Allarme olio di colza nei prodotti italiani: a cosa fare attenzione

La guerra in Ucraina ha innescato una crisi drammatica anche a livello economico. Tra i tanti rincari, anche quello dell'olio di girasoli: cosa sta succedendo

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Miriam Carraretto

Giornalista politico-economica

Esperienza ventennale come caporedattrice e giornalista, sia carta che web. Specializzata in politica, economia, società, green e scenari internazionali.

La guerra in Ucraina ha innescato una crisi drammatica anche a livello economico. L’indice dei prezzi alimentari della FAO è sceso per il sesto mese consecutivo, con le quotazioni di alcuni beni alimentari che sono crollate bruscamente. E’ ad esempio il caso degli oli vegetali, che hanno di gran lunga compensato l’aumento dei prezzi dei cereali.

Cosa sta succedendo ai prezzi degli oli e dei cereali

Gli effetti della riduzione dei raccolti di girasole, semi oleosi e soia prodotti in Ucraina a causa della guerra in corso sono evidenti. Secondo diversi analisti, l’impatto della guerra cambierà le dinamiche dell’agricoltura ucraina nei prossimi anni, il che, a sua volta, avrà un impatto potente sul mercato globale dei cereali e dei semi oleosi.

L’indice dei prezzi degli oli vegetali ha raggiunto il livello più basso da febbraio dello scorso anno, registrando un forte calo del 6,6%. Il mese scorso, in particolare, si è avuto un crollo dei prezzi dell’olio di palma, soia e colza.

L’indice dei prezzi dei cereali è aumentato invece dell’1,5% perché i prezzi internazionali del grano sono rimbalzati del 2,2%, a causa delle elevate esportazioni dell’Unione europea in un contesto di forte domanda interna e incertezza sulla continuazione dell’iniziativa sui cereali del Mar Nero.

L’invasione della Russia a febbraio ha influenzato in modo significativo le piantagioni, con l’Ucraina che ha raccolto il 25% di grano in meno. Le rese per il mais sono state inferiori alla media e i prezzi per l’essiccazione sono stati elevati a causa dei prezzi del gas naturale e della mancanza di capacità di stoccaggio.

Di contro, i semi oleosi nei territori controllati dall’Ucraina sono stati più alti del previsto: sono state raccolte ben 16 milioni di tonnellate di colza, che ne costituiscono 3 milioni.

Qui vi abbiamo parlato di quanto valgono gli assi nella manica di Putin, tra cui proprio il grano.

Perché ci sarà sempre più olio di colza

Per il raccolto del prossimo anno, alla fine di luglio gli agricoltori ucraini hanno iniziato a seminare colza: si stima che gli ettari seminati saranno di 1,2-1,3 milioni e si prevede che questo livello di semina aumenterà, visto che i margini sono migliori. I livelli di frumento e orzo invernali dovrebbero essere inferiori del 25-30%.

Per la coltivazione primaverile, ci sarà probabilmente un aumento della quota di soia rispetto al mais. A causa della posizione geografica in cui viene coltivato il mais in Ucraina però, cioè nelle aree centrali e settentrionali, i costi di trasporto e in particolare di assicurazione verso i porti sono compresi tra 150 e 180 dollari a tonnellata a seconda della località.

Il problema delle etichette: attenzione a cosa compriamo

Restringendo il campo all’Italia, dopo lo scoppio della guerra in Ucraina l’olio di semi di girasole è diventato sempre più costoso, come sanno bene i consumatori, che per acquistarlo oggi in Italia spendono, secondo l’Istat, il 60,5% in più rispetto allo scorso anno.

Il problema è proprio che, per abbattere i costi e sopperire alla carenza di materia prima sui mercati, le aziende alimentari anche italiane stanno ricorrendo alla colza o altri oli vegetali al posto del girasole. Ma di questo cambiamento non c’è traccia sulle etichette dei prodotti.

A denunciarlo è Coldiretti, che evidenzia come l’industria alimentare si limiti infatti ad appiccicare un semplice stampato con inchiostro o un adesivo sulla confezione in cui informa i consumatori riguardo all’utilizzo di olio di colza, ma questa indicazione spesso è posta lontano dalla lista degli ingredienti e non immediatamente individuabile dai cittadini mentre stanno comprando.

Qui vi abbiamo parlato del perché l’olio di oliva rischia di scomparire dai supermercati.

La discussa circolare del MISE sull’olio di palma

Tradotto, molti di noi stanno acquistando prodotti lavorati con olio di colza e simil, senza nemmeno sospettarlo. Il punto è che non si tratta di una truffa, perché a rendere valida questa pratica è stata una specifica circolare del Ministero dello Sviluppo Economico (la n. 0066415 dell’11 marzo 2022, ne avevamo parlato nel dettaglio qui) che, proprio in considerazione della guerra russa in Ucraina, introduceva misure temporanee eccezionali relative all’etichettatura di prodotti contenenti oli vegetali in sostituzione dell’olio di semi di girasole.

Secondo questo documento, per i produttori basta una semplice frase apposta sulla confezione dei prodotti che indichi quali oli o grassi sono stati impiegati in sostituzione dell’olio di girasole, segnalando l’eventuale presenza di allergeni.

Per il Codacons, tuttavia, la circolare in questione è illegittima perché violerebbe il Regolamento Europeo 1169/11, che disciplina in modo preciso l’etichettatura dei prodotti alimentari e le dichiarazioni nutrizionali degli alimenti.

L’olio di colza è pericoloso? Fa male?

Senza contare, poi, il potenziale rischio per la salute dei consumatori: dal 2016 l’EFSA sostiene che l’olio di colza fa male, in particolare per i bambini: secondo gli esperti farebbe aumentare troppo i grassi saturi e farebbe innalzare pericolosamente il rischio di allergie.

Per la maggior parte dei consumatori, soprattutto quelli più piccoli (1-2 anni) e gli altri bambini (3-10 anni), i principali contributori all’esposizione all’acido erucico nella dieta sono dolci, torte e biscotti. Per i neonati (0-12 mesi), la fonte principale è il latte artificiale.

Va precisato che l’acido erucico presente nell’olio di colza, un contaminante naturale presente negli oli vegetali, non costituisce un problema di sicurezza per la maggior parte dei consumatori, visto che l’esposizione media è meno della metà del livello di sicurezza. Anche se la colza contiene elevati livelli di acido erucico – oltre il 40% degli acidi grassi totali – i tenori nella colza coltivata per uso alimentare sono in genere al di sotto dello 0,5%.

Fin qui tutto bene. Tuttavia, la colza può rischiare di diventare un problema a lungo termine per la salute di bambini di età fino a 10 anni che consumino elevate quantità di alimenti contenenti questa sostanza. A dirlo è sempre l’EFSA.

La European Food Safety Authority ha anche rilevato che l’acido erucico presente nei mangimi degli animali può rappresentare un rischio per la salute dei polli.

I test condotti dall’EFSA sugli animali hanno dimostrato che l’ingestione di oli contenenti acido erucico può portare nel corso del tempo a una malattia del cuore chiamata lipidosi del miocardio, una patologia temporanea e reversibile, ma anche ad altri effetti potenziali osservati negli animali, come variazioni di peso del fegato, dei reni e del muscolo scheletrico, se si assumono dosi lievemente superiori.

Quanto olio di colza si può consumare

Sulla base di queste informazioni, gli esperti del gruppo scientifico EFSA sui contaminanti nella catena alimentare hanno stabilito una dose giornaliera tollerabile di 7 milligrammi per chilo di peso corporeo.

Nelle diverse fasce d’età l’esposizione media del consumatore varia da 0,3 a 4,4 mg/kg di peso corporeo al giorno. Ma tra i consumatori con esposizione più elevata, i neonati e altri bambini potrebbero essere esposti sino a un massimo di 7,4 mg/kg al giorno.

A fronte di questa situazione, il Codacons ha intimato il Mise ad annullare la circolare dello scorso marzo, chiedendo al Ministero dello Sviluppo economico e a quello della Salute di accertare la corretta applicazione della normativa sull’etichettatura.

L’associazione invita inoltre i consumatori a controllare sempre la confezione dei prodotti alimentari e valutarne il consumo in caso di indicazioni diverse da quelle riportate sull’etichetta, nonché a segnalare l’assenza di adeguati avvisi nei negozi direttamente ai Carabinieri dei NAS.