Cgia, lavoratori in aumento, soprattutto al Sud. Ma stipendi ancora troppo bassi

Un report diffuso dalla Cgia ha messo in evidenza dati incoraggianti sull'occupazione in Italia, fornendo una panoramica completa dei dati. Stipendi ancora troppo bassi

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Francesca Secci

Giornalista

Giornalista pubblicista con esperienza in redazioni rilevanti, è specializzata in economia, finanza e geopolitica.

In una nota la Cgia, Associazione Artigiani Piccole Imprese, fornisce uno sguardo dettagliato sulle tendenze recenti del mercato del lavoro. I numeri del report fanno ben sperare, perché sono più che positivi. Il panorama del mercato del lavoro italiano è pervaso infatti da una nota di ottimismo, caratterizzato da un record storico di occupati e da un significativo aumento del numero di lavoratori con contratti a tempo indeterminato.

Inoltre, si è registrato un notevole incremento del personale altamente qualificato, fornendo un quadro promettente per il futuro dell’occupazione nel nostro Paese.

Secondo le proiezioni Cgia, il numero totale di persone impiegate è previsto possa aumentare ulteriormente, avvicinandosi ai 24 milioni entro il 2025.

Aumento del 5% dei contratti a tempo indeterminato

Nel corso del 2023, il numero degli occupati in Italia ha raggiunto la cifra di 23,6 milioni di unità, registrando un aumento di 471 mila lavoratori rispetto al periodo precedente alla pandemia da Covid-19. Di particolare rilievo è l’incremento del 3,5% registrato nel Mezzogiorno, che rappresenta la crescita percentuale più elevata del Paese.

Nel medesimo anno, l’incidenza dei lavoratori con contratti a tempo indeterminato ha raggiunto l’84% del totale dei lavoratori dipendenti, evidenziando un aumento di 742 mila unità rispetto al periodo pre-pandemico, pari al 5%.

Il Sud sta sperimentando un maggiore tasso di occupazione

Negli ultimi anni, le regioni meridionali hanno registrato i maggiori aumenti nell’occupazione. Secondo quanto riportato dalla Cgia, la Puglia ha visto un notevole incremento del 6,3% (+77 mila unità) rispetto al 2019. Seguono la Liguria e la Sicilia, entrambe con un aumento del 5,2% (rispettivamente +31 mila e +69 mila unità), la Campania con un +3,6% (+58 mila unità) e la Basilicata con un +3,5% (+7 mila unità).

A livello provinciale, invece, Lecce si è distinta con un impressionante aumento del 16,5% (+36.500 unità) rispetto al periodo pre-pandemico. Seguono Benevento con un +12,4% (+10 mila unità), Enna con un +11,2% (+4.800 unità), Frosinone con un +10,9% (+16.600 unità) e Ragusa con un +9,4% (+10 mila unità).

Tuttavia, non tutte le regioni meridionali hanno registrato risultati positivi. Sud Sardegna e Siracusa, ad esempio, hanno subito una contrazione occupazionale del -4,3% (rispettivamente -4.900 e -5 mila unità), seguite da Caltanissetta con un -5,2% (-3.400 unità), Sassari con un -6,8% (-12.600 unità) e infine Fermo, in provincia di Marche, con un -7,9% (-6 mila unità).

Più lavoratori altamente specializzati

Un altro dato positivo riguarda l’aumento del numero di lavoratori altamente specializzati/qualificati, che è cresciuto del 5,8% nell’ultimo anno (+464 mila), rappresentando il 96,5% dei nuovi posti di lavoro creati nel 2023. Questo incremento, sebbene più contenuto rispetto agli anni precedenti, indica comunque una tendenza positiva nel settore della qualificazione professionale.

Tasso di occupazione comunque più basso rispetto alla media europea

Nonostante questi risultati incoraggianti, la Cgia sottolinea la persistenza di alcune criticità nel mercato del lavoro italiano. In particolare, l’Italia continua a registrare un basso tasso di occupazione, con una percentuale del 61,5% rispetto alla media del 70,1% dell’Eurozona. Inoltre, si osserva una diminuzione dei lavoratori autonomi, nonostante un lieve segnale di ripresa nell’ultimo anno.

In Italia salari più bassi

La Cgia evidenzia anche la sfida dei livelli retributivi mediamente più bassi rispetto agli altri Paesi dell’Ue, attribuendoli a un basso livello di produttività del lavoro e a una minore partecipazione femminile al mercato del lavoro. Nella nota si legge: “Contiamo storicamente su livelli retributivi mediamente più bassi degli altri Paesi dell’Ue, a causa di un livello di produttività del lavoro molto basso, di un tasso dei Neet elevatissimo e di un tasso occupazionale relativo alle donne più contenuto di tutta Europa”.