Il licenziamento via Whatsapp è legale? Il caso Euronics e i chiarimenti della Cassazione

Licenziare un lavoratore con un messaggio Whatsapp non è oggi un pratica rara. Ma si può fare davvero? La vicenda Euronics

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Claudio Garau

Editor esperto in materie giuridiche

Laureato in Giurisprudenza, con esperienza legale, ora redattore web per giornali online. Ha una passione per la scrittura e la tecnologia, con un focus particolare sull'informazione giuridica.

Il licenziamento è l’atto con cui l’azienda interrompe il rapporto di lavoro con un suo dipendente. All’origine di quello che in gergo viene definito ‘recesso unilaterale’ vi possono essere varie cause, come ad es. la scarsa produttività, il mancato rispetto dell’orario di lavoro, le violenze o minacce in ufficio o, ancora, la violazione del segreto aziendale.

Ovviamente, hanno rilievo anche le modalità con cui un licenziamento viene disposto e – in questi giorni – stanno facendo clamore quelle adottate da un’azienda, che fornisce forza lavoro ad una notissima catena come Euronics. I lavoratori infatti sarebbero stati licenziati con un semplice messaggio Whatsapp notificato, per di più, durante l’orario di lavoro.

Vediamo insieme più da vicino questa vicenda e cogliamo anche l’occasione per chiarire se un licenziamento via Whatsapp è da ritenersi legittimo e valido. I dettagli.

Licenziamento via Whatsapp: il caso dei lavoratori Euronics

Non soltanto un licenziamento comunicato durante lo svolgimento delle mansioni quotidiane, ma altresì in tronco e quindi con l’obbligo di abbandonare quanto prima il posto di lavoro, senza possibilità di contare sul preavviso o altre specifiche garanzie. Il fatto, avvenuto nel Lazio, riguarda alcuni dipendenti della Nova Casale Srl, collegata alla ‘galassia’ Euronics perché – come accennato poco sopra – fornisce lavoratori alla grande catena dell’elettronica e degli elettrodomestici.

Il contenuto del messaggio Whatsapp di licenziamento non lascia spazio a particolari dubbi, apparendo freddo e secco:

Il suo rapporto di lavoro cessa contestualmente con la ricezione della presente con Suo esonero dal prescritto periodo di preavviso, in luogo del quale Le sarà erogata la corrispondente indennità sostitutiva.

Ma a stupire almeno qualche dipendente è soprattutto la parte seguente dell’avviso di recesso unilaterale:

La invitiamo a restituire senza dilazione ogni bene aziendale che fosse ancora in suo possesso.

Le parole – riportate da alcuni quotidiani laziali – evidenziano in particolare la scelta del licenziamento via Whatsapp e senza preavviso, nei confronti dei lavoratori subordinati del punto vendita Euronics di Casal del Marmo, a ovest di Roma.

Le sigle sindacali coinvolte nella vertenza hanno recentemente confermato questa modalità di chiusura del rapporto che, a ben vedere, non è di certo un fulmine a ciel sereno. Da tempo infatti Fisascat Cisl e Filcams Cgil hanno posto all’attenzione pubblica un piano di licenziamenti redatto da aziende che, in vario modo, collaborano e fanno parte della ‘galassia’ Euronics Italia Spa.

In prospettiva sarebbero centinaia i lavoratori e le lavoratrici che rischiano il posto, specialmente nell’area compresa tra le città di Roma e Frosinone, ma le sigle sindacali indicano situazioni difficili anche a Rieti e Pomezia. E casi simili potrebbero aversi presto anche nel resto d’Italia – basti pensare all’elevata presenza degli store della catena in Lombardia, ad esempio.

Si può licenziare via Whatsapp? La prova del ricevimento e della conoscenza

Come abbiamo appena visto, il licenziamento tramite gli strumenti informatici – e in particolare via Whatsapp – è una modalità in uso ma – potendo far storcere il naso a non molti lettori (e lavoratori) – va considerata legittima, valida o conforme alla legge?

Vero è che l’utilizzo dei nuovi media ha modificato enormemente il modo di comunicare anche all’interno delle aziende. Comunicazioni inerenti le attività di lavoro, i turni, gli straordinari e quant’altro, come pure i richiami e i provvedimenti disciplinari sono oggi comunemente inviati ai dipendenti, via email o con messaggi sullo smartphone. Ma in caso di licenziamento via Whatsapp, la particolare modalità potrebbe essere contestata per l’impatto determinato sui diritti del lavoratore. Di qui la frequente domanda se il licenziamento via WhatsApp sia valido oppure no.

Ebbene, legge e giurisprudenza ci indicano un punto molto importante: laddove sia richiesta la forma scritta per le comunicazioni aziendali che hanno riflessi sul rapporto di lavoro in essere – come nel caso del licenziamento – ad essere determinante per la validità della comunicazione non sarà lo strumento di trasmissione in sé, ma la prova del suo ricevimento e della conoscenza del testo, che – in caso di contestazione – spetta all’azienda o datore di lavoro.

D’altronde, il licenziamento è atto unilaterale e recettizio che raggiunge i propri effetti nel momento in cui giunge a conoscenza del destinatario (tra i vari provvedimenti ad es. Cass. Civ. n. 5103/2008 e n. 6845/2014).

Il messaggio scritto garantisce di per sé la sua conoscibilità da parte del destinatario. Perciò se quest’ultimo è il dipendente, avrà di conseguenza la possibilità di esercitare il diritto di difesa ed opporsi al recesso unilaterale.

Forma scritta libera per il licenziamento

Ricordiamo altresì che l’art. 1 della legge n. 604/1966 sui licenziamenti individuali:

  • è assai chiaro nel disporre che il recesso unilaterale deve aversi necessariamente per iscritto, a pena di inefficacia (nel caso il lavoratore potrà chiedere la reintegra nel posto di lavoro);
  • ma al contempo non indica quale forma scritta debba essere adottata.

Nel prevedere la forma scritta al recesso datoriale, la norma citata è formulata in modo generico, lasciando dunque astrattamente facoltà di utilizzare una pluralità di forme di comunicazione. Infatti la Corte di Cassazione ha dichiarato in passato che:

in tema di forma scritta del licenziamento non sussiste a carico del datore di lavoro l’onere di adoperare forme “sacramentali”, ben potendo comunicare la volontà di licenziare in forma diretta purchè chiara.

Posto che, come sopra ricordato, la prova dell’invio della comunicazione ricade sul datore di lavoro, sarà quest’ultimo a dover usare uno strumento che gli permetta di acclarare – in una eventuale causa – l’effettivo adempimento di tale obbligo, al fine da vincere eventuali contestazioni del dipendente.

Ecco perché, considerata l’indiscutibile natura scritta dei messaggi sul cellulare, la giurisprudenza in più occasioni ha ritenuto legittimo il licenziamento via WhatsApp, ma anche via email o sms. Come detto però, sarà compito del datore dare la prova del ricevimento e della conoscenza della comunicazione.

Quando il licenziamento via Whatsapp è illegittimo? L’inerzia del dipendente

I casi affrontati dai giudici ci aiutano a capire meglio questa delicata questione. Per esempio la giurisprudenza ha ritenuto non sufficiente – ai fini della prova – né la doppia spunta blu sulla chat, e neanche l’email di conferma di ricevimento collegata al proprio programma di posta elettronica.

Ma il fatto che il lavoratore o la lavoratrice abbia risposto al messaggio Whatsapp di licenziamento o l’abbia fatto leggere ai colleghi, o abbia informato il proprio legale per l’avvio di una causa, comporta una tacita ammissione di ricevimento. Di conseguenza, se i fatti e i comportamenti acclarano la prova della conoscenza del messaggio, il licenziamento via Whatsapp dovrà ritenersi valido e legittimo.

Viceversa, se il dipendente non assume alcun comportamento dopo l’arrivo del messaggio WhatsApp di licenziamento, in una causa in tribunale il recesso potrebbe essere ritenuto illegittimo. La reazione, ossia la lettura del messaggio, sarà invece la spia della presa di conoscenza della scelta datoriale, ma graverà pur sempre sull’azienda l’onere della prova di ciò.

Licenziamento collettivo via Whatsapp: è possibile?

Se è quindi ormai pacifico che il licenziamento individuale sia comunicabile con Whatsapp – su questo punto la giurisprudenza (in particolare quella della Cassazione) ha già preso parola numerose volte – non si può dire la stessa cosa invece per il licenziamento collettivo.

In tale caso, infatti, il licenziamento via WhatsApp è sempre illegittimo. Il motivo è semplice: a tale tipologia di recesso si applicano le regole di un’articolata procedura che passa attraverso la comunicazione ai sindacati e l’individuazione delle categorie di lavoratori da mandare a casa. Questo perché la legge n. 223 del 1991 prevede istruzioni ad hoc –  e di tutela per i diritti dei lavoratori – in riferimento all’avvio un licenziamento di questo genere. Conseguentemente, l’azienda non potrà comunicare il recesso con un banale messaggio Whatsapp.

Conclusioni

Qualora sia richiesta la forma scritta per le comunicazioni aziendali che hanno riflessi per un rapporto di lavoro – in questo caso la decisione del licenziamento – a rendere legittimo quest’ultimo non sarà lo strumento di trasmissione in sé – raccomandata, email, sms o messaggio WhatsApp – ma la prova del suo ricevimento. Questo perché lo scritto assicura la potenziale conoscenza del contenuto e, dunque, la possibilità di esercitare il diritto di difesa da parte del suo destinatario.

Pertanto qualora sia data la prova della conoscenza del messaggio da parte del lavoratore, la comunicazione tramite WhatsApp del licenziamento sarà da ritenersi valida.

In sostanza secondo la giurisprudenza, sono valide tutte le forme di comunicazione che raggiungono lo scopo di trasmettere a una persona un determinato documento e consentono di affermare con certezza che è giunto a conoscenza del suo destinatario, in questo caso il lavoratore. Ecco perché in passato, proprio sulla scorta di questo principio, la Suprema Corte ha ritenuto valido anche il licenziamento comunicato con invio di una e-mail al dipendente.