Secondo i dati Coldiretti/Ixè, ben 38 milioni di italiani si sono concessi almeno un giorno di vacanza, generando una spesa complessiva di 24,6 miliardi di euro. Numeri che confermano il turismo come uno dei pilastri dell’economia nazionale, ma che mettono in luce un cambiamento significativo nelle abitudini di spesa: i viaggiatori destinano più risorse al cibo che agli alloggi, segnalando una trasformazione culturale oltre che economica.
Quanto hanno speso gli italiani in vacanza
La spesa media a persona si è attestata sui 648 euro, con forti differenze tra le diverse fasce di reddito e tipologie di viaggiatori. Nel dettaglio:
- il 33% dei turisti ha speso meno di 500 euro;
- il 47% si è collocato nella fascia compresa tra 500 e 1.000 euro, la più popolata;
- il 17% ha speso tra 1.000 e 2.000 euro, mentre solo il 3% ha superato questa cifra.
Questi dati evidenziano come la maggioranza degli italiani preferisca un controllo attento del budget, senza però rinunciare del tutto a momenti di svago e consumo. La scelta di rimanere nella fascia “media” di spesa rispecchia una certa prudenza, coerente con il contesto di incertezza economica, ma allo stesso tempo testimonia la volontà di vivere un’esperienza completa, che vada oltre il semplice soggiorno.
In cosa spendono di più gli italiani in vacanza
Il dato più sorprendente riguarda però la destinazione della spesa. Per la prima volta con chiarezza, un terzo della spesa turistica è stato riservato al cibo, superando i costi per l’alloggio.
Questo fenomeno racconta molto della società italiana contemporanea. L’esperienza gastronomica è ormai considerata parte integrante e irrinunciabile della vacanza. Mangiare fuori, provare piatti tipici, partecipare a degustazioni non è più un “extra”.
Come è cambiata la vacanza
Un altro elemento significativo è la durata delle vacanze. Oltre un terzo dei viaggiatori (34%) si è limitato a un soggiorno breve, tra i 4 giorni e una settimana. Il 25% ha scelto vacanze più lunghe, tra una e due settimane, mentre il 13% si è concesso appena tre giorni. La durata media complessiva delle ferie si è attestata a 9,7 giorni, circa due in meno rispetto a dieci anni fa.
Questa riduzione non è casuale. È il risultato combinato di fattori economici (inflazione e costo della vita), organizzativi (maggiore difficoltà a conciliare ferie lunghe con il lavoro) e culturali (la crescente popolarità dei “micro-viaggi” e delle vacanze spezzate durante l’anno o comunque in periodi e luoghi lontani dall’overturism). L’Italia si sta orientando verso un modello di turismo più sostenibile, frequente e meno esteso, che privilegia la qualità e la varietà rispetto alla quantità.
Il boom del turismo esperienziale
A conferma di questa tendenza, il 2025 ha visto crescere il cosiddetto turismo esperienziale: quasi 4 italiani su 10 (39%) hanno partecipato ad attività come visite guidate in cantine, frantoi, caseifici o birrifici, senza dimenticare i corsi di cucina.
È un turismo che non si limita a osservare, ma che vuole vivere in prima persona le tradizioni locali, portando a casa non solo souvenir materiali, ma competenze, racconti ed esperienze condivise.
Dal punto di vista economico, questa evoluzione ha conseguenze rilevanti, perché rafforza le filiere agroalimentari locali, che beneficiano direttamente della spesa dei turisti, ma favorisce anche la diffusione del turismo nei territori rurali, con ricadute positive per aree spesso marginali e stimola nuove forme di imprenditorialità legate al turismo esperienziale e all’ospitalità diffusa.
La sfida per i prossimi anni sarà quella di consolidare questo trend e renderlo sostenibile.