Come era assolutamente lecito immaginarsi, la pandemia ha avuto un effetto dirompente sui sistemi sanitari di tutto il mondo, riportando il tema al centro dell’agenda politica.
Ma quanto spendono i Paesi per il sistema sanitario rispetto al Pil? E qual è stata l’evoluzione della spesa dal 1990 a oggi nei paesi più sviluppati del pianeta? Proviamo insieme a fare un po’ di chiarezza, accennando infine anche ai dati più aggiornati e relativi al 2022 e al 2023.
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Prima del Covid-19: negli USA la spesa sanitaria maggiore
Se guardiamo al rapporto tra spesa sanitaria e Pil, a differenza di quello che forse si potrebbe pensare, al primo posto della classifica tra i Paesi più sviluppati al mondo si posizionano gli Stati Uniti che, nel 2019, registravano una spesa pari al 16,8% del prodotto interno lordo nazionale. A seguire si piazzava la Germania con l’11,7%, la Svizzera con l’11,3% e la Francia con l’11,1%.
Ma come mai è così alta la spesa sanitaria negli Usa? Ecco alcuni numeri che aiutano a comprendere il motivo: solo per il diabete la spesa calcolata ha superato i 100 miliardi di dollari, per la cardiopatia ischemica 88,1 miliardi e per il dolore alla schiena e cervicalgia 87,6 miliardi.
E l’italia? Tra gli oltre 40 Paesi citati nel rapporto OCSE, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, in che posizione si classifica il Belpaese?
Sempre con riferimento ai dati del 2019, l’Italia si trova al 21esimo posto dietro a nazioni come Cile, Finlandia, Spagna e Nuova Zelanda. Nell’ultimo anno pre-Covid la spesa sanitaria nello Stivale si fermava infatti all’8,7% del PIL.
Effetto Covid: cresciuta la spesa sanitaria
L’arrivo della pandemia ha però determinato una sorta di terremoto, inevitabilmente cambiando l’andamento della spesa sanitaria nel 2020. In questo caso sono presenti i dati solo di alcune nazioni, ma offrono comunque un quadro significativo.
In Germania, per esempio, la spesa è passata dal 11,69% del Pil del 2019 al 12,53% del 2020, in Francia dall’11,11% al 12,37%, in Svezia dal 10,92% al 11,44%.
Come prevedibile, tutti i Paesi sembrano quindi confermare un trend in crescita o in forte crescita. Nel Regno Unito l’incremento è stato addirittura di 2.6 punti in un solo anno. E l’Italia? Nel nostro Paese – secondo le stime OCSE – la spesa sanitaria in percentuale rispetto al Pil, nel 2020 ha raggiunto quasi i 10 punti, passando dall’8,66% del 2019 al 9,71% dell’anno successivo. Un incremento inevitabile anche all’interno dei confini nazionali, dove peraltro la pandemia è scoppiata prima che altrove nel continente europeo (e su queste cifre influì anche il famoso caso dei banchi a rotelle, poi venduti ad un euro).
L’evoluzione della spesa sanitaria in Italia
E, prima del Covid, com’è cambiata negli anni la spesa sanitaria rispetto al Pil in Italia? Ebbene, se paragoniamo i numeri di oggi a quelli di trent’anni fa, vediamo una crescita di quasi 2 punti percentuali. Infatti, dal dato di poco inferiore al 7% (6,99%) del 1990 siamo passati all’8,67% del 2019.
Non si è però trattato di una crescita costante, perché nel mezzo non sono mancate inversioni di marcia. Tra il 2009 e il 2019 il dato è infatti addirittura diminuito. Nel 2009 la spesa sanitaria era pari all’8,95% del PIL mentre dieci anni dopo era scesa di 0.28 punti. Quindi l’andamento va attentamente considerato nel suo complesso, per individuarne ‘alti’ e ‘bassi’.
Com’è calcolato il dato?
La spesa sanitaria misura il consumo finale di beni e servizi sanitari (ossia la spesa sanitaria corrente), compresa l’assistenza sanitaria personale (cure curative, riabilitative, a lungo termine, servizi ausiliari e beni medici) e i servizi collettivi (prevenzione e servizi di sanità pubblica così come l’amministrazione sanitaria), ma escludendo la spesa per investimenti.
L’assistenza sanitaria è finanziata attraverso un mix di modalità di finanziamento, tra cui la spesa pubblica e l’assicurazione sanitaria obbligatoria (“governativa/obbligatoria”), nonché l’assicurazione sanitaria volontaria e fondi privati come i pagamenti diretti delle famiglie, ONG e società private (” volontario”).
Tale indicatore è presentato come totale e per tipologia di finanziamento (“Governativo/obbligatorio”, “Volontario”, “Di tasca propria”) ed è misurato come quota del Pil.
Spesa sanitaria Italia 2022 e 2023: aggiornamento
Negli ultimi anni le critiche alla gestione del sistema sanitario nazionale non sono mancate. C’è chi ha fatto notare punti deboli come le infinite liste di attesa, l’intasamento al pronto soccorso e la progressiva carenza di personale sanitario. Oltre alla questione sotto finanziamento, che non favorirebbe una sanità pubblica funzionante per davvero, ed anzi spingerebbe le persone – ove possibile – a rivolgersi al settore privato.
Le percentuali relative agli ultimi anni sono esplicative. La spesa sanitaria pubblica, in percentuale del Pil, nel 2022 è stata pari a circa il 6,7% del prodotto interno lordo – un dato che la colloca sotto di 0,3 punti percentuali sia rispetto alla media Ocse del 7,1% che alla media europea del 7,1%. Insomma, non sono pochi i paesi europei che – negli ultimi anni – investono di più dell’Italia in campo sanitario.
Sulla stessa linea si colloca il DEF 2024, che ha acclarato per lo scorso anno un rapporto spesa sanitaria/Pil pari al 6,3% e una spesa sanitaria oltre i 130.103 milioni di euro. Su questi argomenti, il presidente della Fondazione Gimbe (ente che anche durante la pandemia diede il suo personale contributo) ha rimarcato che il calo di spesa sarebbe da imputarsi soprattutto al mancato perfezionamento del rinnovo dei contratti del personale dirigente e convenzionato per il triennio 2019-2021 (i cui oneri non sono stati imputati nel 2023 e spostati al 2024).
Con minor portata hanno invece inciso le spese per combattere la pandemia, che sono state – fortunatamente – più basse del previsto. Da un confronto con il 2022 appare evidente che la spesa sanitaria nel 2023 si scesa di circa uno 0,4% al 6,3% del Pil.
Il presidente della Fondazione Gimbe ha altresì rimarcato che tali dati proverebbero che nel 2023 vi è stato un oggettivo ed ulteriore definanziamento in termini di rapporto spesa sanitaria/Pil (-0,4%), facendo segnare un valore negativo della spesa sanitaria, il cui potere d’acquisto è stato anche in parte eroso da un’inflazione che nel 2023 ha toccato il 5,7% su base annuale.