Simone Guidarelli e le costruzioni armoniche delle immagini

Il Fashion Stylist più famoso d’Italia si racconta attraverso il modo - tutto personale- d’immaginare le cose.

Foto di Paolo Gelmi

Paolo Gelmi

Esperto di moda e lifestyle maschile

Esperto di moda e lifestyle, è stato direttore di svariate riviste cartacee nel settore luxury.

Determinato, creativo, originale, vulcanico e intraprendente: questi sono solo alcuni degli aggettivi per descrivere Simone Guidarelli, uno dei fashion stylist più famosi d’Italia. Marchigiano di origine, Simone scoprirà e alimenterà il proprio talento nella città di Milano e attraverso alcune esperienze all’estero, insieme ad una grandissima gavetta, è riuscito con il tempo ad affermarsi nel Fashion system, facendosi apprezzare dalla stampa e dal grande pubblico. La creatività di Simone è richiesta dai magazine più importanti del fashion e Lifestyle, per il suo originale ed elegante modo d’interpretare la moda: tra questi uno su tutti il settimanale Vanity Fair Italia, oppure lo storico mensile femminile “Glamour”.

Uno stile, quello di Simone, davvero unico ed originale, capace di rinnovarsi con il passare delle stagioni e delle tendenze, rimanendo comunque sempre fedele alla sua innata visione e al suo talento creativo. Amato dai più grandi fotografi di moda e da moltissime celebrities nazionali ed internazionali per la sua grande sensibilità di ricercare, attraverso le sue scelte cromatiche, capi d’abbigliamento capaci di creare, mediante le sue visioni, outfit in grado di alimentare ed esaltare la bellezza di chi li indossa. La sua consulenza è di grande supporto per molte maison, in quanto contribuisce a dare animo, colore ed eleganza alle proprie collezioni e sfilate. Tra queste ne citiamo alcune, come “Elisabetta Franchi” e “Chiara Boni” oppure marchi extra settore come quello dell’automotive Bentley.

Simone non vuole rimanere imprigionato nel ruolo di stylist di successo, sente la necessità di esplorare sino a che punto ci si possa spingere per dare ossigeno e vita, alla propria creatività e al proprio personale modo di interpretare la moda e gli universi ad essa collegati, come il design e l’arredo. Da vero Peter Pan è riuscito ha mantenere intatta la propria anima fanciullesca, capace di catturare la vera essenza di una visione creativa multi sfaccettata, colorata e geniale.

Questo è uno dei tanti motivi per cui ad un certo punto della sua brillante carriera, Simone decide di lanciare sul mercato il proprio marchio e le sue collezioni, che spaziano da creazione d’abbigliamento come i suoi famosi kimono, con stampe disegnate personalmente da lui, ma anche felpe, camicie e cappelli; sino alle sue rinomate carte da parati, che da molte stagioni colorano la Design Week, catalizzando l’attenzione di architetti, stampa e consumatori finali, vincendo puntualmente e meritatamente molto premi dedicati a questo settore. Le stampe disegnate da Simone Guidarelli sono il fil rouge di ogni singola creazione, che sia essa di moda o design. Sono stampe figlie del pensiero creativo di questo stylist vulcanico e sognatore, capace di attirare a se l’interesse della stampa e della gente comune che immancabilmente lui catapulta nel suo originale “mondo”, fatto di emozioni, colori, natura, fantasia e libertà, dove il confine tra sogno e realtà diventa davvero labile.

QF Lifestyle ha deciso d’incontrarlo per farsi raccontare qualcosa in più di lui, del suo percorso professionale e di quello che presenterà durante la prossima Design Week in calendario dal 17 al 23 Aprile a Milano.

Quando hai capito che la professione dello Stylist sarebbe stato il tuo lavoro?
In realtà non l’ho capito subito. Ho lavorato per circa 7 anni facendo l’assistente stylist (la famosa gavetta ) lavorando per pochi soldi e tanta passione. Ho lavorato con tanti fotografi famosissimi in quegli anni e tante top model, la cosa che ho imparato è sicuramente quella come si dice “ stare nelle cose”: rispettare i ruoli e la gerarchia, dire la mia opinione solo se richiesta, sono cresciuto in un momento storico dove gli assistenti mangiavano in un tavolo a parte e mai con i redattori o i fotografi. É un lavoro in cui non ti senti mai pronto per spiccare il volo perché quando fai l’assistente il tuo compito è quello di soddisfare i desideri degli altri. Poi un giorno, e mi ricordo l’attimo preciso, mi sono detto: se vuoi che qualcosa accada nella tua vita devi far in modo o mettere un’azione per far si che accada. Lasciai la redattrice con la quale lavoravo e mi dissi ora sono pronto, dopo 7 lunghi anni, per iniziare il mio percorso. Lì ho sentito profondamente che quella sarebbe stata la mia strada, infatti il mio primo lavoro fu a New York con Patrick Demarchelier.

 Quali sono le doti che non devono assolutamente mancare nella tua professione?
Educazione, pazienza, curiosità (per me è il motore di tutto) cultura, perché se non conosci non puoi nemmeno immaginare, il nostro lavoro è quello di immaginare ciò che gli altri non vedono.

 Quali sono le difficoltà maggiori che si incontrano nel dover decidere il look di una modella per uno shooting o per una sfilata?
Per me il momento più bello, io sono istintivo, la prima scelta è quella giusta. Ascolto tutti, il designer, le esigenze commerciali, tutte le richieste, ma alla fine io ho già un’idea precisa sia delle modelle che di un moodboard che condivido e spiego. Per me è fondamentale che gli altri capiscano (ed è per questo che le motivo) le scelte che faccio. Amo lavorare in gruppo, ma non amo perdere tempo in indecisioni o chiacchiere inutili. Se scegli me è perché conosci il tipo di donna e femminilità che amo, quindi non trovo difficoltà nelle scelte da fare, anzi è un momento bellissimo se hai le idee chiare. Poi l’esperienza aiuta.

C’è stato un professionista che ti ha ispirato più di altri nella tua carriera?
Sì, sono un appassionato di danza contemporanea e sicuramente Pina Bausch, Alessandra Ferri o tantissimi film del regista Wim Wenders o la musica è per me fonte di ispirazione, Io penso per immagini e quindi tutto ciò che è visivo ed ha una costruzione armonica dell’immagine mi colpisce e diventa uno spunto per riflettere e immaginare. Infatti sto iniziando a fare la regia di alcuni video.

Se potessi scegliere un personaggio del passato quale ti sarebbe piaciuto vestire?
Sicuramente Lady Diana. Amavo la sua forza e una forma di delicata malinconia che mi ha sempre attratto, inoltre ha rotto gli schemi indossando stilisti che avevano un animo rock, insieme ci saremmo divertiti molto.

 Oltre allo stylist per magazine importanti e per le sfilate, sei diventato un creativo a tutto tondo e hai creato un tuo brand, kimono, camicie, felpe accessori vari, carte da parati……cosa ti ha spinto in questa direzione?
Da anni lavoro come stylist con tanti Designer che mi chiedono Moodboard, idee, riempire con il mio mondo scatole bianche e dare loro colore. Ho pensato che era ora di farlo anche per me. Continuo nelle mie numerose collaborazioni, ma avevo voglia di creare e far conoscere al mondo anche questo lato di me, anche con delle scelte precise, tutti i miei prodotti sono Made in Italy, le stampe sono fatte tassativamente a Como con solo seta e cotoni italiani. E’ durissima scontrarsi con il resto del mercato, ma chi acquista il mio prodotto lo riacquista ancora riconoscendo la qualità del prodotto stesso, inoltre amano avere un pezzettino della mia narrazione e del mio mondo sulla loro pelle.

 Cosa presenterai alla prossima Design Week?
Presenterò di nuovo la mia Carta da parati con nuovi colori della Exotic Jungle, in particolare il color avorio. Verrà presentata a Milano presso il Macha Cafè in Via Savona 25, stenderemo 380 metri di carta da parati con le mie scimmiette ladre di fiori. Il progetto l’ho chiamato “ VOLEUR DE FLEURS “ proprio per questo. Sarà come mangiare immersi in una giungla metropolitana. Spero che diventi il luogo più instagrammabile di Milano. La carta da parati è 100 % eco ossia priva di elastami, ed è stato un lavoro di ricerca durato anni che insieme ai miei distributori Officinarkitettura abbiamo portato a buon fine, anche le poltrone e le sedute come la nuova panca “LOVE BENCH” realizzata con Matrix International è stampata su un tessuto completamente riciclato.

Se dovessi dare un consiglio ad un giovane che vuole intraprendere un percorso professionale simile al tuo quale sarebbe?
Consiglierei di studiare e di non pensare al mio lavoro come l’ho fatto io, ma di cercare un nuovo modo di comunicare la moda, di guardare avanti, di non emulare cose già esistenti, di guardare nella direzione opposta e di cercare nell’unico luogo dove non siamo più abituati a guardare: nella nostra storia, da dove veniamo, nei nostri ricordi. Bisogna partire da noi per raccontare qualcosa, oggi copiamo, emuliamo, ripetiamo, invece dobbiamo ritornare a noi. Li abbiamo tutto ciò che ci serve, e soprattutto di non aver paura di essere un fiore blu in un campo di margherite bianche.

 Come è cambiata la percezione della moda e di conseguenza il tuo lavoro negli ultimi anni con l’avvento del digital e dei social?
In 10 anni è cambiato tutto. Io sono stato tra i primi ad usare i social e ricordo di come molti guardavano con disprezzo il mio esibizionismo (secondo loro) la mia vita è rimasta sempre uguale io ero folle anche senza social. Io amo i giovani e amo la tecnologia, per me è come avere una macchina, dipende sempre come guidi. Io cerco di essere sempre prudente. Per me il vero problema è che sono diventati anche i social un contenitore di noiosi wannabe. O mi racconti qualcosa di intelligente o mi annoi mortalmente. Sono un pò stufo di gente che passeggia con giacche e vestitini orrendi e make up che sembrano usciti dagli anni 90. Sono stufo delle cose inutili. La Moda come l’ha vista la mia generazione è finita e la vera verità è che nessuno ha la risposta a questo cambiamento. Continuiamo a creare team digital, strategie, ma non generiamo più vera aspirazione, non desideriamo più veramente. Ci vorrebbe una certa rieducazione al bello. Per questo da un paio di mesi ho creato una rubrica su Instagram e Tik Tok dove spiego dei classici della moda: come il carré di Hermes o il bustier di Vivienne Westwood, perché vorrei far capire che dietro ad alcuni prodotti del passato ci sono dei visionari che hanno avuto delle idee e se è così perché dietro c’è un duro lavoro, tante ore di sapienti operai.

Dove vedi Simone Guidarelli tra 10 anni?
Tra 10 anni non lo so. Spero di crescere nel mio progetto e di trovare un produttore che voglia investire sul mio progetto di abbigliamento, su quello ho le idee chiare. Di sicuro a realizzare sogni, come dico sempre ho più idee da realizzare che vita.