Il governo italiano ha avviato una nuova fase nella lotta al lavoro nero: il Direttore generale dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, Paolo Pennesi, il 21 giugno 2024 ha provveduto alla nomina dei componenti della “Task Force Lavoro sommerso”, istituita con apposito decreto ministeriale il 28 marzo 2024.
Ma chi rischia e chi coinvolgeranno i controlli?
Obiettivi e pianificazione
L’istituzione della Task Force rientra nel Piano nazionale per la lotta al lavoro sommerso avviato per il triennio 2023-2025, conforme alla Missione 5 – componente 1, Riforma 1.2 – del Pnrr, che mira a incrementare del 20% il numero di ispezioni rispetto al periodo 2019-2021 entro la fine del 2024 e a ridurre l’incidenza del lavoro sommerso di almeno 2 punti percentuali nei settori più colpiti.
La task force è presieduta dal dott. Paolo Pennesi dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro e include rappresentanti di varie istituzioni, tra cui il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, il Ministero dell’Interno, il Ministero della Salute, l’Inps, l’Inail, l’Agenzia delle Entrate, la Guardia di Finanza e il Comando Carabinieri per la tutela del lavoro.
Gli ispettori del lavoro saranno inoltre supportati dalle forze dell’ordine come la Guardia di Finanza e il Comando Carabinieri per la tutela del lavoro, con l’obiettivo di condurre le ispezioni e applicare le sanzioni previste in caso di irregolarità.
Infine, la Task Force coinvolgerà anche altre amministrazioni pubbliche come il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, il Ministero dell’Interno, il Ministero della Salute, l’Inps, l’Inail, l’Agenzia delle Entrate, e altre, per garantire un approccio coordinato e sinergico nella lotta al lavoro sommerso.
Struttura e attività
La Task Force Lavoro Sommerso è supportata da tre tavoli operativi interregionali, corrispondenti alle articolazioni territoriali delle Direzioni Ispettive del Lavoro (Dil), con l’obiettivo di coordinare e potenziare le attività di controllo sul territorio.
Inoltre, è stato istituito un tavolo operativo di coordinamento nazionale per garantire il necessario raccordo tra la task force, i tavoli interregionali e altre parti coinvolte, assicurando una gestione efficace delle attività programmate e la predisposizione delle relazioni periodiche.
Chi rischia
Le attività della Task Force includono ispezioni mirate su un campione di imprese selezionate secondo criteri statistici specifici, e coinvolgeranno tutti i datori di lavoro, compresi gli enti pubblici economici in qualità di datori di lavoro privati. Rischiano quindi sia le grandi aziende che le piccole imprese, in particolare quelli che operano nei settori economici noti per l’alto rischio di lavoro sommerso, come l’edilizia, l’agricoltura, il turismo e i servizi domestici. Questi sono stati identificati come maggiormente interessati dal Piano nazionale per la lotta al lavoro sommerso.
I controlli mirano a proteggere i diritti dei lavoratori, verificando che siano correttamente assunti e che godano dei diritti previsti dalla legge, come il pagamento delle retribuzioni, le condizioni di lavoro sicure e altre normative lavorative.
Sanzioni lavoro nero
Il Decreto Pnrr 2024 definisce severi parametri per le sanzioni amministrative applicabili ai datori di lavoro coinvolti in prassi illegali di impiego. Nel dettaglio, le sanzioni per il lavoro nero sono calcolate su base individuale per ciascun lavoratore coinvolto e variano significativamente in base alla durata dell’impiego irregolare:
- fino a 30 giorni: le multe oscillano tra euro 1.800 e euro 10.800 per lavoratore;
- da 31 a 60 giorni: le sanzioni aumentano da euro 3.600 fino a euro 21.600 per lavoratore;
- oltre 60 giorni: le multe raggiungono cifre più elevate, da euro 7.200 fino a euro 43.200 per lavoratore.
È prevista poi una maxi sanzione supplementare, dal 20% al 30%, in caso di recidiva (che si verifica se il datore di lavoro è stato sanzionato negli ultimi 3 anni per gli stessi illeciti) o per specifiche violazioni come l’impiego di extracomunitari senza permesso di soggiorno, minori di 16 anni o percettori del reddito di cittadinanza.
È possibile evitare la maxi sanzione regolarizzando spontaneamente il rapporto di lavoro irregolare. In tal caso, si applica la sanzione minima.
Dal 2 marzo 2024, per effetto del decreto, le sanzioni si estendono anche ai datori di lavoro privati non organizzati in forma di impresa, agli enti pubblici economici e alle persone fisiche che impiegano personale tramite il Libretto famiglia.
Quando è considerato lavoro in nero?
Il lavoro in nero, o lavoro sommerso, si verifica quando un datore di lavoro impiega una persona senza rispettare le normative vigenti in materia di lavoro e di contributi previdenziali e fiscali. In particolare, è considerato lavoro in nero quando:
- il lavoratore non ha un contratto regolare che documenti le condizioni di lavoro, come il tipo di lavoro svolto, la retribuzione, l’orario di lavoro e i diritti e doveri delle parti coinvolte;
- il datore di lavoro non registra ufficialmente l’impiego del lavoratore presso le autorità competenti, come l’Inps (Istituto Nazionale della Previdenza Sociale) e l’Inail (Istituto Nazionale Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro);
- non vengono versati i contributi previdenziali e assistenziali dovuti per il lavoratore, né vengono pagate le imposte sul reddito derivante dal lavoro;
- l’impiego avviene ma in violazione delle normative relative alla sicurezza sul lavoro, al rispetto delle norme contrattuali collettive o individuali, e ad altre disposizioni legali e regolamentari.
La legge italiana vieta anche l’abuso di Categorie Speciali, ovvero l’utilizzo di lavoratori stranieri senza permesso di soggiorno valido, minori di età inferiore ai limiti consentiti per il lavoro, o lavoratori beneficiari di ammortizzatori sociali senza dichiarare correttamente la loro occupazione.
Cosa rischia il lavoratore in nero
Il lavoro irregolare comporta per il datore di lavoro rischi significativi, inclusa la possibilità di sanzioni fino a un massimo di 46.800 euro. Al contrario, il lavoratore non è generalmente soggetto a multe, a meno che non si verifichino circostanze particolari come il ricorso ad ammortizzatori sociali specifici per i disoccupati. Per questo motivo, la legge italiana riconosce la possibilità di segnalare anonimamente casi di lavoro nero, fornendo così un mezzo di protezione per i lavoratori (che sono di fatto più esposti) e contribuendo alla lotta contro il lavoro irregolare.
Nel sito web ufficiale dell’Inps c’è una sezione dedicata che permette di compilare un modulo e inviare denunce anonime. In alternativa, c’è la possibilità di chiamare il numero verde, 803164, gestito sempre dell’Inps e dedicato alle segnalazioni di irregolarità.
In alternativa, è possibile anche recarsi personalmente presso l’ufficio territoriale dell’Ispettorato Nazionale per il Lavoro, per sporgere denuncia o fare una segnalazione alla Guardia di Finanza. In questi casi, però, non si può agire in anonimato.