Lavoratore autonomo: chi è e che mansioni può svolgere

Il lavoratore autonomo è colui che esercita la sua attività in proprio, senza alcun vincolo

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Alessandra Di Bartolomeo

Giornalista di economia

Giornalista esperta di risparmio, ha maturato una vasta esperienza nella divulgazione di questioni economiche.

Il lavoro autonomo si differenzia dal lavoro dipendente perché non c’è un rapporto di subordinazione con un datore di lavoro. Tuttavia, può essere complicato distinguere tra le due forme di lavoro, poiché talvolta il datore di lavoro può presentare come lavoro autonomo ciò che di fatto è lavoro dipendente. Questo succede spesso perché il lavoro dipendente offre più protezioni, comprese quelle economiche, mentre nel lavoro autonomo il titolare dell’attività è responsabile per la tassazione dei propri dipendenti.

Chi è il lavoratore autonomo

Secondo l’articolo 2222 del Codice Civile, chi lavora in proprio senza essere subordinato al datore di lavoro è considerato un lavoratore autonomo. Questo tipo di lavoro riguarda molti settori, come il commercio, l’artigianato e le professioni libere, escludendo solo coloro che gestiscono attività imprenditoriali. Di solito, il lavoro autonomo coinvolge l’apertura di una partita IVA, il che significa che le entrate sono soggette all’imposta sul valore aggiunto (IVA), ma ci sono anche altre modalità di tassazione disponibili:

  • il regime ordinario;
  • il regime forfettario.

Il regime ordinario

Il regime ordinario è sottoposto al versamento dell’IRPEF, ovvero l’imposta sulle persone fisiche, che ha un’aliquota progressiva a seconda dello scaglione a cui si appartiene. Gli scaglioni fino allo scorso anno prevedevano un’aliquota del 23% fino a un reddito di 15.000 euro, poi aliquote progressive sulla parte eccedente i 15.000 euro:

  • 23% per i redditi fino a 15.000 euro;
  • 27% per la parte di reddito tra 15.001 e 28.000€;
  • 38% per la parte tra 28.001 e 55.000€;
  • 41% per la parte tra 55.001 e 75.000 euro;
  • 43% per la parte di reddito oltre i 75.000 euro.

Per l’anno 2024, invece, per calcolare l’IRPEF, le aliquote applicate per i vari scaglioni di reddito sono le seguenti:
• 23% per i redditi fino a 28.000 euro;
• 35% per i redditi superiori a 28.000 euro e fino a 50.000 euro;
• 43% per i redditi che superano i 50.000 euro.

Il regime forfettario, però, non riguarda solo la tassazione. Ci sono infatti altre fattispecie specifiche di questo regime. Tra cui:

  • assoggettamento all’Iva con obbligo di registrazione e versamenti;
  • obbligo della tenuta di registri contabili;
  • nessun limite di fatturato;
  • possibilità di assumere dipendenti;
  • assoggettamento agli studi di settore.

Il regime forfettario

Il regime forfettario agevolato, introdotto con la finanziaria del 2015, è un regime che negli anni ha subito modifiche. Nel 2019, in particolare, sono state introdotte novità importanti. A questo regime possono aderire lavoratori autonomi che, a seconda del settore in cui operano, rispettino un determinato coefficiente di redditività e che rientrino nel limite di fatturato con riferimento all’anno precedente. Con la finanziaria 2019 il limite di fatturato è stato unificato a 65.000 euro per tutte le categorie mentre oggi arriva a 85.000 euro. Tuttavia sono state inserite anche cause ostative che limitano l’accesso a questo regime. Ovvero:

  • la partecipazione a società di persone, associazioni o imprese familiari che operano nello stesso settore;
  • l’avere il controllo diretto o indiretto su società a responsabilità limitata o su associazioni in partecipazione che esercitano attività economiche direttamente o indirettamente riconducibili a quelle svolte dagli esercenti attività d’impresa, arti o professioni.

Il regime forfettario consente di evitare gli obblighi del regime ordinario riguardanti l’IVA, gli studi di settore e la tenuta dei registri contabili. Offre inoltre un’aliquota agevolata del 5% per le start-up nei primi cinque anni di attività e del 15% in seguito. Tuttavia, per accedere alla flat-tax del 5%, è necessario soddisfare determinati requisiti:

  • Il contribuente non deve aver svolto, nei tre anni precedenti, attività artistica, professionale o d’impresa, sia individualmente che in forma associata o familiare;
  • L’attività che intende avviare non può essere una mera continuazione di un’attività precedente, a meno che non si tratti di un periodo di pratica obbligatoria per l’esercizio di determinate professioni.

Come distinguere il lavoro autonomo da quello dipendente

Perché un’attività sia considerata autonoma deve assolvere a determinati requisiti:

  • deve essere un’attività svolta dietro compenso da parte del committente;
  • non deve esserci un rapporto di subordinazione con il committente;
  • deve essere svolta prevalentemente in proprio;
  • il committente non deve avere il coordinamento dei lavori.

L’obiettivo di queste disposizioni è prevenire situazioni in cui i lavoratori, pur essendo sostanzialmente dipendenti, vengano spinti dai datori di lavoro a registrarsi come lavoratori autonomi attraverso partite IVA fittizie.

Il lavoro autonomo occasionale

Il lavoro autonomo occasionale, infine, è un’attività svolta in modo sporadico e non continuativo nel tempo. È possibile praticarlo anche per chi ha un’impresa o un lavoro dipendente o autonomo. Tuttavia, come per altri tipi di lavoro autonomo, è necessario rispettare i requisiti precedentemente descritti, oltre al fatto che l’attività sia saltuaria.

In questo caso non è richiesta la partita IVA ma viene emessa una ricevuta non fiscale con ritenuta d’acconto. Quest’ultima, del 20%, viene detratta dal compenso lordo e viene versata all’Agenzia delle Entrate dal committente in qualità di sostituto d’imposta.