Non di rado le cause di tribunale spiccano per originalità e per elementi che, almeno ad una prima lettura, potrebbero far sorridere i più. In una sentenza di alcuni anni fa ad es. è stato deciso che se la moglie fa entrare l’amante in casa mentre il coniuge è fuori, quest’ultimo può denunciarlo per violazione di domicilio, mentre in un’altra controversia un tribunale ha stabilito che se l’automobilista distrugge l’autovelox non commette reato di danneggiamento.
Insomma, le notizie insolite di certo non mancano e recentemente ha destato una certa curiosità quella di un giudice, accusato di aver violato il decoro professionale.. per aver utilizzato la propria bicicletta all’interno del palazzo del tribunale in cui lavora.
Di seguito parleremo della singolare vicenda, decisa non da un tribunale ordinario ma dal Csm, il Consiglio Superiore della Magistratura, organo competente anche per quanto riguarda la valutazione dei comportamenti dei giudici. Scopriamo che cosa è successo.
Indice
La vicenda
Secondo la ricostruzione dei fatti, effettuata presso la sezione disciplinare della magistratura, un giudice era finito nel mirino di accuse che evidenziavano un’asserita mancanza di rispetto per la professione, nell’abitudine di utilizzare la bici per percorrere alcune centinaia di metri nel cortile e nei corridoi del palazzo di giustizia di Torino.
Proprio così: il giudice sotto processo utilizzava in modo insolito gli spazi del tribunale per compiere il tragitto che separa il suo ufficio dall’aula dei processi per direttissima, sfruttando un mezzo a due ruote piuttosto che la classica camminata a piedi. A detta dell’uomo, tale comportamento – sicuramente utile a risparmiare tempo nello spostamento – era motivato da ragioni di salute.
La curiosa abitudine non era però passata inosservata nell’ambiente. Infatti la disputa aveva avuto inizio con una comunicazione del suo superiore – il Presidente della locale corte d’appello – risalente ad alcuni anni fa. In essa al magistrato veniva imposta una diffida (ben distinta da quella che si richiede ad un avvocato), ossia un avvertimento finalizzato a farlo desistere da ulteriori spostamenti su velocipede, per evitare possibili conseguenze disciplinari.
Ne era poi seguita una denuncia al Csm da parte del Presidente, perché – nonostante l’ingiunzione rivoltagli – l’uomo avrebbe continuato a spostarsi sul mezzo a due ruote. Infatti il magistrato ciclista almeno un’altra volta sarebbe stato visto a pedalare verso l’aula dei processi per direttissima, per arrivare in orario all’inizio del suo turno.
Ecco allora integrati gli estremi per il procedimento disciplinare (da non confondersi con la contestazione disciplinare), che puntualmente si ebbe allo scopo di indurlo a spostarsi di nuovo a piedi.
La giustificazione del magistrato
La Procura generale arrivò ad accusare il magistrato di aver violato la norma di deontologia professionale, che impone ai giudici di svolgere le funzioni con correttezza, riserbo e equilibrio. In particolare l’ultimo fattore, l’equilibrio, era stato messo in dubbio da parte di coloro che avrebbero voluto l’adozione di provvedimenti disciplinari nei suoi confronti.
Innanzi alla sezione disciplinare del Csm, il giudice si è discolpato dalle accuse di lesione al decoro e all’immagine del ruolo, sostenendo:
- di avere insistito nelle sue pedalate in tribunale soltanto una volta dopo avere ricevuto la citata diffida del Presidente;
- che la notte prima aveva avuto un improvviso e doloroso attacco di mal di schiena e, conseguentemente, gli era assai difficile raggiungere a piedi l’aula dei processi per direttissima, distante alcune centinaia di metri;
- di aver usato la bici per evitare possibili assenze dall’ufficio (con congedo per malattia) e la sostituzione del turno da parte di altro collega, conseguenti ad un aggravamento del problema di salute.
Insomma, una scelta a fin di bene che dimostrerebbe invece la dedizione e l’attaccamento dell’uomo al proprio lavoro.
La decisione del Csm
La vicenda si è chiusa con un nulla di fatto. Le pedalate del magistrato non erano sanzionabili perché nel palazzo, all’epoca, non c’era una sorta di codice di circolazione o viabilità, da cui trarre specifiche norme di divieto di spostamento su bicicletta.
Nell’ordinanza, con la quale il procedimento disciplinare ha avuto termine, si precisa infatti che è:
esclusa la sussistenza dell’addebito difettando gli elementi costitutivi della violazione contestata sia in considerazione dell’assenza di specifiche disposizioni emanate per disciplinare la circolazione all’interno del Tribunale di Torino sia in considerazione della condotta del giudice, pienamente ottemperante alla diffida del Presidente, disattesa in un solo in unico episodio giustificato da ragioni di salute e dalla necessità di svolgere il turno adempiendo così ai propri doveri d’ufficio.
Ed infatti nella decisione non sono stati ravvisati i caratteri della gravità e della reiterazione, richiesti dall’illecito contestato relativo alla violazione dei doveri generali di correttezza e di equilibrio.
Mancherebbe – e ciò detto senza ironia – un Codice della Strada del tribunale, tale da determinare una eventuale responsabilità disciplinare del magistrato ciclista. Al contempo, l’organo del Csm ha creduto al fatto che il nuovo spostamento in bici, nonostante l’avvertimento ricevuto, sia stato un episodio isolato.
Che cosa cambia
In questa curiosa vicenda si è fatto riferimento alla normativa sulla circolazione stradale, che in generale non consente l’uso di mezzi in spazi strutturalmente interdetti allo spostamento con veicoli. Ma come detto, mancando una regolamentazione ad hoc, non c’era modo di intendere le aree del palazzo del tribunale come “aree pedonali” destinate al solo transito pedonale e vietate alla circolazione dei veicoli, biciclette comprese.
Se il Codice della Strada definisce “area pedonale” una zona riservata alla circolazione dei pedoni, e in cui l’accesso ai veicoli è vietato o limitato, sarebbe stata però necessaria l’introduzione di una regola di un codice di viabilità per tribunale. Mancando la norma ad hoc sul divieto di spostamento in bicicletta o sull’obbligo di spostamento a piedi, il magistrato è stato considerato innocente dal punto di vista disciplinare.
Ricordiamo infine che, in altre occasioni, lo spostamento in bici per lavoro viene invece incentivato, come nell’iniziativa Bike to work.