È tornato Alessandro Michele. A Parigi ha sfilato la prima collezione designata per Valentino, l’evento più atteso della Fashion Week. Atmosfere oniriche e sognanti: grande entusiasmo degli addetti al settore per il nuovo corso della maison, ora sotto la guida dello stilista romano, celebre per aver diretto Gucci come direttore creativo, approdato a Valentino dopo l’addio di Pierpaolo piccioli.
In una lettera condivisa online al termine della sfilata Pavillon des Folies, Michele riprende il dialogo con il pubblico e lo fa attraverso il linguaggio aulico a cui ci aveva abituato durante la sua direzione creativa da Gucci. “La bellezza può costituire un rimedio all’angoscia che si genera di fronte alla natura caduca e indeterminata del nostro destino. Un ancoraggio per navigare all’interno di quel «pavillon des folies» che chiamiamo vita. Tutt’altro che fugace e inconsistente, la bellezza è, infatti, in grado di produrre conforto e di accoglierci in un abbraccio che conserva il calore dei corpi”.
Nel testo il designer cita, tra gli altri, Michel de Montaigne, Martin Heidegger e Théophile Gautier. Concetti di bellezza che il défilé co-ed interpreta attraverso una sapiente rielaborazione dell’archivio di Valentino Garavani, una rimodulazione contemporanea che guarda soprattutto agli anni Settanta, epoca indubbiamente affine all’estetica di Michele.
Un ri-debutto da superstar quello andato in scena al Pavillon des Folies nel corso di questa settimana della moda di Parigi, dedicata alle collezioni per la prossima primavera estate. La passerella è un pavimento di specchi rotti, che si snoda tra sedute e suppellettili ricoperti da drappi bianchi. Una sorta di spazio inabitato dove il tempo è sospeso e tutto evoca un senso di frammentazione, per invitare a riflettere sulla percezione della realtà.
Bluse romantiche, fiocchi e volant, pois, collant e guanti di pizzo, gorgiere fatte di rouches, occhiali, cinturine, foulard indossati come copricapi. Una moda di rievocazioni, accenni bohémien, romanticismo, atmosfere oniriche e fiabesche. Una collezione ricca, forse più vicina al mondo della haute couture più che al prêt-à-porter, per raccontare il senso della bellezza. “La bellezza può costituire un rimedio all’angoscia che si genera di fronte alla natura caduca e indeterminata del nostro destino – si legge in alcuni passaggi delle note in sala -. Tutt’altro che fugace e inconsistente, è infatti in grado di produrre conforto e di accoglierci in un abbraccio che conserva il calore dei corpi. La sua è una funzione riparatrice: culla la fragilità e cicatrizza il disordine del reale”.