L’estate 2025, caratterizzata da temperature torride, siccità prolungata e fenomeni climatici estremi, ha messo in luce la straordinaria capacità di adattamento della vite. In alcune regioni del Sud, infatti, si stanno già raccogliendo i primi grappoli maturi. La vendemmia è iniziata in anticipo, ma non è un caso raro, solo una tendenza che si ripete sempre più di frequente negli ultimi anni.
Il cambiamento climatico ha modificato il calendario della viticoltura, ma il 2025 segna un’accelerazione ancora più netta.
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La vendemmia arriva prima nel 2025
La principale causa dell’anticipo della vendemmia è, ancora una volta, il caldo estremo. Le alte temperature hanno accelerato i cicli di maturazione dell’uva, connotando la stagione 2025 come una delle più calde e siccitose degli ultimi decenni. Eppure la vite, pianta rustica e resiliente, ha risposto con tenacia, mantenendo nella maggior parte dei casi una qualità da buona a ottima.
Secondo Coldiretti, la produzione stimata è di circa 45 milioni di ettolitri, in linea con gli anni precedenti, nonostante le difficoltà climatiche.
I viticoltori hanno affrontato numerosi ostacoli, tra cui siccità, costi in aumento per l’irrigazione e la difesa fitosanitaria, nonché i timori legati a malattie fungine come la peronospora, che lo scorso anno aveva colpito duramente le vigne.
Tuttavia, nel 2025, l’incidenza di queste patologie è rimasta sotto controllo, così come quella di parassiti alieni, spesso protagonisti negativi della stagione estiva.
Le regioni messe meglio
La fotografia della vendemmia 2025 è estremamente variegata, a testimonianza della diversità pedoclimatica del nostro Paese. Alcune regioni registrano risultati incoraggianti, mentre altre fanno i conti con cali produttivi e preoccupazioni legate allo stress idrico.
Tra le regioni messe meglio spiccano:
- Puglia, dove si stima una crescita della produzione del 20% rispetto al 2024 – le viti hanno risposto molto bene alle condizioni climatiche, restituendo uve abbondanti e di alta qualità;
- Trentino-Alto Adige, che grazie a un clima più stabile ha beneficiato di un incremento produttivo tra il 5% e il 10% – ottime le aspettative per i bianchi aromatici, vera eccellenza del territorio;
- Calabria, dove quasi tutte le province registrano un aumento della produzione tra il 10% e il 15%, tranne l’area del Crotonese, penalizzata da gelate primaverili;
- Molise, dove si registra un’annata particolarmente positiva per i vitigni Trebbiano e Montepulciano;
- Basilicata, che ha goduto di condizioni favorevoli nei momenti chiave del ciclo vegetativo;
- Veneto, che conferma rese in linea con il 2024 e ottime prospettive per il Prosecco, e dalla Toscana, dove il Sangiovese ha goduto di un andamento climatico perfetto.
Sul versante opposto, tra le regioni messe peggio troviamo:
- Sardegna, dove la situazione idrica è preoccupante, soprattutto nella zona del Sassarese e della Nurra – la produzione oscilla leggermente sopra o sotto la media, a seconda delle province;
- Lazio, che registra un calo rispetto al 2024, con qualità comunque buona, ma rese ridotte in alcune aree per il caldo eccessivo;
- Friuli Venezia Giulia, dove le aree collinari hanno sofferto per la mancanza d’acqua, con cali per Pinot Grigio e Tocai friulano;
- Umbria, che ha vissuto un’annata complicata a causa del caldo estremo e di alcuni focolai di peronospora;
- Liguria, che conferma le difficoltà logistiche delle aree terrazzate, aggravate dalla scarsità d’acqua, anche se la qualità resta alta.
Secondo Coldiretti, il comparto del vino italiano vale oltre 14 miliardi di euro, con 241.000 imprese coinvolte su 675.000 ettari di vigneti. Le regioni più produttive restano Veneto, Sicilia e Puglia.
Tuttavia, mentre nei campi si raccolgono i frutti di mesi di lavoro, il settore guarda anche ai mercati globali. Le esportazioni sono messe alla prova da ostacoli come i dazi imposti dagli Stati Uniti, primo mercato per valore del vino italiano.