Dopo mesi di dibattito infuocato e accuse reciproche tra le forze politiche che sostengono la maggioranza di Mario Draghi, il Parlamento ha dato il via libera definitivo alla riforma Cartabia, che porta il nome della Guardasigilli in carica ma che soprattutto vede l’entrata in vigore di molti cambiamenti che riguardano il sistema della giustizia del nostro Paese.
Riforma Cartabia, il lungo iter per l’approvazione e le modifiche principali
Partita con una discussione durata ben 5 mesi tra marzo e luglio del 2021 in Commissione Giustizia, con critiche al governo di Mario Draghi, la riforma è arrivata ad un primo voto dell’Aula (alla Camera) il 1° agosto dello scorso anno, con i deputati che sostengono il governo uniti nel dire sì alle modifiche proposte dalla ministra.
Poi l’approdo al Senato circa un mese dopo, prima del lungo stop a causa dei referendum proposti dalla Lega di Matteo Salvini che andavano a toccare diversi punti in questione. Ma i quesiti, come si sa, non hanno raggiunto il quorum nelle consultazioni di domenica scorsa (12 giugno), e così Palazzo Madama ha potuto approvare il testo definitivo nella giornata di giovedì 16 giugno.
Nello specifico, i cambiamenti principali del nostro sistema giudiziario riguardano questi ambiti:
- una separazione più rigida tra le funzioni dei giudici e dei pubblici ministeri, che potranno cambiare ruolo una sola volta in tutto l’arco della loro carriera (fino ad oggi i passaggi previsti tra la funzione requirente e quella giudicante erano 4)
- l’introduzione di nuove regole per le elezioni al Consiglio superiore della magistratura, che vede aumentare il numero di componenti del proprio plenum, passando dagli attuali 27 a 33 consiglieri
- vengono previste valutazioni annuali per i magistrati, che riceveranno un voto ogni anno e non più ogni 4; nel giudizio (che potrà essere “discreto”, “buono” o “ottimo”) conterà di più il parere del capo dell’ufficio e verrà preso in considerazione anche quello degli avvocati
Come cambiano le modalità di accesso alla magistratura con la riforma Cartabia
Un’altra svolta apportata dalla riforma Cartabia riguarda le modalità di accesso alla magistratura. Appena entreranno in vigore i decreti attuativi già in discussione in Parlamento, al concorso si potrà accedere direttamente dopo la laurea in giurisprudenza: verrà quindi stralciato l’obbligo di aver frequentato le scuole di specializzazione, ad oggi un prerequisito basilare per avviare la carriera da giudice.
Il giudizio per determinare la preparazione di un candidato sarà basato sull’esito di tre prove scritte e altre sessioni di prove orali, che verteranno sulle tematiche più teoriche. Ci sarà una maggiore valorizzazione dei tirocini formativi e del lavoro svolto nell’ufficio per il processo. Verrà attribuito alla Scuola superiore della magistratura il compito di organizzare corsi di avvicinamento al concorso per i tirocinanti e per chi abbia svolto funzioni nell’ufficio per il processo del Pnrr.
Con i fondi stanziati dai membri della Commissione Giustizia e approvati dal Parlamento, la ministra Marta Cartabia ha inoltre chiamato 8.200 “giuristi” ad affiancare il lavoro delle attuali 9 mila toghe. E ha annunciato l’arrivo di altre 5400 “figure tecniche” (qui tutte le info per il concorso) per snellire l’enorme mole di processi arretrati che ingolfano la macchina giudiziaria del nostro Paese. Verrà infatti potenziato anche l’organico amministrativo, che vedrà la presenza di nuovi laureati in materie giuridiche ed economiche.