Aria condizionata, il guasto in ufficio legittima i dipendenti a non lavorare?

Gli impianti di climatizzazione in ufficio sono talvolta indispensabili e il guasto è quell'incidente che nessuno vorrebbe. Regole di riferimento e diritti dei lavoratori

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Claudio Garau

Editor esperto in materie giuridiche

Laureato in Giurisprudenza, con esperienza legale, ora redattore web per giornali online. Ha una passione per la scrittura e la tecnologia, con un focus particolare sull'informazione giuridica.

Pubblicato: 23 Luglio 2024 07:53

Nelle settimane estive più calde per moltissimi lavoratori le ferie sembrano non arrivare mai. In ufficio l’aria condizionata pare la sola soluzione immediata ed efficace contro l’aumento della temperatura, che renderebbe altrimenti quasi invivibili gli spazi all’interno dell’azienda (specialmente se si tratta di aree esposte al sole e con ampie vetrate).

Ma, in attesa del meritato periodo di riposo, annualmente previsto dalla legge e dai Ccnl di settore, potrebbe verificarsi un inconveniente non da poco, quel guasto all’impianto di condizionamento tale da innervosire anche il più calmo dei colleghi. Immersi in una pratica importante, in un progetto da finire entro agosto o alle prese con qualche altra attività per cui il capo chiede la massima attenzione e rapidità, ecco che l’improvviso guasto all’impianto dell’aria condizionata in ufficio costituisce il classico – e sgradevolissimo – fulmine a ciel sereno.. e afoso.

Cosa fare in questi casi? Se il caldo si rivela opprimente in ufficio, è possibile astenersi dalla prestazione di lavoro oppure no? Lo vedremo insieme, considerando cosa dice la legge in materia e qual è stata la risposta della Cassazione negli ultimi anni.

Impianto di condizionamento rotto, le norme sulla tutela dei lavoratori

La risposta alla domanda posta in apertura è – in linea generale – positiva, ma dobbiamo fare alcune precisazioni sulle regole di legge in materia. Ciò infatti permetterà ai lavoratori e alle lavoratrici di conoscere meglio i loro diritti – e i corrispondenti obblighi dell’azienda.

L’imprenditore, in base all’art. 2087 del Codice Civile:

è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro.

Inoltre, per giurisprudenza costante la violazione di tale dovere legittima i lavoratori a non eseguire la prestazione, a causa dell’inadempimento altrui.

Non dimentichiamo poi il d. lgs. n. 81 del 2008, ossia il Testo unico salute e sicurezza sul lavoro. D’altronde anche la rottura o il guasto dell’impianto di condizionamento all’interno del luogo di lavoro integra una problematica direttamente collegata alla tutela delle condizioni psicofisiche dei dipendenti.

In particolare secondo l’art. 15 del decreto, in tema di misure di tutela, doveri e gestione della prevenzione, si prevede che l’azienda o datore di lavoro si adoperi per:

  • l’eliminazione dei rischi e, ove ciò non sia possibile, loro riduzione al minimo in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico;
  • la regolare manutenzione di ambienti, attrezzature, impianti, con particolare riguardo ai dispositivi di sicurezza in conformità alla indicazione dei fabbricanti;
  • il miglioramento continuo dei livelli di sicurezza, anche tramite l’adozione di buone prassi e di codici di condotta.

Il Testo unico sulla salute e sicurezza sul lavoro impone, in capo all’azienda, il dovere di valutare tutti i rischi derivanti da esposizione ad agenti fisici, ossia ad es. il rumore, gli ultrasuoni, ma anche il microclima, che possono comportare rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori. In altre parole, il datore di lavoro nel redigere il documento per la valutazione dei rischi – Dvr dovrà tener conto anche del fattore clima sul luogo di lavoro, sia del freddo che del caldo eccessivi.

Conseguentemente dovrà adottare opportune contromisure per risolvere il problema dell’impianto di condizionamento rotto, altrimenti i dipendenti potranno andare via e chiedere un permesso. Da notare altresì la possibilità di richiedere la cassa integrazione per il caldo eccessivo.

Requisiti dei luoghi di lavoro, microclima e obblighi dell’azienda

Come si può facilmente notare, per i lavoratori e le lavoratrici è dunque assai importante conoscere le regole di cui al Testo unico del 2008. Ciò permetterà loro di sapere in anticipo entro quale margine muoversi e, se del caso, interrompere la prestazione di lavoro.

In materia di salute e di sicurezza, i luoghi di lavoro dovranno essere conformi ai requisiti indicati nell’allegato IV al Testo unico salute e sicurezza sul lavoro e, conseguentemente, tali luoghi dovranno essere mantenuti in condizioni ambientali di salubrità e igiene.

Nel testo si trovano altresì indicati i requisiti degli ambienti di lavoro per ciò che attiene, ad esempio, alla stabilità e solidità, ai limiti minimi di altezza o superficie, ai requisiti delle scale e delle vie o uscite di emergenza e per quel che qui interessa, l’areazione dei luoghi di lavoro chiusi e la temperatura dei locali.

In particolare al punto 1.9 dedicato al microclima troviamo queste disposizioni:

  • è necessario far sì che, considerando i metodi di lavoro e gli sforzi fisici a cui sono sottoposti i dipendenti, essi dispongano di aria salubre in quantità sufficiente anche ottenuta con impianti di areazione;
  • se è utilizzato un impianto di aerazione, esso deve essere sempre mantenuto funzionante. Ogni eventuale guasto deve essere segnalato da un sistema di controllo, quando ciò è necessario per salvaguardare la salute dei lavoratori;
  • gli stessi impianti devono essere periodicamente sottoposti a revisioni, manutenzione, pulizia e sanificazione per la tutela della salute dei lavoratori;
  • la temperatura nei locali di lavoro deve essere adeguata all’organismo umano durante il tempo di lavoro, tenuto conto dei metodi di lavoro applicati, degli sforzi fisici imposti ai lavoratori e del grado di umidità.

Proprio quest’ultimo punto richiama implicitamente quanto detto sopra: in caso di rottura o malfunzionamento dell’impianto di condizionamento, i dipendenti potranno interrompere il loro lavoro. D’altronde l’art. 44 del Testo del 2008, in tema di diritti dei lavoratori in caso di pericolo grave e immediato, dispone che:

Il lavoratore che, in caso di pericolo grave, immediato e che non può essere evitato, si allontana dal posto di lavoro o da una zona pericolosa, non può subire pregiudizio alcuno e deve essere protetto da qualsiasi conseguenza dannosa.

Due figure chiave per i diritti dei lavoratori

Il diritto all’astensione dalla prestazione di lavoro va però esercitato sempre con cautela e impone un consulto con:

  • il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, ossia la figura eletta o designata per rappresentare i dipendenti per ciò che riguarda gli aspetti della salute e della sicurezza durante il lavoro;
  • il responsabile del servizio di prevenzione e protezione aziendale, vale a dire la persona con il compito di individuare i fattori di rischio, studiare delle misure preventive e protettive per la sicurezza e la salubrità degli ambenti di lavoro e proporre programmi di informazione e formazione.

Per stabilire se la temperatura è aumentata sensibilmente a causa della rottura dell’impianto di condizionamento in ufficio, tanto da legittimare il rifiuto di lavorare, occorre seguire una procedura che prevede la valutazione delle condizioni ambientali e la consultazione delle normative e linee guida specifiche.

Inoltre, in attesa della riparazione dell’impianto di condizionamento, l’azienda potrebbe optare per l’adozione di misure temporanee – come ventilatori, pause più frequenti o modifiche all’orario – onde assicurare un ambiente di lavoro accettabile ed evitare che i dipendenti si astengano – legittimamente – dalla prestazione.

Cosa fare se le condizioni non migliorano

Nonostante gli obblighi previsti dalla legge, l’azienda potrebbe anche rivelarsi inadempiente o sottovalutare il problema del malfunzionamento o guasto dell’impianto di condizionamento. In tali circostanze, i dipendenti potranno rivolgersi alla Asl o all’Ispettorato del lavoro per chiedere un’ispezione e l’eventuale imposizione di misure correttive. Anche questo è infatti un diritto riservatogli dall’ordinamento.

Precedenti giurisprudenziali

In materia va quanto meno accennato un caso della giurisprudenza, utile a fare ulteriore chiarezza. Secondo la sentenza Cassazione n. 6631 del 2015, infatti, il dipendente tenuto per contratto a svolgere le mansioni:

  • a temperature troppo elevate potrà legittimamente interromperne il compimento;
  • conserverà comunque il diritto alla retribuzione, che non potrà essere trattenuta dal datore di lavoro.

Anzi, qualora la situazione si protragga per un lasso di tempo apprezzabile, senza che il datore di lavoro abbia adottato le apposite misure di prevenzione e mitigazione del rischio calore, egli potrà dare le dimissioni per giusta causa, visto che l’inadempimento datoriale è così grave da precludere la continuazione del rapporto.

In sostanza la Corte ha affermato che il lavoratore astenuto conserva il diritto a percepire la retribuzione, in caso di temperature proibitive – sia troppo alte che troppo basse – e quindi non compatibili con la prestazione di lavoro.

In caso di contestazione e disputa con l’azienda, sarà peraltro il giudice ad avere l’ultima parola e a stabilire se la temperatura sia salita in modo significativo e in maniera sensibile.

Conclusioni

In sintesi, mentre la rottura dell’impianto di condizionamento non giustifica automaticamente il rifiuto di lavorare, se le condizioni diventano insalubri e pericolose per la salute, i lavoratori avranno il diritto di chiedere un intervento immediato e, in casi estremi, potranno legittimamente rifiutarsi di lavorare fino a quando le condizioni non saranno migliorate. Non perderanno il diritto ad incassare lo stipendio, in quanto non potrà essere imputata la violazione dell’obbligo di eseguire le mansioni.

Il dipendente, qualora al lavoro faccia troppo caldo per guasto all’impianto di climatizzazione, potrà andare via e chiedere un permesso per caldo eccessivo. Infatti il lavoratore è protetto da quanto previsto all’art. 2087 del Codice Civile e dal Testo unico salute e sicurezza sul lavoro del 2008.