Dopo il Superbonus ristrutturare costa di più, manodopera e materie prime alle stelle

Anche a causa della fine del Superbonus, i costi per ristrutturare casa e per i cantieri pubblici restano elevatissimi: cos'è cambiato

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Federica Petrucci

Editor esperta di economia e attualità

Laureata in Scienze Politiche presso l'Università di Palermo e Consulente del Lavoro abilitato.

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Dopo l’esplosione del Superbonus, oggi, con la fine degli incentivi più generosi e la graduale normalizzazione dei mercati, ristrutturare casa o portare avanti un cantiere pubblico costa comunque di più, molto di più, rispetto a pochi anni fa.

Secondo le ultime analisi, i prezzi dei materiali da costruzione restano in media superiori del 30-40% rispetto ai valori di riferimento pre-pandemia. Una tempesta perfetta che mette in difficoltà sia le imprese edili private, sia le amministrazioni impegnate a completare le opere finanziate con i fondi europei.

Il caro materiali non si ferma dopo il Superbonus

Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (Mit) e l’Ance, l’Associazione nazionale dei costruttori edili, concordano su un punto: il fenomeno dell’aumento dei costi non è più solo congiunturale.

Nato durante la pandemia, con il blocco delle catene di approvvigionamento globali e l’impennata dei costi energetici, il caro materiali ha trovato un potente amplificatore proprio nel Superbonus 110%.

Lo confermava anche uno studio della Banca d’Italia dello scorso anno, intitolato The role of the Superbonus in the growth of italian construction costs: circa il 50% dell’aumento complessivo dei costi di costruzione tra il 2021 e il 2023 sarebbe riconducibile direttamente agli effetti del Superbonus.

L’incentivo, pur avendo stimolato un boom di lavori, ha generato una domanda straordinaria di materiali e manodopera, con il risultato che i prezzi sono stati gonfiati fino al +13% solo per effetto diretto delle agevolazioni fiscali.

Le imprese si sono trovate così a competere per acquistare cemento, acciaio, legno e isolanti in un mercato saturo, mentre i fornitori hanno potuto alzare i listini a livelli mai visti. A questo si sono aggiunti i costi energetici e logistici, oltre ai ritardi cronici nella revisione dei prezzari pubblici, che non riescono a tenere il passo con la realtà.

Il rischio blocco per i cantieri pubblici del Pnrr

La situazione è diventata particolarmente critica per le opere pubbliche legate al Pnrr, che devono essere concluse entro giugno 2026.

La deputata Erica Mazzetti (Forza Italia) ha recentemente sollevato il problema in Commissione Ambiente della Camera, parlando di “rischio di blocco dei cantieri” per gli extracosti delle materie prime, che in media superano del 30-40% i prezzi di aggiudicazione originari.

L’Ance stima che manchino almeno 4,5 miliardi di euro per coprire le richieste di compensazione presentate dalle imprese: 2,5 miliardi per i costi già sostenuti nel 2024 e altri 2 miliardi per il 2026.

Senza queste risorse, molte opere pubbliche potrebbero non arrivare in fondo, compromettendo anche la capacità dell’Italia di rispettare i target europei del Piano di Ripresa e Resilienza.

Anche le ristrutturazioni private costano di più

Gli effetti del caro materiali non si limitano ai cantieri pubblici. Anche chi oggi vuole ristrutturare casa, magari dopo aver rinunciato al Superbonus, si trova davanti a preventivi più alti del 25-35% rispetto al 2019.

Il costo di una ristrutturazione media (rifacimento impianti, infissi, isolamento e tinteggiatura) è passato, secondo le stime delle associazioni di categoria, da circa 900 euro/m² a oltre 1.200 euro/m², con punte che superano i 1.400 euro nelle grandi città.

E se il Superbonus aveva reso sostenibili questi importi grazie alla detrazione totale, oggi i bonus edilizi residui (come il 50% per le ristrutturazioni o il 65% per l’efficienza energetica) non bastano a compensare la crescita dei costi.

Inoltre, la stretta sullo sconto in fattura e la cessione del credito, ora limitata solo a condomini, onlus e zone terremotate, ha ridotto drasticamente la liquidità disponibile nel settore.

La fine del Superbonus al 110% lascia quindi un’eredità complessa, un comparto edilizio cresciuto in modo disordinato, fortemente dipendente dagli incentivi pubblici, e ora messo alla prova da margini ridotti e prezzi elevati.

Gli esperti avvertono che senza una strategia di medio periodo, che contempli la revisione dei bonus, la digitalizzazione delle procedure e la stabilizzazione dei prezzari,  il rischio è quello di una nuova fase di stallo dei cantieri e di una perdita di fiducia da parte delle imprese.