Scuola e lavoro, l’istruzione dei genitori pesa sui figli: laureati in calo

L'Italia deve fare un passo in avanti enorme sul fronte della quota di giovani laureati: una delle risposte è nei cicli brevi professionalizzanti

Foto di Luca Incoronato

Luca Incoronato

Giornalista

Giornalista pubblicista e copywriter, ha accumulato esperienze in TV, redazioni giornalistiche fisiche e online, così come in TV, come autore, giornalista e copywriter. È esperto in materie economiche.

È di grande importanza il report Istat Livelli di istruzione e ritorni occupazionali, che offre una panoramica dell’Italia nell’anno 2023. Svariati gli aspetti fronteggiati, con l’analisi delle tante forme di interconnessione tra istruzione e occupazione. L’Italia risulta spaccata in due, con la questione meridionale che non dà tregua, ma anche frammentata sotto l’aspetto dell’uguaglianza sociale. Di seguito i numeri che evidenziano perché il sistema sta arrancando.

I vantaggi della laurea

“Il diploma è considerato il livello di formazione minimo indispensabile per una partecipazione al mercato del lavoro che abbia potenziale di crescita professionale”. Tra il 2022 e il 2023 è stata evidenziata una crescita di circa un punto percentuale per qualsiasi titolo di studio. Ciò riguarda la popolazione d’età compresa tra i 25 e i 64 anni:

  • titoli di studio bassi: +0,8 punti percentuali;
  • titoli di studio medi: +1,0 punti percentuali;
  • titoli di studio alti: +0,9 punti percentuali.

Si conferma un insindacabile vantaggio della laurea sul diploma in termini statistici. Nel 2023, infatti, i soggetti in possesso di un titolo terziario hanno beneficiato di un tasso di occupazione dell’84,3%. Un valore che, rispetto a chi vanta un titolo secondario superiore (73,3%), è superiore di 11 punti. La distanza aumenta considerevolmente, fino a quota 30 punti, nel caso di un confronto con coloro con titolo secondario inferiore (51,1%).

Istruzione e impiego: differenze Nord e Sud

Abbiamo citato l’annosa questione meridionale, che trova spazio anche in quest’analisi. Un problema gravoso che va ad aggiungersi all’assoluta mancanza di parità di genere in questo Paese. In termini statistici, la popolazione compresa tra i 25 e i 64 anni è meno istruita al Mezzogiorno, in rapporto a quella del Centro-Nord:

  • titolo secondario superiore – 39,6% dei soggetti in esame al Sud;
  • titolo terziario – 18,1% dei soggetti in esame al Sud;
  • titolo secondario superiore – media del 45% circa al Centro-Nord;
  • titolo terziario – media del 22% circa al Centro-Nord.

Un divario che avvolge uomini e donne, anche se più evidente nella popolazione femminile. È naturale chiedersi, dunque, se l’ostacolo della mancanza d’impiego sia da imputare unicamente a una minore istruzione, su base statistica. La risposta è negativa, il che evidenzia una stratificazione della problematica sociale, che ha radici ben più profonde.

Mancano opportunità e istituzioni a sostegno, il che genera una spinta all’emigrazione e, come un cane che si morde la coda, un aggravio delle condizioni generali. Tutto ciò è reso evidente dai dati Istat: “Il tasso di occupazione è più basso rispetto al resto del Paese e quello di disoccupazione più alto, anche tra chi ha un titolo di studio elevato”.

Se si parla di laureati, infatti, l’occupazione è al 76,4% rispetto all’88,3% del Nord. Il tasso di disoccupazione è invece al 6,1% rispetto al 2,4% del Nord. Ad ogni modo, è importante sottolinearlo, i vantaggi occupazionali dell’istruzione sono maggiori al Sud rispetto al resto del Paese. Ciò è evidente se si pone a confronto il mercato del lavoro per i non laureati. Numeri convincenti soprattutto per le donne con titolo terziario.

Italia-Europa, meno giovani laureati

Nel 2023 in Italia è leggermente cresciuta la quota di giovani in possesso di un titolo di studio terziario. Ci si è attestati sul 30,6%, che è però ancora ben distante dall’obiettivo europeo del 45%. Una percentuale figlia di quella che è la media in Ue: 43,1%.

Il paragone con gli altri grandi Paesi del continente evidenzia un problema interno al nostro sistema:

  • Francia – 51,9%;
  • Spagna – 52,0%;
  • Germania – 38,4%.

La quota di 25-34enni in possesso di un titolo terziario è proprio uno dei target del Quadro strategico per la cooperazione europea relativo al 2030. Qualcosa deve cambiare, ovviamente, e non soltanto negli atenei. È importante che sia viva, aggiornata e accessibile la via che conduce a un impiego. I sacrifici degli studenti devono essere ripagati in tutto il territorio nazionale.

Tra gli ostacoli si individua una scarsa disponibilità di corsi terziari a ciclo breve professionalizzanti. Proprio questi garantiscono una quota rilevante dei titoli terziari conseguiti negli altri Paesi europei (in relazione alla classe 25-34 anni).

Altro dato statistico di grande rilevanza è rappresentato dal peso che il percorso di studi dei genitori ha sui figli. In molte famiglie si genera un circolo che è difficile spezzare. Ciò soprattutto perché si ha necessità di ottenere guadagni immediati, per quanti non soddisfacenti. L’immediatezza ha la meglio sull’investimento futuro, in molti casi. Ecco cosa dicono i dati Istat:

  • famiglie con almeno un genitore laureato – 67,1% di figli 25-34enni con titolo terziario;
  • famiglie con almeno un genitore diplomato – 40,3% di figli 25-34enni con titolo terziario;
  • famiglie con almeno un genitore con titolo secondario inferiore – 12,8% di figli 25-34enni con titolo terziario.