Export in affanno, ma il cibo Made in Italy conquista l’estero

Export italiano in calo (-2,3%), ma l'agroalimentare vola (+3,5%). Il Made in Italy a tavola salva il Tricolore

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Federica Petrucci

Editor esperta di economia e attualità

Laureata in Scienze Politiche presso l'Università di Palermo e Consulente del Lavoro abilitato.

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L’export italiano mostra segni di affaticamento. I dati Istat relativi al commercio con l’estero e ai prezzi all’import di maggio offrono un quadro chiaro e articolato: le esportazioni complessive diminuiscono del 2,3% su base mensile e dell’1,9% rispetto a maggio 2024, una flessione che si aggrava se si considera il calo del 4,3% in termini di volume.

Tuttavia, in questo scenario non mancano le eccezioni positive. In particolare, il settore agroalimentare continua a crescere, registrando un aumento delle esportazioni del +3,5% su base annua a maggio. Un segnale che conferma ancora una volta la forza e l’attrattività del Made in Italy a tavola.

Export Italiano in frenata: cosa dicono i dati

La frenata dell’export italiano appare evidente a più livelli. Su base mensile, la contrazione è stata significativa sia nei rapporti con i Paesi Ue (-1,7%) sia, e ancor di più, con quelli extra Ue (-3,1%). Una tendenza negativa che si estende anche al trimestre marzo-maggio, dove si registra un calo dell’1,2% rispetto ai tre mesi precedenti.

La riduzione annua dell’1,9% in valore si traduce in una contrazione ancora più marcata in volume, pari al 4,3%, a conferma che il calo non è solo dovuto a fattori di prezzo ma anche alla diminuzione effettiva delle quantità esportate.

L’export verso l’extra Ue crolla del 4,6%, mentre verso l’Unione Europea cresce appena dello 0,7%, salvando in parte il dato complessivo.

La causa principale di questa debolezza va ricercata nei settori a maggiore intensità tecnologica e industriale: i macchinari e apparecchiature registrano un calo del 4,1%, i computer, apparecchi elettronici e ottici del 15,9%, mentre gli articoli sportivi, strumenti musicali e medici crollano del 15,1%. Si tratta di comparti chiave per il posizionamento internazionale del nostro paese, la cui debolezza riflette in parte il rallentamento della domanda globale, in parte la crescente competizione, soprattutto dall’Asia.

Chi frena (e chi traina) le esportazioni italiane

Guardando alle singole destinazioni geografiche, i Paesi che contribuiscono maggiormente alla flessione dell’export sono

  • Cina (-22,6%);
  • Turchia (-22,5%);
  • Paesi Bassi (-8,4%);
  • Regno Unito (-7,4%).

È un segnale preoccupante, che sottolinea quanto sia fragile la nostra capacità di mantenere quote di mercato nei contesti globali più dinamici o politicamente instabili.

Allo stesso tempo, ci sono mercati che continuano a premiare il Made in Italy:

  • Spagna (+15,6%);
  • Svizzera (+9,2%);
  • Stati Uniti (+2,6%).

Questi tre hanno fornito i contributi positivi più rilevanti nel mese di maggio. Si tratta di partner storici e consolidati per l’export italiano, e la loro crescita lascia intendere che, nonostante la crisi, i fondamentali legati alla qualità italiana sono ancora riconosciuti e ricercati.

L’agroalimentare tiene alta la bandiera del Made in Italy

In questo quadro di flessione, spicca un dato positivo che merita attenzione, ovvero quello delle esportazioni di prodotti alimentari, bevande e tabacco sono cresciute del +3,5% su base annua a maggio 2025. Si tratta di una conferma ulteriore della resilienza di questo settore, che già nel periodo gennaio-maggio aveva registrato un aumento del +5%.

Il cibo italiano — dalla pasta al vino, dall’olio d’oliva ai formaggi — continua a conquistare nuovi mercati e a consolidare la propria posizione in quelli storici.

La crescita della domanda internazionale per il Made in Italy alimentare è favorita da più fattori:

  • la qualità riconosciuta;
  • la capacità del settore di innovarsi e adattarsi alle esigenze del consumatore globale (si pensi al biologico, al packaging sostenibile, alle certificazioni Dop/Igp);
  • la crescente sensibilità mondiale verso una dieta mediterranea e salutare.

Non è un caso che, in un contesto in cui le famiglie internazionali riducono le spese in molti comparti, quelle destinate all’alimentazione premium restino relativamente stabili o addirittura crescano. Il marchio Italia, in questo senso, resta un potente strumento di marketing e valore aggiunto.

I dati Istat, quindi, raccontano una doppia realtà.

  1. un export italiano in affanno, penalizzato dalla frenata dell’industria e dalla difficoltà a competere in alcuni mercati chiave.
  2. un settore agroalimentare che continua a crescere e a sostenere l’immagine del Made in Italy nel mondo.

In un contesto globale instabile, tra dazi, prezzi delle materie prime volatili e un rallentamento dell’economia, dovuto anche a dinamiche interne come l’inflazione,  l’Italia deve puntare sulla valorizzazione delle eccellenze che funzionano.

Il Made in Italy alimentare si dimostra ancora una volta non solo un vanto culturale e identitario, ma anche un asset strategico per l’economia nazionale.