Il periodo di prova nei contratti di lavoro subordinato

Quando si applica il patto di prova, quale è la sua durata e cosa succede se si recede prima del termine

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Claudia Garretta

Consulente del lavoro

Laureata, ha collaborato con importanti studi di consulenza del lavoro dal 2004. Assiste aziende italiane e internazionali nella gestione delle risorse umane.

Nel contratto di assunzione generalmente deve essere indicato il c.d. periodo di prova ai sensi dell’art. 2096 del Codice Civile, periodo durante il quale il datore di lavoro e il lavoratore hanno la possibilità di conoscersi reciprocamente.

Spesso si sottovaluta l’importanza del patto di prova che è, invece, fondamentale per permettere al dipendente di testare il lavoro offerto e al datore di valutarne le competenze e la professionalità nonché la sua capacità ad integrarsi nell’ambiente aziendale anche rispetto ai colleghi.

Ambito di applicazione e forma

Il periodo di prova può essere inserito in tutte le tipologie di contratto di lavoro subordinato che sia a tempo indeterminato, a termine o di apprendistato, full time o part-time e indipendentemente dalla qualifica di operaio, impiegato, quadro o dirigente.
Perché sia valido, il patto di prova deve risultare per iscritto, avere data antecedente o contestuale a quella di assunzione e deve essere firmato da entrambe le parti.
Le parti possono anche decidere di comune accordo di non inserirlo, ma in questo caso non si potrà applicare la libera recidibilità e l’eventuale licenziamento o dimissioni prima del termine seguono le regole ordinarie.
In caso di rinnovo di un contratto precedente con lo stesso lavoratore, l’eventuale apposizione di una nuova prova è possibile, ma solo per mansioni completamente differenti.

Durata

La contrattazione collettiva stabilisce la durata, in giorni di lavoro effettivo o di calendario, in base al livello di inquadramento e la categoria di appartenenza. Tuttavia, le parti possono prevedere anche una durata minore, ma non una maggiore in quanto da considerarsi sfavorevole per il dipendente.
La prova può prevedere un periodo minimo garantito e, laddove non venga rispettato, la parte che recede prima della scadenza è tenuta a un risarcimento da concordarsi per iscritto.
Per quanto riguarda i contratti a tempo determinato, il periodo può essere riproporzionato alla durata del contratto individuale e non deve comunque superare la metà della durata del contratto stesso salvo diversa previsione del CCNL.
Il termine può essere posticipato laddove intervengano alcuni eventi come la malattia, l’infortunio, la maternità e le ferie a meno che la contrattazione collettiva non stabilisca altro.
In merito al contenuto, si sottolinea che nel contratto si dovrà specificare la mansione cui il dipendente sarà adibito e le attività oggetto della prova.

Recidibilità e scadenza

Durante il periodo di prova ciascuna delle parti può recedere dal contratto liberamente e cessare il rapporto di lavoro anche in via anticipata.
Non c’è l’obbligo né di fornire una motivazione né tantomeno di dare un preavviso.
Se il lavoratore si dimette prima della scadenza, dovrà inviare una semplice comunicazione scritta al datore.
In caso di mancato superamento della prova, l’onere di dimostrare l’eventuale illegittimità del licenziamento ricade sul dipendente.
Se nessuno recede prima del termine, il rapporto di lavoro prosegue come da contratto e il periodo lavorato si considera nell’anzianità aziendale.

Trattamento economico

Per il periodo lavorato, al dipendente spetta in ogni caso la retribuzione ordinaria, la liquidazione delle mensilità aggiuntive, delle ferie e dei permessi non goduti e il trattamento di fine rapporto.