuna novità nel 2023 e, con tutta probabilità, nemmeno nel 2024. Al contrario, l’assenza nel DEF di risorse dedicate alla riforma potrebbe persino preludere a una stretta sui requisiti.
La rabbia di Tridico
Se la riforma delle pensioni si allontana, con orizzonte spostato a dopo il 2024, la polemica sul commissariamento di Inps e Inail è di natura squisitamente politica. Da parte sua il presidente Inps Pasquale Tridico si è detto “sbalordito” dalla scelta. In un’intervista al Fatto quotidiano ha detto di averlo saputo “dalla stampa. Non ho ancora ricevuto nemmeno una chiamata di cortesia da parte del governo”. Per Tridico, sostituire una carica la sua tramite decreto “è un segnale di una gravità istituzionale enorme che dimostra l’intento politico che c’è dietro, un attacco all’ente e alla sua autonomia, ma anche al sistema di welfare che esso rappresenta”. In questo modo, infatti, “si insinua il dubbio che queste istituzioni non siano indipendenti e se ne mina l’autonomia”.
Secondo il presidente, l’Inps “è in un ottimo momento: dal 2018 la produttività è salita del 20%, i tempi di liquidazione delle prestazioni si sono ridotti del 15%, i dipendenti sono passati da 25 a 29 mila. Non c’era nessuna ragione tecnica per commissariare l’ente”. Introdurre l’istituto nel cosiddetto spoils system, quando attualmente ne è escluso perché “gode di autonomia e indipendenza garantiti per legge”, sarebbe “una pessima scelta”.
Opzione Donna già ‘ristretta’
Intanto le opposizioni chiedono in Parlamento che venga allentata la stretta introdotta dal governo con l’ultima legge di bilancio su requisiti e platea per Opzione Donna. Le mozioni di Pd e M5S chiedono il ripristino della misura nella stessa versione in vigore nel 2022, che garantiva l’uscita anticipata, con il ricalcolo contributivo dell’assegno, a 58 anni d’età (59 per le lavoratrici autonome) e 35 anni di contributi. Mozioni bocciate dalla Camera, che ha invece dato semaforo verde a una mozione della maggioranza sul ricorso a “specifiche iniziative per contrastare il divario pensionistico di genere, attestato dai dati sull’andamento delle pensioni erogate dall’Inps”.